
Più dell'inquinamento, sarà colpito chi non potrà dotarsi di auto di ultima generazione.«Avrà deciso di aprire una concessionaria». È la battuta più felpata del milanese medio nei confronti del sindaco Giuseppe Sala, che ieri ha annunciato una nuova rivoluzione del traffico destinata a tradursi nell'ennesima mazzata in testa a decine di migliaia di cittadini e lavoratori: dal 21 gennaio 2019 tutti i veicoli diesel fino a Euro 3 non potranno più circolare nel perimetro della metropoli tascabile ormai proiettata (a parole) verso i fasti green della Scandinavia. E per non fare la figura dell'insensibile, il primo cittadino del Pd ha anche definito lo step successivo: entro l'ottobre dello stesso anno pure i diesel Euro 4 saranno fuorilegge. E verranno sanzionati da 100 telecamere.Il sindaco ha il poster del suo collega londinese Sadiq Khan appeso in camera e non perde occasione d'ammantarsi di progressismo d'élite, per accreditarsi come campione nazionale dell'annuncio ecologista. Anche la battaglia contro le automobili rientra in quel filone e lui intende combatterla fino in fondo. Ieri gongolava quando pronunciava la formula magica «Low emission zone» (zona a basse emissioni) davanti a Virginia Raggi, che aveva osato prevedere per Roma uno stop alle auto entro il 2024. La notizia lo aveva prostrato, l'idea di arrivare secondo gli aveva mandato di traverso una decina di apericena. Così il contropiede è stato folgorante: Milano è meglio, Milano deve eliminare qualunque cosa abbia un motore, Milano deve indurre gli abitanti di Viareggio a vendere le case per trasferirsi in questa pineta naturale in mezzo alla Pianura padana. Il danno rischia di essere notevole, perché oggi cambiare l'auto o il furgone o il camion o il van (Euro 4 non è Euro 0) solo perché il sindaco lo pretende è un sacrificio per moltissime persone appartenenti alle fasce sociali meno ricche e una volta naturalmente inclini a votare a sinistra. Eppure Sala, fiero rappresentante di quel «Pd Ztl» che alle ultime elezioni ha avuto successo soltanto in centro storico (dove già è in vigore l'Area C), tira dritto e precisa: «Chi non è in regola dovrà fermarsi ai confini della città, per cui da quella data non si potrà più entrare a Milano con i vecchi diesel, tranne il sabato e la domenica. Un passaggio delicato, ma che si deve fare». Liberi tutti nel weekend, quando lui e i suoi elettori sono in barca a Santa Margherita o a sciare a St Moritz. La decisione è discutibile anche sotto il profilo più nobile, quello della lotta all'inquinamento. L'Area C ha tagliato del 40% le emissioni ed è ormai scientificamente provato che il primo inquinante a Milano è il riscaldamento delle case private. È sotto gli occhi di tutti la causa principale di caos viabilistico, con motori accesi, code interminabili e autobus di linea (per esempio il mitico 94) costretti a districarsi nelle vie strette del centro: i terrificanti cantieri della Metro 4, che stanno sventrando la Cerchia dei Navigli da San Babila a Sant'Ambrogio - zone già ampiamente servite da fermate di altre linee metropolitane -, partiti con le fanfare pochi mesi dopo l'elezione del Sala medesimo e destinati a durare fino al 2023. Tutto questo non scompone il sindaco Sala e non incrina il suo movimentismo radical chic da scia chimica vivente. La sua inclinazione a farsi trovare in prima fila ai Gay pride e ai cortei dei migranti (la passione per i musulmani gli è valsa il soprannome di Salah dai milanesi) è pareggiata da un'inquietante assenza nel gestire i problemi più ordinari di una città in movimento disordinato verso il futuro, con quartieri sfavillanti e periferie da paura. Un nemico alla volta, direbbe lui; adesso ci sono gli automobilisti, gli artigiani che entrano tutte le mattine all'alba con i loro materiali, i padroncini che trasportano merci. Inquinano e non sono esteticamente in sintonia con il tessuto urbano, multe di 80 euro per chi si azzarda. Vuoi mettere con l'eleganza sotterranea della talpa meccanica della Metro 4? Che tra l'altro, in onore della mamma dell'illuminato borgomastro, si chiama Stefania.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





