2025-07-22
Sala rimane, ma non risponde alle accuse
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Ansa)
In Consiglio, il borgomastro rivendica: «Ho le mani pulite». Però non chiarisce il suo ruolo nei fatti contestati dai pm. Poi attacca un esponente di Fdi, «colpevole» di aver pubblicato una sua caricatura come galeotto. E minaccia: «Oggi tocca a me, domani a voi».Un fiume di parole, quasi mezz’ora di discorso per difendere sé stesso, attaccare l’opposizione e parlare del futuro di Milano, dimostrando di fatto che nei prossimi mesi dovrà dipendere in tutto e per tutto dal Partito democratico: un sindaco debole e ormai dimezzato. Ma alla fine della lunga autodifesa pronunciata oggi in Consiglio comunale da Giuseppe Sala, sindaco sotto indagine per due ipotesi di reato, restano soprattutto i vuoti: nessuna risposta alle domande centrali sollevate dalla Procura, nessuna vera spiegazione sui nodi dell’inchiesta urbanistica, e un passaggio dai toni quasi minacciosi in cui il primo cittadino se la prende con una vignetta satirica pubblicata dal consigliere Enrico Marcora.Fuori da Palazzo Marino, intanto, la protesta montava: una trentina di manifestanti con striscioni e cori per chiedere le dimissioni della giunta. «Giunta Sala devi andartene», urlano sotto le finestre del Comune, mentre in aula si consuma una seduta che passerà alla storia più per le omissioni che per le risposte.Sala ha esordito evocando «Mani Pulite», rivendicando la correttezza del proprio operato in questi nove anni da sindaco: «Le mie mani sono pulite», ha dichiarato solennemente. Ma dopo l’annuncio, nessuna vera ricostruzione dei fatti contestati. Anzi, ha subito messo le mani avanti: «Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia, ho appreso tutto dai giornali». Non risparmia altre minacce all’opposizione: «Oggi è capitato a me ma domani potrebbe succedere a voi».Le due ipotesi di reato – false dichiarazioni e induzione indebita – sono rimaste sullo sfondo. L’unico accenno concreto riguarda la vicenda del «Pirellino» (via Pirelli 39), venduto nel 2019 a 193 milioni dopo un bando pubblico. Sala ha ripercorso la cronologia dell’operazione, sottolineando come il Comune avrebbe cercato di imporre vincoli a favore dell’edilizia sociale, poi annullati dal Consiglio di Stato per violazione del legittimo affidamento dell’acquirente. Ma è qui che le contraddizioni emergono: il sindaco presenta come prova del proprio impegno per l’interesse pubblico una sentenza che condanna proprio l’amministrazione da lui guidata.In aula, intanto, il clima è surreale. Il Partito democratico e la maggioranza applaudono il sindaco più volte. Hanno occupato i primi banchi tra il pubblico.Standing ovation? Quasi. Una claque ben orchestrata, che contrasta con il malumore crescente fuori dall’edificio, dove si è formata una coda di cittadini – tra cui esponenti del Comitato Famiglie Sospese – rimasti fuori dalla seduta per mancanza di posti. Alcuni seguono la diretta da una sala secondaria. Sono le stesse famiglie che, a causa del blocco legato alle inchieste urbanistiche, si ritrovano oggi senza una casa nonostante l’abbiano acquistata.Il momento più surreale della giornata arriva però quando Sala decide di prendersela non con le accuse, ma con una vignetta. Marcora, colpevole di aver condiviso un’immagine ironica con il sindaco «in versione galeotto», diventa improvvisamente il bersaglio principale del primo cittadino. «Ho segnalato il suo gesto ai vertici del suo partito, al presidente del Consiglio e al presidente del Senato», dice Sala con tono grave, ricordando Ignazio La Russa che con Sala condivide la passione per l’Inter. Una risposta sproporzionata, quasi una minaccia che sposta ancora una volta l’attenzione dal merito delle accuse alle dinamiche politiche dell’aula.Sala ha parlato a lungo, ma non ha mai spiegato cosa sia successo realmente nei passaggi più critici delle inchieste urbanistiche. Non ha chiarito quale sia stato il suo ruolo operativo, né ha fornito spiegazioni sui rapporti con le società coinvolte. Ha invece rivendicato la trasformazione urbanistica di Milano come un modello europeo, citando l’architetto Carlo Ratti e Legambiente Lombardia. Ma in una giornata in cui l’intera città si aspettava un chiarimento sulle ombre che lo avvolgono, queste citazioni suonano come uno schermo, una narrazione costruita per coprire il vuoto politico e istituzionale.Dalla parte tecnica a quella emotiva, fino al ricordo del padre: Sala ha messo in scena un monologo per rafforzare la propria immagine. Ma ciò che è mancato, ancora una volta, è l’essenziale: una risposta chiara alle domande che i magistrati (e i cittadini) si pongono. A Sala non resta che presenziare alle Olimpiadi invernali nel 2026, poi potrebbe lasciare Milano e forse anche la politica nazionale.L'inchiesta ha segnato un punto di non ritorno. Potrebbe essere, di fatto, la fine della sua parabola politica.Milano non è solo una città «globale» da verticalizzare. È anche una città in attesa di trasparenza, verità, assunzione di responsabilità. E oggi, su tutto questo, il sindaco ha preferito sorvolare. Tra gli applausi dei suoi, gli striscioni fuori dal Comune e un silenzio assordante sul cuore dell’indagine. Ad aggiungere ulteriore peso alla giornata, l’annuncio previsto delle dimissioni dell’assessore alla rigenerazione urbana, Giancarlo Tancredi, anch’egli coinvolto nell’inchiesta. Si è messo anche a piangere. I cittadini delle famiglie sono in lacrime da più di un anno.