2019-04-09
«La moka è un capolavoro contemporaneo»
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Alberto Alessi, presidente dell'omonimo marchio italiano, nipote di Alfonso Bialetti, presenta la rivisitazione di David Chipperfield della storica caffettiera. «È più difficile produrre una teiera bella e pratica piuttosto che costruire un palazzo con le stesse caratteristiche».Torna Seletti con il suo design pride: appuntamento domani in piazza Affari per ballare sotto il dito medio di Cattelan.Doppia firma unisce la creatività al saper fare dei nostri artigiani. Al Fuorisalone, anche le proposte delle case di moda: spiccano Armani e Louis Vuitton. Fuorisalone: Rimowa e Kaleidoscope presentano «Gas», l'opera di Guillermo Santomá.Una visione alternativa del futuro: Chinneck con Iqos in scena in via Tortona.Lo speciale comprende cinque articoli, gallery fotografiche e video.Alberto Alessi il il caffè ce l'ha nel Dna. Suo nonno non è altri che Alfonso Bialetti, l'inventore, nel 1933, della prima moka. Non stupisce dunque che il nipote nel 1979 abbia deciso di dire la sua in questo settore creando con Richard Sapper la 9090. Ha avuto inizio così una piccola rivoluzione: la prima moka Alessi non solo vince il Compasso d'oro, ma si conquista anche un posto nella collezione del Moma di New York. Nessuno poteva immaginare che quel disegno così innovativo sarebbe stato l'inizio di una lunga, lunghissima collezione di moke di ogni forma e dimensione. Tra queste impossibile non menzionare La Conica, La Cupola e Ottagono di Aldo Rossi o la napoletana 90018 di Riccardo Dalisi. E che dire della Moka di Alessandro Mendini e della Ossidiana di Mario Trimarchi? Con quest'ultima siamo nel 2014 e Alessi torna nell'olimpo dell'architettura con il Compasso d'oro, conquistato per aver trasformato un oggetto che sembrava immutabile. La lista non si ferma: nel 2015 arriva la Pulcina di Michele De Lucchi e oggi Alessi presenta un nuovo modello firmato da David Chipperfield. L'evoluzione delle moke Alessi è esposto fino al 14 aprile al Mudec di Milano (ingresso gratuito). Per tutto il Salone del mobile, il bistrot del museo diventa una mokeria per celebrare il rituale quotidiano della preparazione del caffè. Un oggetto apparentemente semplice come la moka è stato in grado di scrivere la storia del design. Perché? «Che domanda difficile! Mi consolo pensando alle parole di Friedrich Nietzsche: “La sola cosa che oggi può aspirare al capolavoro è una cosa piccola"». Il caffè è simbolo dell'Italia in tutto il mondo. Così come Alessi. Come vede l'azienda oggi? «La vedo leggera, gentile, bella e forte, in grado di affrontare le sfide che i tempi ci pongono davanti». Alessi dal 1921 propone oggetti di design divenuti di uso comune. Qual è il suo segreto? «Rispondere al desiderio di arte e di poesia di ognuno». Torniamo alla moka. Per lei è un affare di famiglia. Suo nonno, Alfonso Bialetti, ne fu il creatore. E lei con la 9090 rivoluzionò il progetto. Ora arriva una nuova edizione firmata David Chipperfield. Cosa lega il progetto originale alla moka del 2019? «La moka di Chipperfield è un esempio di redesign, cioè di intervento su un archetipo nel tentativo di migliorarlo. Già la caffettiera del nonno aveva avuto delle evoluzioni fin dalla fine degli anni Trenta, documentate nel museo Alessi». Qual è il filo che lega i modelli proposti? «Il progetto culturale che sta alla base dell'industria Alessi: la consapevolezza che siamo un esempio del fenomeno delle fabbriche del design italiano. Cioè una via di mezzo tra un'industria vera e propria e un artigianato di alta qualità. Un laboratorio di ricerca nel campo delle arti applicate il cui scopo è esercitare una continua attività di mediazione tra la migliore creatività internazionale nel campo del product design e il mercato». Quale tra quelle citate considera «l'erede» della moka progettata dal nonno? «Per me è sempre l'ultima in ordine di tempo». Molti si chiedono cosa c'è di sofisticato in una moka oppure in una apparentemente semplice teiera. «Non lo so. Però mi incuriosisce pensare che sia più difficile creare una teiera che piaccia e che sia usabile, piuttosto che una bella architettura alle stesse condizioni». In un'intervista, Alessandro Mendini, direttore artistico scomparso di recente, definiva la vostra amicizia «sia psicologica che teorica». Quanto le manca questo rapporto? «Sandro? È sempre là, nel suo piccolo ufficio troppo riscaldato nel mezzanino di via Sannio. Se avrò bisogno di un parere importante so che sarà presente e mi aiuterà». La 9090 di Sapper fu una rivoluzione. Sapper, pur essendo tedesco, ha il cuore milanese. Quanto è importante l'essere italiani nel design? «Dà la consapevolezza di agire - anche come azienda industriale - in un contesto di cultura materiale. Nel Paese della bellezza. Dentro il Dna delle botteghe d'arte rinascimentali dove ogni esperimento era concesso, anzi cercato». A Milano si parla tanto di musei del design, dalla Triennale a quello della fondazione Compasso d'oro. Alessi ha una sua casa a un'ora e mezza dalla città in cui racconta la sua storia. Quanto è importante far conoscere le nostre radici? «Credo sia fondamentale, come ci ha spiegato lo scrittore turco Orhan Pamuk e come dichiara l'etimo stesso dell'aggettivo. Credo nell'utilità dei “piccoli musei e delle cose modeste" e da molti anni me ne sto costruendo uno mio».Marianna Baroli
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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