2022-07-07
«Rinviate il concerto». Maneskin ostaggi di gufi e conformismo
Maneskin (Scott Dudelson/Getty Images for Coachella)
I medici: «Troppi contagi, no al live a Roma». La band silente si nasconde dietro l’assessore di Roberto Gualtieri: «Lo spettacolo si farà».Se c’è il ponentino, mi raccomando la canottiera. Dura la vita per i fan dei Maneskin, convinti di aver scelto un gruppo che li avrebbe portati - con i calzoni di pelle e i tatuaggi dei diavoli - a sballare ai confini dell’inferno. Invece rischiano di doversi presentare sabato sera al Circo Massimo con mascherina Ffp2, il metro a nastro per verificare il distanziamento e il divieto di starnuto come un ragionier Brambilla. Per molto meno un ribelle simil-punk della Garbatella potrebbe togliere dalla cameretta il poster di Damiano David e metterci quello più trasgressivo di Claudio Villa.Dura la vita anche per i Maneskin, sorpresi dal picco di Omicron 5 a Roma e quindi bersaglio della batteria dei virologi in servizio permanente, che per timore di un aumento dei contagi vorrebbero far rinviare il concertone. Il braccio di ferro è cominciato, i numeri sono impietosi: oltre 13.000 positivi martedì nel Lazio, 7.000 solo a Roma, sono i dati parziali più alti da fine gennaio. Il presidente dell’Ordine dei medici romani, Antonio Magi, accoglie così le 70.000 persone attese alla serata: «Non possiamo impedire ai ragazzi di andare al concerto dopo due anni di pandemia che li ha costretti a lockdown e sacrifici ma il nostro consiglio è di indossare la mascherina che può evitare il contagio in una situazione di assembramento. Spero che i giovani pensino ai rischi che possono far correre ai genitori e ai nonni».Nell’afa di luglio è ufficialmente ripartita la sindrome da contagio in ambienti aperti. La stagione dei concerti è in pieno svolgimento, il doppio Vasco Rossi ha fatto tuonare San Siro, Jovanotti canta in spiaggia, si aggirano per gli stagli dinosauri come Sting e i Litfiba ma gli esperti si sono concentrati sui teneri Maneskin e parlano di potenziale «mega cluster». Qualcuno chiede di rimandare l’evento. Mentre gli eroi galleggiano su un imbarazzato silenzio, l’assessore di Gualtieri ai Grandi Eventi assicura: «Non è all’esame alcuna ipotesi di rinvio». Il direttore generale del ministero della Salute, Gianni Rezza, mette le mani avanti: «Ci vogliono delle regole di buonsenso, quando ci sono aggregazioni è fortemente consigliata la mascherina». Il presidente della Simit (Società italiana malattie infettive tropicali) Claudio Mastroianni prevede che «sarà un moltiplicatore di contagiati». Le pressioni sono forti, la Vivo Concerto che organizza non ha voluto replicare alla polemica, i fan sui social urlano al complotto: «Perché solo noi causiamo contagi?». Nel frattempo Giorgia Soleri, fidanzata di Damiano, ha informato il mondo su Instagram di essere positiva al Covid.Sul gruppo rock più conformista dai tempi dei Duran Duran (che almeno facevano ancheggiare Naomi Campbell) si è abbattuta la tempesta perfetta. Se i Maneskin fossero veramente irregolari, oltre il mainstream, appostati con arco e frecce sulle colline dei Cheyennes, la risposta sarebbe una risata a quei medici che rappresentano il loro contrario culturale: giacca, cravatta, scrivania, tachipirina e protocolli a sfinimento. Se fossero heavy cerebrali come indica il loro linguaggio del corpo distribuirebbero mascherine con la lingua dei Rolling Stones per prendere in giro la prudenza sanitaria piccoloborghese. Se fossero un gruppo di rottura direbbero, citando il tatuaggio che Damiano ha disegnato su un gluteo: «Kiss this».Invece non possono. Negli ultimi due anni si sono accreditati come i musicanti del potere e si sono rifugiati nella comfort zone benpensante. Terzomondisti arcobaleno con frasi fatte genderfluid, testimonial del Ddl Zan, eurolirici da Eurovision, ultra greenpassisti, pacifisti con le armi della Nato, difensori d’ufficio di ogni causa minimamente progressista. In definitiva conformisti come un assessore dem del comune di Bologna. Cantano «Balleremo sulla benzina» ma nuotano nella Coca Cola e hanno come orizzonte il festival di Sanremo. L’unico momento di rottura è sembrato quando hanno gridato dal palco «Fuck Putin». Ma non erano a Mosca bensì al Coachella, la Woodstock californiana dei sociopatici siliconvallici. Li ha applauditi anche la Cia. Come fa una simile melassa musicale a definirsi ribelle e a rifiutare sabato la mascherina? Poveri Maneskin, adesso sono nei guai, assimilati ai nerds in monopattino e costretti a dimenarsi fra il medico condotto e il bacio negato alla zia. Non possono neppure prendere a prestito il «Troppo vecchi per il rock’n’roll, troppo giovani per morire». Mezzo secolo fa le note di metallo pesante erano lo stigma dei maledetti, la via era indicata dai Jethro Tull e chi non condivideva andasse ai concerti dei Bee Gees. I cattivi erano eversivi, apocalittici, affamati di libertà; il resto era costituito dalla morta gora dei borghesi piccoli piccoli. Secondo questa categoria, oggi i Maneskin sono più integrati di Al Bano. Nonostante i tatuaggi, la vita bassa, le cinghiate finte e i riff di chitarra che scimmiottano Alvin Lee, sono così prevedibili che potrebbero farsi scrivere i testi da Beppe Severgnini. Di conseguenza voi che state per calare sul Circo Massimo, preparate le mascherine, non cantate per non spargere il virus, non ballate per non toccarvi. Comportatevi come se foste in pizzeria o alla Scala davanti alle Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi. Sennò il ministro Roberto Speranza si allarma e Damiano piange. E infine attenti ai parenti. Se la nonna dei Maneskin fosse una quercia ribelle come Sora Lella risponderebbe in romanesco: «Annamo bene, ma propio bene».