True
2022-01-03
Viaggiare tra i rifugi significa ascoltare la natura e se stessi
True
Nonostante gli italiani amino la compagnia più di altri popoli, infatti, a dominare lo scenario di questi ultimi due anni è il bisogno di appartarsi dalle grandi folle delle varie Vie del Corso nazionali.
Se il gruppo è sempre stata la conformazione ideale per la maggior parte degli italiani, oggi pranzare con una decina di persone appare sempre più come un atto sovversivo. Pare che la solitudine, già avversata dalla gran parte degli individui, sia ora uno spettro con il quale fare i conti quotidianamente.
Durante i primi mesi del 2020, molte persone - non senza stupore - hanno tratto benefici psicologici dall’isolamento forzato. Perché se l’amicizia è un bene prezioso e si basa su scelte reciproche, lo stare insieme forzato ha sempre presentato il conto: colleghi, conoscenze dalla fatua consistenza e parenti non amati sono usciti dai cerchi predeterminati con cui singoli e famiglie hanno costruito la loro vita sociale.
Ecco dunque l’altra faccia della medaglia dell’essere compagnoni: la prossimità all’italiana è un’arma a doppio taglio, tanto una qualità quanto un difetto. L’obbligo sociale, particolarmente sentito all’interno dei nostri confini, ha così ceduto il passo a lezioni online, pranzi in solitaria e allenamenti lontani dagli occhi dei compagni di sport.
Premesso che nessun rapporto umano autentico può essere sostituito da avatar o follower, questo rifugio negli schermi del pc ha rappresentato una salvezza per coloro che si sentivano pressati da contatti non voluti.
Rispetto a due anni fa cosa è cambiato? Poco. La libertà è aumentata solo in apparenza, considerato che ogni giorno dobbiamo fare i conti con la paura di contagiare ed essere contagiati nonostante vaccini e tamponi. Genitori e nonni appaiono in tutta la loro fragilità, mentre figli e nipoti hanno preso le sembianze di untori dai volti innocenti. Il confine tra cautela e diffidenza è labile come non mai e la solitudine viene scelta, ancora una volta, come il male minore.
Siamo passati da relazioni sociali imposte dall’esterno a una solitudine altrettanto imposta. La domanda, a questo punto, è: come recuperare la libertà di scelta, anche nell’organizzare un viaggio? L’ideale sarebbe quello di fare riferimento al proprio carattere e non alle paure: se ci riteniamo animi solitari o comunque dediti solo a rapporti veri, allora questo viaggio tutto italiano fa per noi. Se invece, sempre per indole, aneliamo feste, folle allegre e rumore, è bene che cerchiamo altrove.
Il viaggio di cui parliamo qui ha a che fare con il silenzio, il raccoglimento, la diversità. Ma anche con l’ascolto profondo, la natura e l’arte.
Esistono luoghi, in Italia, ancora poco battuti. Trovarli è questione di desiderio: bisogna amare i portoni chiusi, le opere nascoste, le zone buie. Tutti elementi che, a ben guardare, possono essere scoperti anche in metropoli come Napoli o Palermo: basta spostarsi dalle vie principali per un po’ di refrigerio. L’azione che questi luoghi compiono su di noi è magica: si offrono in tutta la loro bellezza solo ai nostri occhi e a quelli di chi è in cerca di dettagli. Le persone rumoreggiano in lontananza e noi ci sentiamo orgogliosi di aver vissuto un’esperienza apparentemente lontana, ma nei fatti situata dietro un angolo.
Poco conta il motivo per rifugiarsi, da soli o in compagnia di pochi: che sia per ritrovare se stessi, per avere pace o per pensare, è un viaggio che vale sempre la pena compiere, anche se per pochi giorni. Un viaggio che non ha stagioni, ma che inizia nel momento in cui si inizia a pensarlo.
Santuari, valli, città e borghi: sta a noi scegliere dove preferiamo “nasconderci”, non solo per stare con noi stessi, ma anche - auspicabilmente - per ritrovare la voglia di stare con gli altri.
Grazzano Visconti

Grazzano Visconti (iStock)
Grazzano Visconti è la deliziosa frazione di Vigolzone, in provincia di Piacenza. È famosa per il suo castello, costruito nel 1395 su concessione di Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano, che lo donò alla sorella Beatrice, sposa del nobile Giovanni Anguissola.
