2021-09-22
Da «maestro» a «nazista», basta un dubbio
Sabino Cassese (Getty Images)
Massimo Gramellini sul «Corriere» paragona Carlo Freccero a «un signore con i baffetti» per aver osato criticare il green pass. Contri, Barbero, Cacciari, Agamben vengono sbeffeggiati in pubblico. I talebani del vaccino non ammettono domande né critiche. Il veneratissimo Sabino Cassese ha appena pubblicato un libro molto interessante in cui riflette sul ruolo degli intellettuali. Scrive cose sagge, l'insigne giurista. Ad esempio che gli uomini e le donne di pensiero contribuiscono allo sviluppo della cultura civica di una nazione. «Gli intellettuali, come studiosi, sono spettatori, ma non debbono essere silenti», spiega. «Debbono prestare attenzione ai problemi morali e agli eventi sociali e istituzionali, non essere prigionieri delle proprie discipline, ma essere capaci di uscire dalle pratiche tradizionali per iniziarne di nuove». Cassese aggiunge che «fa parte della tradizione italiana» il fatto che illustri professori universitari si presentino come «public intellectuals o public moralists». Gli accademici, sembra suggerire il nostro, devono sporcarsi le mani, non temere di scendere nell'arena, anche perché «occorre reagire all'esaurimento dell'attitudine al dialogo».Le tesi di Cassese sono estremamente condivisibili, per questo sarebbe molto utile che il professore ed ex ministro facesse sentire la propria voce da uno dei tanti pulpiti che ha a disposizione per opporsi al trattamento che viene oggi riservato agli intellettuali di cui con tanta lucidità prende le difese nel suo scritto.Fortunatamente, all'Italia non mancano «intellettuali pubblici», ci sono pensatori notevoli che non hanno scelto di «essere silenti». Eppure, quando si esprimono, la reazione che suscitano è decisamente ruvida (per usare un eufemismo). La luce della ragione è una guida incerta nella notte dello spirito, scriveva Eric Voegelin, ma di questi tempi il buio appare più fitto che mai, e chi tenta di fendere le tenebre solitamente finisce per essere sottoposto a un robusto manganellamento mediatico, che non trascura il dileggio e lo spernacchiamento. Persino ai «venerati maestri» basta una parola di troppo per essere trattati come «soliti stronzi».Si usa dire che a svalutare gli intellettuali siano i populisti, i sovranisti, i qualunquisti. Lo stesso Cassese appunta nel suo libro che «molti oggi coltivano l'ignoranza, rifiutano la scienza e la razionalità, mostrano una vera e propria ostilità per la conoscenza, hanno un arrogante atteggiamento anti-intellettualistico». Tocca notare, però, come le reazioni più astiose e violente nei confronti degli «intellettuali pubblici», gli assalti più feroci e le svalutazioni più pesanti non arrivino dal popolo bue aizzato dai perfidi fascistoidi. No, a bastonare con veemenza i pensatori che si espongono sono per lo più altri intellettuali, o comunque esponenti dell'élite che si ritengono «uomini di cultura».Massimo Gramellini, ieri sulla prima pagina del Corriere della Sera, ha trattato Carlo Freccero sostanzialmente come un imbecille. Prima ha rifiutato di prenderlo sul serio, limitandosi a sbertucciarlo. Poi, però, non si è fatto mancare il paragone con il nazismo che ultimamente si appioppa a chiunque non si attenga alle istruzioni giunte dalla Cattedrale sanitaria. Freccero si è reso colpevole di aver firmato un appello contro il green pass. Chiamato a giustificarsi sulla Stampa, ha malauguratamente citato il «grande reset», che sarebbe poi una strategia proposta dal World Economic Forum per ricostruire l'economia dopo il Covid. Ebbene, tanto è bastato perché Gramellini lo accusasse di riciclare idee già espresse da «un signore con i baffetti in una birreria di Monaco». Fino a poco tempo fa, Carlo Freccero era considerato un cervello di valore. Un po' fumantino, magari, ma dotato di grande talento e capace di formidabili intuizioni. In un lampo, eccolo diventato un cretino nazista.Non va meglio ad altri studiosi che sono stati tirati in ballo da Massimiliano Panarari sulla Stampa (anche se l'articolo è firmato Panerari: una svista). Panarari è a sua volta un professore e un brillante intellettuale, ma non si fa scrupoli ad accendere il fuoco sotto un calderone che ribattezza «Qanon all'amatriciana», in cui infila più o meno chiunque osi deviare dalla vulgata sanitariamente corretta. Personalità come Alberto Contri, stimati accademici quali Francesco Benozzo e Luca Marini, il solito Alessandro Barbero. Criticano il green pass, dunque meritano di essere sviliti, trattati da ridicoli complottisti.Accadono cose strane, di questi tempi. Vediamo Stefano Feltri, direttore di Domani, ridere in faccia a Massimo Cacciari durante una puntata di Otto e mezzo. Vediamo commentatori di infimo livello che si permettono di trattare un monumento come Giorgio Agamben come se fosse un vecchio rincitrullito. Intanto Agamben ha appena pubblicato una nuova edizione del pamphlet A che punto siamo? L'epidemia come politica (Quodlibet), e nessuno è stato in grado di combatterlo sul suo campo, magari scrivendo qualcosa di altrettanto acuto. Anche Luca Ricolfi è finito nel mirino. Gli è bastato avanzare qualche dubbio sull'ossessione vaccinista ed ecco che hanno cominciato a piovere articoli cattivelli. Non che gli autori si dedichino a confutare pazientemente le tesi di Ricolfi, non è così che si agisce adesso: si passa direttamente all'offesa, alla presa in giro. Chi fa domande è chiamato complottista, chi argomenta è liquidato quale «sofista», chi si oppone è dipinto come uno scemo.Secondo Cassese, l'intellettuale deve essere capace talvolta di uscire dalla propria disciplina. Ma ora, non appena ciò avviene, all'intellettuale viene gridato di tornare nel suo recinto: «Taci, idiota, mica sei un medico!». E, guarda un po', in prima fila a urlare «Crucifige!» ci sono le menti dell'élite, «i migliori», i sedicenti esperti. Sono stati i primi a piegarsi alla retorica dei talebani del vaccino e sono sempre i primi che, quando sentono la parola «cultura», mettono mano alla fondina (contenente una siringa).
Jose Mourinho (Getty Images)