2021-06-29
Rivolta dei detenuti nel carcere ma in galera ci vanno le guardie
Il carcere di S.Maria Capua Vetere (Ansa)
Retata tra gli agenti della polizia penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere: scattano 52 misure cautelari. Anche il renziano Migliore sulla stessa linea di Salvini: a distanza di 14 mesi gli arresti sono ingiustificabili.È stata una delle rivolte in carcere tra le più difficili da sedare durante il lockdown. La notizia di un caso di positività al Covid tra le mura del penitenziario e i malumori per la decisione di interrompere i colloqui generò la reazione di 150 detenuti che si barricarono nelle celle e avviarono una violenta protesta, espropriando allo Stato sei sezioni dell'istituto di pena. Le perquisizioni della polizia penitenziaria del 6 aprile 2020, ovvero dopo la rivolta, degenerarono in scontri con gli agenti. Ma ora quell'intervento nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, ha prodotto 52 misure cautelari nei confronti di appartenenti al corpo della polizia penitenziaria. E la questione si è arroventata così tanto che è subito diventata politica.Tutto è partito da una denuncia del Garante dei detenuti di Napoli e dell'associazione Antigone, che depositarono in Procura file audio e foto di un detenuto con i segni di presunte manganellate, ma anche la registrazione di una telefonata tra un detenuto e un componente della sua famiglia nel corso della quale il familiare cercava di raccogliere informazioni su un pestaggio. L'associazione Antigone, nei giorni successivi, si trasformò nella cassetta della posta di detenuti e familiari: lo storytelling sembrava raccontare una rappresaglia contro i detenuti della protesta. E i magistrati ora contestano il reato di tortura pluriaggravata, lesioni personali e falso in atto pubblico. Ma anche calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio. Perché agenti e ufficiali della penitenziaria avevano inoltrato un'informativa di reato nei confronti di 14 detenuti, accusandoli di resistenza e di lesioni. Ma per la Procura si trattava di accuse false. Quelle perquisizioni, in realtà, stando ai pm, sarebbero state una rappresaglia. «Qualche ammaccato tra i detenuti... cose normali», si dicevano nelle chat gli agenti indagati. Qualcuno aveva anche commentato in modo pesante: «Abbattiamoli come vitelli». E se prima dell'acquisizione dei filmati delle telecamere di sicurezza i messaggi (che non erano stati cancellati) erano compiaciuti per come era stato «ristabilito l'ordine», dopo l'attività della Procura, il tenore era cambiato: «Temo che da domani sarà una carneficina». E ancora: «Ci andranno pesante [...] è stata gestita male e sta finendo peggio... finirà come la cella zero». Qualcuno aveva anche previsto: «Pagheremo tutti». Una misura interdittiva è stata notificata al provveditore delle carceri della Campania Antonio Fullone. Arresti domiciliari per Gaetano Manganelli, ex comandante dell'istituto penitenziario casertano (poi trasferito al carcere di Secondigliano), e per Pasquale Colucci, comandante del nucleo traduzioni e piantonamenti. Otto le custodie cautelari in carcere, 18 i ristretti agli arresti domiciliari, tre gli obblighi di dimora e 23 le misure interdittive. Il gip l'ha definita «una orribile mattanza». Per i sindacati della polizia penitenziaria, però, si tratta di provvedimenti «abnormi». Il segretario generale Donato Capece ha affermato: «Dopo un anno di indagini mancano i presupposti per i provvedimenti, ossia l'inquinamento delle prove, la reiterazione del reato ed il pericolo di fuga». Sulla stessa linea l'Osapp. «Assoluta incredulità su quello che apparirebbe più un teorema accusatorio che un puntuale accertamento di fatti e responsabilità», è scritto in un documento firmato dal segretario generale Leo Beneduci. L'Spp, invece, si chiede: «Cosa sarebbe successo se il personale non avesse fronteggiato, mettendo in pericolo la propria incolumità, le rivolte dei detenuti?». Ma anche Gennaro Migliore, ex Pd ora con Italia viva di Matteo Renzi, è sorpreso: «Misure cautelari per oltre 50 persone, a distanza di 14 mesi dai fatti contestati, come possono essere giustificati?».«Chi sbaglia paga anche e soprattutto in divisa, ma fare retate neanche fossero boss della camorra di decine di donne e uomini delle forze dell'ordine non è quello di cui l'Italia ha bisogno in questo momento», ha commentato il leader leghista Matteo Salvini, che ha aggiunto: «Io non condanno né assolvo nessuno prima del giudizio, che però dopo le rivolte nelle carceri vi siano state decine di detenuti che hanno sfasciato, ferito, aggredito, ucciso, assolti, e gli unici a essere perseguiti e addirittura arrestati siano i poliziotti penitenziari, non ritengo sia un bel segnale per chi gestisce l'ordine pubblico in questo Paese». Ma Salvini ha introdotto anche un altro tema: «Da oggi purtroppo si rischia il caos in tutte le carceri italiane». E infine ha annunciato: «Giovedì sarò personalmente a Santa Maria Capua Vetere per portare la solidarietà a donne e uomini della polizia penitenziaria». Alla sinistra ovviamente questa posizione non è piaciuta. «È grave che un personaggio politico come Salvini, garantista un giorno sì e un giorno no, colga ogni volta l'occasione per utilizzare fatti drammatici per qualche voto in più», ha attaccato il deputato dem Walter Verini, considerato l'uomo della Giustizia del Pd che definì le scarcerazioni dei boss «qualche falla». Dalla Fp Cgil, il sindacato che durante le rivolte chiedeva di «alleggerire la pressione» favorendo qualche concessione in più ai detenuti, invece, ora se la prendono con il ministero della Giustizia e i vertici del Dap: «Prendano coscienza che il sistema penitenziario necessita di una profonda rivisitazione». Da Fratelli d'Italia, invece, Giorgia Meloni ha espresso «piena fiducia nella polizia penitenziaria, negli agenti e nei funzionari del Dap intervenuti».