Nel 1870 il castello tornò nelle mani dei Visconti di Modrone, in particolare in quelle dell’eccentrico Duca Giuseppe, che lavorò sia al rifacimento del castello che al borgo, inseguendo il sogno di un luogo in perfetto stile medievale, sia nelle architetture che nel modo di vivere. In questo paese i mestieri dell’artigianato si sarebbero dovuti opporre all’industrializzazione delle città, cosa che si realizzò.
In effetti, a Grazzano Visconti sono disseminate decine di negozi di antiquariato e botteghe dove si lavora soprattutto il ferro battuto. È davvero come tornare indietro nel tempo, ai tempi delle Corporazioni, e le manifestazioni in costume che si svolgono durante l’anno rafforzano questa caratteristica di posto isolato dal resto del mondo.
Oggi camminare per Grazzano Visconti è un’esperienza che immerge sì nella storia, ma anche e soprattutto nella mente del suo inventore. Un luogo per ritrovare la pace, ma anche un passato ormai lontano ma che sia di ispirazione per un futuro non troppo meccanizzato. La natura lo circonda, rendendolo il luogo dove poter evadere dal chiasso dei grandi centri. All’interno del parco si trovano labirinti, viali e statue dalle suggestioni antiche.
Sul sito di Grazzano Visconti è possibile prenotare una visita guidata al castello e al parco (per quest’ultimo, però, le visite sono sospese fino a marzo).
Dormire a Grazzano Visconti e dintorni
- La Locanda di Grazzano, 4 Via Carla Erba: eleganza e accoglienza;
- Hotel Fiore & Fiocchi, Via Roma 84, Podenzano (PC): è anche un buon ristorante.
Mangiare a Grazzano Visconti e dintorni
- Osteria Caminetto, Via Carla Erba, Grazzano Visconti: da provare Pisarei e fasó e lo gnocco fritto;
- Ristorante Trattoria La 45, SP35, 5, Niviano (PC): tortelli con sugo di funghi porcini e torta fritta;
- Ristorante Pizzeria Le Specialità, Via Europa, 27, Vigolzone (PC): ottimi piatti di pesce.
Camaldoli

Camaldoli (iStock)
A Poppi, in provincia di Arezzo, sorge un eremo fondato nel 1000 circa: Camaldoli. Sede della Congregazione benedettina dei camaldolesi, deve l’aura di pace che emana anche al luogo in cui è situato: il parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna.
L’Eremo di Camaldoli rappresenta perfettamente quanto detto all’inizio: a pochi passi, infatti, sorge il monastero, dove invece si fa vita di comunità. Due luoghi separati, ma vicini, a simboleggiare le due dimensioni dell’uomo.
All’interno dell’eremo vi è una foresteria, dove gli ospiti - religiosi o laici poco importa - possono fermarsi a dormire. Durante le Festività, l’accoglienza si fa ancora più calda per i momenti di condivisione tra monaci e ospiti, anche se è possibile soggiornare qui tutto l’anno, tranne nel periodo di chiusura (solitamente tra gennaio e febbraio).
Si sceglie Camaldoli per provare l’esperienza del ritiro, ma anche per partecipare a esercizi spirituali, corsi e convegni. Il prossimo evento, per esempio, si terrà tra il 2 e l’8 gennaio: “L’inedito” è una serie di esercizi spirituali ecumenici riferiti sia alla Chiesa primitiva che a quella di oggi.
Per informazioni, è possibile chiamare i numeri + 39 0575 556021/556044 o scrivere a foresteria@camaldoli.it
Infine, per proseguire con questa esperienza di pace, si può organizzare un’escursione su uno dei tanti sentieri del parco nazionale. Sul sito tutte le informazioni.
Se invece si preferisce fare una visita in giornata, ecco alcuni indirizzi per dormire e mangiare da queste parti.
Dormire a Camaldoli e dintorni
- Borgo I Tre Baroni - Spa Suites & Resort, Via di Camaldoli, 52, Poppi (AR);
- Hotel Ristorante La Torricella, Loc. Torricella, Poppi (AR)
Entrambi immersi nella natura.
