2024-04-16
Sala non falcia i prati: «Giova alla natura»
Il comico Giovanni Storti ha postato su Instagram un video in cui ridicolizza il modo di potare gli alberi da parte del Comune (Getty Images)
Palazzo Marino sospende il taglio dell’erba su 1,3 milioni di metri quadri di verde pubblico urbano «per favorire la biodiversità». Creare una giungla in città è una scusa per nascondere le rogne di bilancio e una grande notizia per zanzare, ratti e zecche.Non tagliare l’erba nei giardini cittadini favorirebbe «la biodiversità», parolina magica e autoassolutoria della speculazione edilizia politicamente corretta. Il problema, fuori dalla propaganda da sindaci green, è che anche avere più topi, zecche, zanzare, piccioni e cacche di cane, come avverrebbe con l’effetto savana, sarebbe un indubbio risultato di maggiore «biodiversità». Dopo gli esperimenti di alcune città emiliane, per non parlare di Roma dove la savana c’è a prescindere dalle mode, ecco che anche la Milano di Beppe Sala si lancia nel programma di forestazione urbana, con 54 aree verdi dove sarà praticato lo sfalcio ridotto. Come il budget di chi solitamente ricorre a queste furbate. Come raccontava domenica l’edizione milanese di Repubblica, la nuova crociata del sindaco del Pd è contro i pratini all’inglese (nel caso ce ne fossero troppi). Gli uffici comunali hanno già individuato 54 aree verdi, per un totale di 1,3 milioni di metri quadri, dove l’erba sarà lasciata crescere liberamente. A cominciare dai 5.000 metri quadri dei Giardini Montanelli e da una buona parte del Parco Lambro. E poi lungo alcune strade, come in via Rogoredo, al parco Forlanini, in via Lampedusa, in via dei Missaglia, in via del Cardellino, al Parco della Cava di Muggiano, al parco Montestella e in via Zubiani. Il Comune, sul proprio sito, spiega ai milanesi che lo sfalcio ridotto non è pigrizia o assenza di giardinieri, ma «una pratica di gestione del prato che prevede una riduzione della frequenza di taglio dell’erba. In questo modo, infatti, le piante che compongono il prato riescono a completare il loro ciclo vegetativo fino alla fioritura e alla produzione di seme». Ma non è stupendo? Ciò che fino a ieri poteva sembrare incuria, sporcizia, disarmonia e simbolo di cattiva amministrazione, improvvisamente diventa amore per la natura che si rigenera per i fatti suoi e cresce libera e felice, nonostante sia stata soffocata da rampe, parcheggi, finte ciclabili, svincoli. E come per ogni bugia della moderna comunicazione politica è pronta anche la locuzione corretta da usare per l’operazione «Erbaccia sovrana»: «Oasi verdi». Certo, chiamare un’aiuola o un pezzo di giardino urbano dove non tagli più l’erba oasi verde è come chiamare un terreno alluvionato oasi blu. Del resto sono giù molti anni che i Comuni chiamano oasi ecologiche luoghi dove raccolgono la spazzatura e nella cultura naif degli orti urbani c’è anche la convinzione che si possano coltivare pomodori e zucchine tra una tangenziale e uno sfasciacarrozze. In ogni caso, con il massimo rispetto per le inflorescenze urbane di ogni ordine e grado, e in attesa di poter mettere le arnie al Parco Sempione e farsi il miele (miele urbano e miele sociale), sempre il sito del Comune informa: «La pratica dello sfalcio ridotto dell’erba si sta diffondendo in molte città italiane e del mondo per i molteplici benefici che apporta all’ecosistema urbano». E poi ecco la vera perla, un concentrato di Sala-pensiero: «Con la perdita di habitat naturali a causa dell’espansione urbana, questo approccio consente di incrementare il valore ecosistemico degli spazi verdi cittadini ancora a disposizione». In effetti con un sindaco dal cuore di cemento come Sala c’è da dire che tocca tenersi ben stretti gli spazi verdi «ancora a disposizione». È invece un po’ inquietante che la macchina informativa del Comune usi una formula come «incremento del valore ecosistemico». Il valore dell’ecosistema piace a tutti, ma quando uno come Sala parla di incrementi di valore c’è sempre da tremare. Anche se l’ex manager Pirelli fattosi compagno non specula, «riqualifica». Prima che lo facciano da Palazzo Marino, lo ricordiamo noi: lo sfalcio pigro ha apparentemente un padre nobile. Si tratta del filosofo, biologo, entomologo e soprattutto paesaggista Gilles Clément, autore, tra l’altro, di un geniale saggio intitolato Manifesto del terzo paesaggio. Con questa espressione, Clément indicava i «luoghi abbandonati dall’uomo», grandi come certe aree disabitate del pianeta, ma anche piccoli, come singoli parchi, ex fabbriche, pezzi di città e perfino aiuole spartitraffico. Ne ha tessuto l’elogio proprio partendo dalla biodiversità, ma il paesaggista francese ha sempre denunciato l’eccessiva urbanizzazione e osserva che «una pressione forte da parte del territorio antropizzato circostante induce una perdita di diversità del Terzo paesaggio». Insomma, non è smettendo di tagliare l’erba nelle aree verdi esistenti che si dimostra amore per la natura, ma limitando il consumo di territorio e le mire dei «valorizzatori» immobiliari. Anche senza essere filosofi o paesaggisti, il green bluff di Sala lo si coglie a occhio nudo. E basta un milanese di buon senso come Giovanni Storti. Il comico ha postato su Instagram un video in cui ridicolizza il modo di potare gli alberi da parte del Comune, accusato di tagliare «in modo scellerato», non lasciando neppure una foglia. «Tra due anni questi alberi saranno tutti morti», prevede Giovanni. Ma chi se ne importa. Tra due anni Sala si vede alla guida del centrosinistra come un novello Romano Prodi. E intanto s’inventa, dopo il Bosco verticale, i Giardinetti verticali. Che costano pure meno di quelli orizzontali.
Ecco #DimmiLaVerità del 30 ottobre 2025. Ospite la senatrice calabrese della Lega Clotilde Minasi. L'argomento del giorno è: "La bocciatura del ponte sullo Stretto da parte della Corte dei Conti"