2022-08-06
Romeo: «Il centrodestra ha le idee chiare: via green pass e vaccini obbligatori»
Massimiliano Romeo (Imagoeconomica)
Il senatore leghista partecipa al tavolo programmatico di coalizione: «Basta con l’oltranzismo, vogliamo adottare il modello britannico». Sul lavoro: «Interventi strutturali per lasciare più soldi in busta paga».Nel pieno del lavoro programmatico del centrodestra, La Verità ha intervistato uno dei partecipanti al tavolo della coalizione: il senatore Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega a Palazzo Madama, che fa due premesse: «Per rispetto degli altri partiti, non dirò l’esito del nostro lavoro comune, ma i temi che noi abbiamo portato al tavolo come Lega. E in più, al di là dei singoli punti, terrei a che fosse chiara una visione per i prossimi anni: la centralità dell’impresa, l’aspirazione a un grado maggiore di autosufficienza dell’Italia (alimentare e energetica), l’attenzione alla famiglia». Le chiedo di fare chiarezza su un punto che sta a cuore a molti lettori: se sarete al governo, rivedremo qualcosa di simile alla linea sanitaria di Roberto Speranza? «La risposta è: no. No all’oltranzismo e al massimalismo di Speranza». Sciogliamo due nodi. Il primo: c’è il rischio che con voi torni il green pass? «Noi spingiamo affinché sia garantita la libertà. E guardiamo al modello Uk, dove si è raggiunta una percentuale elevata di vaccinazione, senza obblighi, attraverso il buon senso».Nel Regno Unito non si sono usati pass vaccinali…«Appunto per questo ho evocato quel modello». Secondo nodo, collegato al primo: rispetto alle vaccinazioni, vecchie e nuove, vi attesterete sulla linea per cui tali vaccini saranno offerti ai cittadini o invece li imporrete, in forma diretta o surrettizia? «Il nostro motto è: “Convincere per non costringere”. Con una comunicazione efficace vogliamo fare informazione, senza costrizioni. Non solo: non basta investire in prevenzione, ma occorre puntare di più sulle cure. E va assolutamente rivisto il famigerato protocollo “Tachipirina e vigile attesa”, anche alla luce delle esperienze maturate sul campo da tanti medici. E poi è decisivo il tema della ventilazione meccanica nelle scuole». Economia. Se tutto va bene il governo sarà operativo verso fine ottobre, e quindi bisognerà subito porre mano alla legge di bilancio. C’è il rischio (o l’alibi) per cui la nuova manovra risulti imposta dalle circostanze ed ereditata da chi c’era prima anziché essere scritta dal nuovo esecutivo? «Voglio sgombrare il campo da questa ipotesi. Io ricordo la manovra di fine 2018, quando, a causa della nota vertenza con Bruxelles, dovemmo di fatto riscrivere la finanziaria a metà dicembre, e ci riuscimmo. Naturalmente la prima manovra non sarà semplice visto l’autunno che abbiamo davanti, ma va tolto di mezzo l’argomento della tempistica, che è usato da alcuni per spaventare gli elettori».Esplicito meglio il punto. Non è che alcune misure fiscali importanti verranno differite, cioè rinviate all’anno successivo? «Per dissipare le “nuvole” di cui ha parlato anche Draghi, bisogna intervenire tempestivamente. Sento dire che dovremmo inserire solo “misure sostenibili”. E allora ne propongo subito tre. Primo: detassazione e decontribuzione di aumenti salariali, premi di produttività o buoni energia, sulla falsariga di quanto già molti imprenditori stanno facendo. Ma quello sforzo va fiscalmente premiato. Secondo: aumento della soglia della flat tax da 65.000 a 100.000 euro di fatturato, oltre che introduzione della flat tax sul reddito incrementale. Terzo: abbattimento dell’Iva sui beni di prima necessità». C’è una disponibilità della coalizione a tagliare le somme spropositate (80 miliardi fino al 2029) stanziate per il reddito di cittadinanza e a usarle massicciamente per tagli di tasse? «Al tavolo c’è accordo sulla necessità di rivedere il reddito di cittadinanza e anche sulla possibilità di usare una parte di quelle risorse in altro modo: interventi sul cuneo fiscale, sulla formazione e per l’incentivo al lavoro. E ovviamente il sussidio va tolto a chi non ne ha diritto».Ricapitoliamo: sul piano fiscale, cosa proponete rispettivamente per dipendenti e per autonomi e partite Iva? «Sui dipendenti, misure che incoraggino aumenti salariali e premi, oltre che un intervento sul cuneo. Per autonomi e partite Iva, la flat tax nei termini che abbiamo detto». Crisi energetica e impennata del costo della vita. La via maestra sarebbe lasciare più soldi in tasca a tutti, tagliando le tasse. Farete questo o invece proseguirete nella logica del governo Draghi, con sussidi per tamponare e mitigare? «Alla politica dei bonus preferiamo gli interventi strutturali, quelli che sono capaci di lasciare più soldi in busta paga».Come va con Fdi? E come va interpretata l’intenzione di Giorgia Meloni di rinviare al post voto la scelta dei ministri? È un modo per non ledere le prerogative del Quirinale o per verificare il «peso» di ciascuno alle elezioni? «È normale che il peso di ciascuno nelle urne avrà la sua importanza. Per il resto, il dettato costituzionale va rispettato sempre, anche rispetto al tema dell’indicazione del premier. Dopodiché, la proposta preventiva di qualche ministro potrebbe essere un elemento di incoraggiamento per gli elettori: confermare l’idea che la coalizione ha un progetto chiaro, la visione di cui parlavo». Come Lega, non vi converrebbe accentuare il profilo nordista-autonomista-pro impresa-anti tasse? Invece vi si sente spesso parlare con accenti molto «sociali». Anche nella vostra ultima conferenza programmatica era tutto un via vai di sindacalisti…«Distinguiamo: sono rimasto piacevolmente colpito, fin dalla prima riunione del tavolo, dalla sintesi che ci ha visto tutti concordi tra presidenzialismo e autonomia (intesa come attuazione del percorso già avviato), naturalmente con doverosa attenzione alle esigenze di perequazione». E in economia? Non state adottando una linea troppo sindacal-sociale? «No. Abbiamo avuto una capacità di ascoltare e di relazionarci con associazioni e categorie, in primo luogo imprenditoriali. Anzi, una delle prime cose da fare, anche culturalmente, è rimettere al centro la figura dell’imprenditore, che troppo spesso - in alcuni settori - è stata sostituita dai fondi di investimento. Questi ultimi investono dove vogliono, e più o meno pagano le tasse dove vogliono. È l’imprenditore, invece, che assicura la tenuta sociale del paese e dei territori. E per questo serve un nuovo patto tra stato e imprese».