Mangiare a Camaldoli e dintorni
- Pucini, Via Pucini, 4, Camaldoli: ideale dopo un’escursione nelle Foreste Casentinesi;
- Ristorante Il Cedro, Località Moggiona, 20, Poppi: da provare il coniglio in porchetta, l’acquacotta di Moggiona e le pappardelle al ragù di lepre;
- Ristorante Mater, Via di Camaldoli, 52, Moggiona: piatti ricercati, come il risotto ai funghi con clorofilla di prezzemolo e latte di mandorla fermentata.
Urbino

Urbino (iStock)
Una città sicuramente conosciuta, eppure non così battuta dal turismo di massa, è Urbino (PU). Il capoluogo di provincia marchigiano è un vero e proprio colpo d’occhio e fa parte di quel magnifico gruppo di città e cittadine che appaiono a tutti come ferme nel tempo.
È il luogo perfetto in cui trascorrere qualche giornata all’insegna dell’arte, della cultura e anche della natura.
Non si può dire mai di conoscere Urbino se prima non si visita Palazzo Ducale, le cui mura e le cui torricelle spiccano sul resto della città. Nobile dimora del duca Federico da Montefeltro, merita di essere scoperto con l’aiuto di una guida, che in un paio d’ore può spiegare la maggior parte delle opere qui presenti.
Da un duca a un pittore: la casa di Raffaello è un altro sine qua non. Al suo interno, quadri e sculture dell’artista urbinate.
Ma la visita a Urbino non può proseguire senza passare dall’Oratorio di San Giuseppe (la cappella più piccola ospita un presepe a grandezza naturale) e da quello di San Giovanni Battista (affrescato da Lorenzo e Jacopo Salimbeni), dal Duomo, da Piazza del Mercatale con la sua rampa elicoidale, dalla Chiesa di San Bernardino, dalla Fortezza Albornoz e dal Parco della Resistenza.
È camminando nel dedalo di vie di questa città universitaria, però, che si ha particolare modo di apprezzarne l’anima dotta e pacata.
Dormire a Urbino
- Colleverde Country House SPA & Benessere Urbino, Via Bocca Trabaria Ovest 96: immersa nel verde, in ottima posizione;
- Lo Studio di Battista, 6 Via Volta della Morte: un posto accogliente e dall’arredamento particolare.
Mangiare a Urbino
- Osteria Gula, Corso Giuseppe Garibaldi, 29: consigliate la carne e la crescia;
- Taverna degli Artisti, Via Donato Bramante, 52: da assaggiare la pasta ai fagioli e i passatelli alle verdure;
- Tartufi Antiche Bontà, Via Raffaello, 35: ottimi l’antipasto di vellutata al tartufo e i salumi.
Sulmona

Sulmona (iStock)
Se si vuole staccare la spina, l’Abruzzo rimane sempre un’ottima idea. Ci si può isolare tra le sue montagne o, se si opta per scelte intermedie, in uno dei suoi borghi. Come Sulmona (AQ), famosa per i suoi confetti colorati e dai mille gusti.
Circondata dalla Majella, Sulmona vanta palazzi e chiese da tenere d’occhio, come la Cattedrale di San Panfilo, la Chiesa di Santa Maria della Tomba e il complesso della Santissima Annunziata (che ospita, tra le altre cose, i musei comunali). Ma l’attrazione principale rimane la statua di Ovidio (cui Sulmona diede i natali), in Piazza XX Settembre.
Notevoli anche Porta Napoli, la Fontana del Vecchio e l’Acquedotto Medievale, che si sviluppa intorno a Piazza Garibaldi, da cui si può godere di una vista privilegiata sulle montagne.
Il centro storico è raccolto e consta di due vie principali, Viale Roosevelt e Corso Ovidio, entrambe piene di botteghe che mettono in esposizione i classici mazzi di fiori composti con i confetti.
Nonostante i suoi oltre 20.000 abitanti e la ricchezza delle architetture religiose e civili, Sulmona rimane un paese non troppo turistico, dov’è facile sentirsi a casa. Inoltre è un’ottima base di partenza per le escursioni nella natura.
Infine, da Sulmona parte la Transiberiana d’Italia, storico treno che, ogni domenica mattina, raggiunge Isernia, in Molise. In una manciata di ore si attraversa così il Parco della Majella, con i suoi suggestivi paesaggi. È possibile prenotare direttamente sul sito.
