2023-02-21
I russi: «Nuovo gasdotto, andiamo in Cina»
Aleksej Borisovič Miller (Getty Images)
Entro il 2030 sarà pronto il Power of Siberia 2: 50 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno fino alla Mongolia. Il Dragone, che già compra Lng da Usa e Qatar, sarà il principale mercato di sbocco anche per il petrolio di Mosca. Richiesto pure in India.Le sanzioni occidentali sull’export di energia dalla Russia stanno ridisegnando i flussi mondiali di gas e petrolio. Mosca, infatti, cerca di reagire alle mosse di G7 ed Unione europea cercando nuove vie commerciali e nuovi clienti. Sono di ieri le dichiarazioni dell’amministratore delegato di Gazprom, Alexei Miller, che ha parlato dei piani di sviluppo della compagnia del gas controllata dal Cremlino. Visto il blocco imposto verso occidente, l’Asia sarà il focus dello sviluppo per il gas russo. In particolare, l’obiettivo di Gazprom è di diventare il principale fornitore del continente asiatico. Una «diversificazione delle rotte per le linee di trasporto del gas» che dovrebbe portare a grandi progetti di espansione. Secondo Miller, l’Asia, che pesa per il 35% sulla domanda mondiale, è un mercato interessante e tuttora in crescita, con i volumi mondiali che nei prossimi 20 anni cresceranno ancora del 20% sino al 2040. La Cina, nei piani di Mosca, sarà il principale mercato di sbocco. Gazprom già fornisce gas al gigante asiatico dal 2019, attraverso il gasdotto Power of Siberia, che corre per 3.000 km dalla penisola di Yamal attraverso la Siberia sino alla provincia nordorientale cinese di Heilongjiang.Complessivamente, nel 2022 Gazprom ha esportato 100 miliardi di metri cubi di gas via tubo, in calo rispetto ai 185 miliardi del 2021. Di questi, alla Cina sono andati 16 miliardi di metri cubi, in crescita rispetto ai 10,3 miliardi di metri cubi del 2021. Per il 2023 si prevedono volumi verso la Cina in aumento a circa 23 miliardi di metri cubi, fino ad arrivare nei prossimi anni a 38 miliardi l’anno quando il Power of Siberia sarà a regime nel 2025, fino alla fine del contratto che dura trent’anni. Lo scorso anno, Russia e Cina hanno siglato un altro accordo per altri 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla remota isola di Sakhalin, con un gasdotto che attraverserà il mar del Giappone a partire dal 2026.La Cina sta nel frattempo negoziando con il Turkmenistan un altro gasdotto da 25 miliardi di metri cubi l’anno, mentre ha già contrattualizzato l’importazione di oltre 40 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto (Lng) all’anno, pari a oltre 55 miliardi di metri cubi di gas, da Usa e Qatar. Mosca e Pechino stanno negoziando un’intesa per lo sviluppo di un altro gasdotto, il Power of Siberia 2, che dalla penisola di Yamal attraverserebbe metà della Mongolia, arrivando nella regione cinese della Mongolia interna, nella Cina settentrionale, non lontano da Pechino. Secondo i progetti russi, il gasdotto dovrebbe essere pronto nel 2030 e dovrebbe avrebbe una capacità di 50 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno. «La Russia potrebbe trasformarsi nel principale fornitore di gas della Cina nel prossimo futuro», ha concluso Miller.I piani di Gazprom sono dunque a lungo termine e nel 2023 difficilmente riuscirà ad esportare più di 35-40 miliardi di metri cubi via gasdotti. Questo nel caso in cui la guerra in Ucraina prosegua e l’Europa non receda dal proposito di fare a meno del gas russo, che per inciso ancora arriva in Europa, sia pure in quantitativi residuali.Il prezzo del gas in Europa nel frattempo continua a scendere, riflettendo una condizione di mercato quasi normale, dove domanda e offerta interagiscono nella formazione del prezzo. Al momento, l’offerta è più alta della domanda, grazie all’inverno mite che ha consentito un utilizzo minimo degli stoccaggi, alla netta distruzione della domanda industriale (in Italia attorno al -10%) e anche per una maggiore offerta di Lng in Occidente. Quest’ultimo elemento è dovuto alla ripresa lenta della Cina, che al momento non ha aumentato la domanda di Lng. Le cose possono però cambiare rapidamente. Anche sul fronte del petrolio le cose sono in evoluzione. Il misto di sanzioni e di price cap su petrolio e prodotti raffinati russi sta infatti modificando le rotte del greggio. L’India sta importando greggio russo a mani basse, per lavorarlo nelle sue raffinerie ed esportare poi benzina e gasolio in Occidente.La Russia è diventata il maggior esportatore di greggio in Cina, scavalcando l’Arabia Saudita con il suo petrolio Espo. Proprio la Cina rimane l’arbitro del mercato, sia per quanto riguarda la domanda di greggio sia per quanto riguarda le esportazioni di prodotti distillati. Sarà la domanda cinese a determinare se i prezzi saliranno, considerato anche che la Russia ha annunciato un taglio alla produzione dal mese di marzo per una quantità di 500.000 barili al giorno.Ieri i prezzi del greggio si sono mossi al rialzo, proprio in considerazione delle aspettative di una ripresa robusta dell’economia cinese. Nel frattempo, la Russia ha però trovato nuovi canali anche per i prodotti distillati. Il gasolio distillato russo, che costa meno di quello comprato in Occidente, viene esportato in grandi quantità (fino a otto volte i quantitativi dello scorso anno) negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita, che lo utilizzano per il fabbisogno interno. Questo permette ai due paesi mediorientali di aumentare le esportazioni di gasolio distillato in loco, spingendo al massimo le raffinerie e incamerando i margini di raffinazione.