2020-04-01
Rompiamo il tabù della Bce tedesca. È l’ora di emettere bond in dollari
Per superare la crisi ci serve un prestatore di ultima istanza: se non lo fa Francoforte, rivolgiamoci alla Fed. Dagli Usa giungono segnali di apertura. E poi c'è il rischio che la Francia ci abbia già pensato e ci anticipi.Il momento è così delicato che richiederebbe un azzardo. Se l'Europa non vuole prendere il toro per le corna e chiamarlo con il suo vero nome, dovremmo farlo noi. Serve un prestatore di ultima istanza. Ottenuto quello l'Italia può tirare dritta e rimettere in moto l'economia. Il fronte del Nord (Germania, Austria e Olanda) non romperà il tabù. Ormai appare chiaro. Le altre proposte sono sbagliate o insufficienti. Lo schema del Mes si rivelerebbe un cappio insopportabile, mentre le erogazioni attraverso la Bei saranno utili come collaterale, ma non sufficienti. Per questo è arrivato il momento di guardare oltre Atlantico e bussare alla porta della Casa Bianca e della Fed. Il nostro Tesoro guardi fuori dagli schemi e pensi a una soluzione alternativa all'Europa. Non è la prima volta che emettiamo Btp in dollari. Siamo abilitati a farlo e la Sec, la Consob Usa, ci ha autorizzato da tempo. Se il governo avesse un colpo di buon senso emetterebbe una maxi obbligazione da almeno 50 miliardi in dollari. Con due premesse. La prima sarebbe l'ok di Donald Trump affinché la Casa Bianca faccia moral suasion nei confronti di un pool di banche americane e di investitori istituzionali a stelle e strisce perché sottoscrivano per intero il bond. Inutile dire, tutto destinato al mercato americano. A quel punto, seconda premessa, la Fed pur senza ammetterlo apertamente si renderebbe un garante di ultima istanza. A chi storcerebbe il naso di fronte a un mega bond in dollari, vale la pena ricordare che in tempi di guerra bisogna schierarsi. O ci si mette manie piedi nella morsa tedesca, oppure ci si affida all'economia cinese o, terza e migliore scelta, si torna nella sfera americana. Tra le tre nessuno dovrebbe avere dubbi. Nel primo caso avremmo un impoverimento del Paese che non consentirebbe alcuna ripresa. Se non iniettiamo subito liquidità nelle banche per le imprese non riusciremo mai a evitare un crollo del Pil a due cifre. Affidarci al mondo cinese significa uscire dalla Nato e accettare di diventare un satellite senza sovranità. Mettersi nelle mani degli americani invece ci darà la possibilità di fare un baratto: rimanere nell'Europa ma come grimaldello per cambiare gli equilibri una volta per tutte. Certo in cambio, la Casa Bianca chiederà di abbandonare una volta per tutte la Via della Seta e di entrare nella sfera tecnologica americana per quanto riguarda il 5G. L'idea di emettere bond in dollari non è solo una provocazione. Dall'altra parte dell'Oceano la Fed, in queste ore, sta lanciando segnali di apertura. La banca centrale guidata Jerome Powell, ha varato una nuova misura d'emergenza per consentire alle banche centrali estere un più «facile accesso alla liquidità in dollari». La Fed consentirà, infatti, alle banche centrali estere di scambiare «temporaneamente» i loro buoni del Tesoro Usa con dollari. Il nuovo sistema, che sarà gestito da New York, dovrebbe facilitare le transazioni sul mercato dei titoli di Stato Usa e fa parte del massiccio intervento della Fed per garantire l'accesso al credito a imprese e famiglie. Tradotto, in parole più semplici, la Fed si muove per contrastare il pericolo di carenza globale di dollari tramite linee di liquidità parallele. Linee che però escludono la People Bank of China. Per stimolare questa operazione Powell dovrebbe essere più propenso a mostrarsi prestatore di ultima istanza. Se al governo avessimo degli analisti geopolitici, capirebbero che è questo l'esatto momento per infilarsi. Certo, significherebbe rompere con la Cina e soprattutto superare in velocità la Francia. La scorsa settima Emmanuel Macron ha avuto una lunga telefonata con Trump. Al termine della quale ha fatto sapere che «che sta preparando con il presidente degli Stati Uniti e altri Paesi una nuova importante iniziativa» per far fronte alla pandemia di coronavirus. Da parte sua, la Casa Bianca ha affermato che i due leader hanno concordato «l'importanza di una stretta cooperazione attraverso il G7, il G20 e il P5 (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, ndr) per aiutare le organizzazioni multilaterali, tra cui l'Organizzazione mondiale della sanità, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, a porre rapidamente fine alla pandemia e a minimizzarne l'impatto economico». Uscendo dal solito perimetro del linguaggio diplomatico, la mossa che ha in mente Macron potrebbe essere veramente dirompente. Se all'interno di una cornice internazionale, riuscisse a forzare la mano per l'emissione di garanzie finanziarie mascherate da aiuti contro il coronavirus, l'Eliseo farebbe bingo. Si porrebbe come interlocutore privilegiato degli usa da questa parte dell'Atlantico e lascerebbe l'Italia e gli altri Paesi firmatari della lettera pro coronabond in euro soli e impantanati nella battaglia contro il Mes. Nelle ultime due settimane la Francia ha sempre mandato avanti l'Italia di Giuseppe Conte nella trattativa con il fronte del Nord. È chiaro che nel frattempo studia un piano B. Roma deve evitare di rimanere esposta su tutti i fianchi. E se proprio dobbiamo aggrapparci al biglietto verde, almeno facciamolo per primi avremo un margine di trattativa un po' più ampio.
