2024-03-22
Più occupazione, meno produttività. Ma la risposta Ue è l’immigrazione
Nicolas Schmit vuole aumentare gli ingressi mentre in realtà al mercato servono competenze.Quello che l’Europa pensa vada bene per i Paesi membri del club di Bruxelles, purtroppo, spesso e volentieri non giova agli interessi dell’Italia, tant’è che la storia recente dell’Unione è piena di politiche - dall’esasperazione del Green deal all’immigrazione - che confermano questa tendenza. Da ieri all’elenco possiamo aggiungere un’altra fonte di preoccupazione, e non da poco: le strategie sul lavoro. Per capire cosa rischiamo basta leggere l’intervista pubblicata sulla Stampa all’attuale commissario Ue per il Lavoro e gli affari sociali, il lussemburghese Nicolas Schmit, e metterla in contrapposizione con un’indagine condotta dalla Cisl sull’occupazione che parte dai dati forniti dall’Istat per arrivare a un paio di conclusioni che fanno riflettere. Alcuni numeri sono noti. L’occupazione in Italia è ai livelli più alti di sempre con 23,7 milioni di occupati nel quarto trimestre e il tasso al 61,9% tra i 15 e i 64 anni. Non solo. Il report del sindacato guidato da Luigi Sbarra evidenza anche che sta crescendo quella che può essere definita l’occupazione «buona», l’impiego a tempo indeterminato, con quasi 500.000 posti fissi in più in un anno, e calando quella a termine. Prosegue inoltre la riduzione degli inattivi (le persone che non hanno e non cercano un lavoro), che sono diminuiti nell’ultimo anno di 496.000 unità (-3,9%) pur restando il tasso di inattività elevatissimo e molto sbilanciato tra uomini e donne a danno di queste ultime. C’è però un problema che avvertiamo e che al momento è ancora gestibile, ma in futuro può diventare ferale. L’emergenza competenze. Le aziende spesso trovano difficoltà a reperire il personale del quale hanno bisogno. Non succede da oggi. Ma oggi, complice le transizioni ecologica e digitale, il fenomeno si sta acuendo. Paradossalmente la carenza di personale per adesso spinge le aziende comunque a fare delle assunzioni: per colmare alcune lacune ci si affida a personale poi evidentemente da formare o reindirizzare. Ma questa tendenza è destinata entro breve a esaurirsi. Inoltre, se non affrontato per tempo, il cosiddetto skill shortage rischia di alimentare un bacino di lavoratori disoccupati o sottopagati a causa, appunto, delle competenze inadeguate.Cosa fare? Dallo studio della Cisl emergono diversi suggerimenti. «Accelerare per esempio sul potenziamento dei servizi per l’impiego e sulle riforme del sistema scolastico e dell’orientamento». Così come si spinge verso meccanismi di premialità «per le aziende che introducono con accordo sindacale misure di conciliazione equamente utilizzate da lavoratori e lavoratrici». Quindi investire sui servizi per consentire alle donne di lavorare, «non solo asili nido», si legge, «ma anche tempo pieno a scuola, centri estivi, accelerazione della legge sulla non autosufficienza». E non potevano mancare le misure «di sostegno alla produttività e alla crescita». Nulla di assolutamente nuovo, ma proposte comunque stimolanti che possono fare da pungolo ai governanti. Il problema è che, stando all’intervista di cui sopra, se passasse la linea di Nicolas Schmit, candidato socialista alla presidenza della Commissione, le priorità dell’Europa sarebbero ben altre. Per mister salario minimo (ha promosso lui la direttiva Ue del 2022), in primis ci sono i tirocini. Schmit ci ha voluto far sapere che c’è una proposta di direttiva contro l’apprendistato gratuito, che l’attuale Commissione lascia in eredità al prossimo Parlamento europeo. «Il problema è molto concreto», ha precisato, «abbiamo fatto insieme ad Eurostat un calcolo dei tirocinanti nell’Unione europea e sono circa 3,1 milioni, la metà dei quali non retribuiti». Ci mancherebbe, ma forse non è proprio questo il problema principale per i circa 200 milioni di occupati europei e per chi si appresta a entrare nel mondo del lavoro. Ci sono problemi di concorrenza, soprattutto cinese, di scarse produttività, di iper regolamentazione, di retribuzione media e di competenze, appunto. Va bene insistere sui tirocini e sulla dignità del lavoro, ma il succo sta altrove. Come si affrontano gli altri problemi? «Abbiamo una popolazione che invecchia e carenza di manodopera qualificata», ha messo in rilievo il politico lussemburghese, «quindi non diteci che l’Europa non ha bisogno di immigrazione».Insomma, stiamo freschi. Sperare di risolvere il problema dei salari con la direttiva sui tirocini e quello delle competenze con un surplus di immigrati vuol dire ficcarsi in un circolo vizioso. Più immigrati, buste paga più basse e lavoro meno qualificato. Del resto lo stesso report della Cisl sottolineava come uno dei problemi del Paese sia «l’eccesso di lavoro in orari disagiati e nel week end e stagionale». Quello al quale spesso sono costretti gli immigrati. Non ci resta che sperare che il nuovo presidente della Commissione non sia Nicolas Schmit. Rischiamo di passare dalla padella di Ursula von der Leyen alla brace.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)