2019-09-22
Rivoluzione sessuale. Storia di un disastro venduto come libertà
Lucetta Scaraffia rilegge con piglio critico la battaglia sull'eros E, per la prima volta, mostra anche i grossi guai che ha causato.C'è un libro, li fuori, che tutti dovrebbero affrettarsi a leggere. Lo ha scritto una studiosa autorevole come Lucetta Scaraffia e s'intitola Storia della liberazione sessuale. Il corpo delle donne tra eros e pudore (Marsilio). È appunto, se non la primissima, una delle prime analisi del fenomeno chiamato «rivoluzione sessuale». Qualcosa di cui si parla spesso, ma che quasi sempre si preferisce non indagare a fondo. «Il motivo si può ben capire», scrive l'autrice. «Si tratta, in sostanza, di ricostruire la storia di una forma di pensiero che ha causato una trasformazione radicale nei comportamenti, ma che è stata fatta passare, in un certo senso, come naturale e inevitabile». Riassumere qui il contenuto del volume sarebbe impossibile e in fondo anche inutile, anche perché vale la pena assaporare il piacere di leggerlo. Ci sono però alcuni concetti chiave che la Scaraffia - dalla sua prospettiva femminista (così si definisce) e cattolica - ha il coraggio di prendere di petto, e su cui vale la pena soffermarsi. Va molto di moda, oggi, celebrare le virtù della «liberazione sessuale». Chiunque provi a dubitare delle conquiste dovute all'esplosione dei sensi viene trattato come un pericoloso bigotto o qualcuno che vuole «tornare al medioevo». Si trascurano, ovviamente, alcuni effetti negativi - anzi, davvero nefasti - che la cosiddetta «liberazione» ha portato. Ecco il primo. Si è riportato al centro il desiderio. Si è detto che, liberandolo, l'umanità sarebbe stata più felice, e in fondo anche più sana. Ma questa riabilitazione del desiderio, spiega la Scaraffia, ha assunto anche un altro significato. «Quello di molla al consumo, in quanto l'espansione economica si basa sulla trasformazione delle merci in oggetti del desiderio, sganciandole dalla loro funzione reale. Il collegamento fra desiderio sessuale e desiderio di consumo è continuamente suggerito dalle pubblicità, che per qualsiasi prodotto alludono a un piacere erotico». Come ha notato il filosofo Gilles Lipovetsky, quella occidentale è diventata una «società della seduzione», in cui «l'economia consumistica tempesta di offerte attraenti la nostra quotidianità, intercettando i desideri». In qualche modo, dunque, abbiamo sessualizzato il consumo, trasformando le merci in oggetti erotici. La conseguenza non prevista è che, per contrasto, abbiamo consumato la sessualità. I corpi sono diventati, appunto, beni di consumo, prodotti sempre esposti, come in vetrina. L'atto sessuale stesso, il più delle volte, è ridotto a una prestazione, non a dono gratuito basato sull'amore (o sul semplice piacere). Allo sdoganamento del desiderio senza limiti e alla sovraesposizione dei corpi ridotti a merci si è accompagnata la scomparsa del pudore. «Interpretato nell'antichità come un sentimento innato, legato alla natura spirituale dell'essere umano, nel corso dei secoli la sua percezione è cambiata», scrive la Scaraffia. «Nell'ultimo secolo gli effetti della rivoluzione sessuale hanno portato a considerarlo strumento della repressione, un elemento da eliminare dalla vita umana. Si tende così a dimenticare la funzione difensiva del pudore, che serve a proteggere l'intimità di ogni essere umano, il suo essere strumento per prevenire invasioni non desiderate». Cancellare il pudore significa togliere Eros dalla zona d'ombra in cui, invece, dovrebbe rimanere. L'eliminazione del segreto, l'esposizione costante del sesso ci ha resi una società pornografica. Il rapporto - anche fisico - tra Amore e Pische vive di ombre, e l'illuminazione eccessiva lo distrugge. La mancanza del pudore e la fissazione di mostrare costantemente corpi (spesso nudi) e atti sessuali distruggono l'eros, lo ha spiegato bene Byung-Chul Han in Eros in agonia. La pornografia altro non è che illuminazione eccessiva, esposizione coatta di ciò che, invece, dovrebbe rimanere nascosto. Senza il pudore, senza una parte di segreto, il sesso si svuota di significato, si riduce a spettacolo, a messa in scena sotto i riflettori. Questo è il porno: messa in scena del sesso di fronte a una telecamera. La Scaraffia si occupa, nel suo bel libro, anche di pornografia. E la interpreta come una delle forme residue di sopraffazione maschile. Ci permettiamo di avere dei dubbi seri su questo passaggio. In realtà, della «pornificazione» diffusa non sono i maschi a trarre beneficio. In questo caso, tra maschio e femmina non c'è differenza: entrambi vengono spinti alla prestazione. In fondo, la «liberazione» sessuale è stata una «liberalizzazione». Il rapporto tra i sessi è divenuto, in qualche modo, un rapporto commerciale, o di potere. Ciò che prima era nascosto diviene palese, ma il desiderio allo stato brado ha prodotto un gigantesco apparato burocratico collatorale che serve a controllarlo. Presunti diritti, persino contratti da firmare prima di un incontro sessuale. Lo stesso Me too, che la Scaraffia interpreta in modo tutto sommato positivo, altro non è stato che una lotta per il potere a colpi di carte bollate, l'ennesimo modo per tramutare il sesso in uno scontro feroce fra competitor nel libero mercato. Storia della liberazione sessuale affronta tutti questi temi, con piglio molto critico. E sebbene in disaccordo con alcune (solo alcune) conclusioni dell'autrice, non possiamo che ribadirlo: questo libro va letto. Perché, per la prima volta, si affronta il più grande tema del nostro tempo: il rapporto tra uomo e donna, cioè il legame alla base della vita. In un Paese sano, sul testo della Scaraffia si aprirebbe una discussione seria, ampia e approfondita. Vedremo.