«Ci sono forze che cercano di dividerci, di ridefinire la nostra storia e di distruggere le nostre tradizioni condivise. La chiamano la cultura woke». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un video messaggio al gala 50esimo anniversario della National Italian American Foundation a Washington. "È un tentativo di cancellare la storia fondamentale degli italoamericani e di negare il loro posto speciale in questa nazione. Non glielo permetteremo. Il Columbus Day è qui per restare», ha aggiunto il presidente del Consiglio ringraziando Donald Trump per aver ripristinato quest'anno la celebrazione.
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L'amministratore delegato e direttore generale di Gruppo FS Stefano Antonio Donnarumma premiato a Washington
L’amministratore delegato del Gruppo FS Italiane ha ricevuto il Premio Dea Roma della National Italian American Foundation per il contributo alla modernizzazione delle infrastrutture di trasporto e alla crescita sostenibile del Paese.
La NIAF (National Italian American Foundation) ha conferito a Stefano Antonio Donnarumma, amministratore delegato e direttore generale del Gruppo FS Italiane, il Premio NIAF Dea Roma come leader nell’eccellenza ingegneristica per la crescita nazionale e l’infrastruttura sostenibile.
La cerimonia si è svolta sabato 18 ottobre 2025 durante il Gala del 50° Anniversario della NIAF, all’Hotel Washington Hilton di Washington D.C. negli Stati Uniti d’America. Il riconoscimento è stato assegnato per evidenziare il ruolo cruciale svolto da Donnarumma nella trasformazione e modernizzazione delle infrastrutture di trasporto italiane, con un forte impegno verso la sostenibilità e l’innovazione.
«È un vero onore ricevere questo premio che ho il piacere di dedicare a tutti gli italiani che creano valore sia nel nostro Paese che all’estero e diffondono principi volti a generare competenze specifiche nell’ambito dell’ingegneria, della tecnologia e dell’innovazione. Nel Gruppo FS Italiane abbiamo avviato quest’anno un Piano Strategico da 100 miliardi di euro di investimenti che rappresenta un motore fondamentale per la crescita e lo sviluppo del Paese». ha dichiarato Stefano Antonio Donnarumma.
Sotto la guida di Donnarumma, il Gruppo FS sta promuovendo importanti progressi nello sviluppo di linee ferroviarie ad Alta Velocità e nelle soluzioni di mobilità sostenibile, contribuendo a collegare le comunità italiane e a supportare gli obiettivi ambientali nazionali. Il Piano Strategico 2025-2029 include diversi interventi per migliorare la qualità del servizio ferroviario, costruire nuove linee ad alta velocità e dotare la rete del sistema ERTMS per garantire maggiore unione fra le diversi reti ferroviarie europee. Più di 60 miliardi è il valore degli investimenti destinati all'infrastruttura ferroviaria, con l'obiettivo di diventare leader nella mobilità e migliorare l’esperienza di viaggio. Questo comprende l’attivazione di nuove linee ad alta velocità per collegare aree non ancora servite, con l'obiettivo di aumentare del 30% le persone raggiunte dal sistema Alta Velocità. Sul fronte della sostenibilità, inoltre, il Gruppo FS - primo consumatore di energia elettrica del Paese con circa il 2% della domanda nazionale – si pone l’obiettivo di decarbonizzare i consumi energetici attraverso la produzione da fonti rinnovabili e l’installazione di oltre 1 GW di capacità rinnovabile entro il 2029, pari al 19% di tutti i consumi del Gruppo FS, e di circa 2 GW entro il 2034. Fondamentale è anche il presidio internazionale, con una previsione di crescita del volume passeggeri pari al 40%.
Il Gruppo FS ha infatti inserito lo sviluppo internazionale tra le sue priorità, destinando una quota significativa degli investimenti al rafforzamento della propria presenza oltre confine. L’obiettivo è consolidare il posizionamento del Gruppo in Europa, ormai percepita come un’estensione naturale del mercato domestico, e promuovere una rete ferroviaria sempre più integrata e in linea con i principi della mobilità sostenibile.
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