Dormire a Sulmona
- Hotel Ovidius, Via Circ.Ne Occidentale, 177: 4 stelle in pieno centro;
- Hotel Armando’s, Via Montenero, 15: bellissima vista sui monti della Majella e del Morrone.
Mangiare a Sulmona
- Ristorante Buonvento, Piazza Plebiscito, 21/22: ottimi gli spaghettoni al Montepulciano, le pallotte cacio e ova e gli arrosticini tagliati a mano;
- L’Antica Corte Trattoria Contemporanea, Via Ercole Ciofano, 51: carne di qualità e dolci particolari;
- Ristorante Il Canestro, Via Leopoldo Dorrucci, 13: buoni piatti della tradizione.
Castel San Vincenzo

Castel San Vincenzo (iStock)
Il Molise è già, di per sé, un luogo in cui rifugiarsi lontano da tutto e da tutti. Castel San Vincenzo (IS) lo è in particolar modo.
Sembra strano che una regione e un borgo così belli siano sconosciuti ai più, ma è così. Caste San Vincenzo si trova nel bel mezzo del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, ai piedi delle Mainarde, abitato da poche anime e affacciato sull’omonimo lago.
Si parte da una passeggiata nel borgo, tra scorci incredibili sul lago e antichi edifici, come le chiese di San Francesco, di Santa Maria Assunta e di Santa Chiara. Bellissima anche la Fontana Fraterna, che si trova in Piazza Papa Celestino V, che nacque proprio qui.
Dopodiché si prosegue con il fiore all’occhiello di Castel San Vincenzo, ossia l’Abbazia di San Vincenzo al Volturno (a circa 4 km dal borgo), sorta sui resti di un’abbazia longobarda. Oggi è possibile visitare ciò che rimane della chiesa nord (o Cripta di Epifanio), famosa per gli affreschi altomedievali che la decorano.
A pochi metri, la Basilica di San Vincenzo Maggiore, chiamata anche abbazia nuova, che venne ricostruita dopo la II Guerra Mondiale.
Quanto ai dintorni, il consiglio è di passeggiare nella zone delle sorgenti del Volturno e di fare un salto nel borgo fantasma di Rocchetta Alta, stando attenti a dove si mettono i piedi: gli edifici sono infatti pericolanti. L’impressione è quella di tornare indietro, in un tempo cristallizzato dalla storia. Si vedono ancora le panche di legno all’interno della chiesa quasi inagibile, un orologio e le tante case abitate da animali e piante. Neanche l’ombra di esseri umani.
Dormire a Castel San Vincenzo e dintorni
- Borgo Donna Teresa, Via San Nicola Snc., Castel San Vincenzo: offre due eleganti appartamenti;
- Locanda Belvedere Da Stefano, Loc. Pratola, Rocchetta a Volturno: immersa nella natura, è anche un buon ristorante.
Mangiare a Castel San Vincenzo e dintorni
- Terra Nostra, Via Fontelavilla, 1, Scapoli (IS): da provare la pasta fatta in casa, come i ravioli alla scapolese;
- Ristorante Da Oreste e Maria, Via Nazionale, 13, km 28,400 Colli a Volturno (IS): caciocavallo molisano e ravioli con tartufo di ricotta di capra i must;
- La Zampogna, Località Case Sparse Vicenne, Scapoli: tartufo, pasta fresca e cinghiale i piatti forti.
Continua a leggereRiduci
Santuari, valli, città: sta a noi scegliere dove preferiamo «nasconderci», non solo per stare con noi stessi, ma anche per ritrovare la voglia di stare con gli altri. Luoghi in cui rifugiarsi lontano dalle folle e dalle metropoli: borghi poco conosciuti, paesi al di fuori delle rotte turistiche, posti immersi nella natura.Lo speciale contiene un articolo e un itinerario di cinque tappe.Nonostante gli italiani amino la compagnia più di altri popoli, infatti, a dominare lo scenario di questi ultimi due anni è il bisogno di appartarsi dalle grandi folle delle varie Vie del Corso nazionali. Se il gruppo è sempre stata la conformazione ideale per la maggior parte degli italiani, oggi pranzare con una decina di persone appare sempre più come un atto sovversivo. Pare che la solitudine, già avversata dalla gran parte degli individui, sia ora uno spettro con il quale fare i conti quotidianamente.Durante i primi mesi del 2020, molte persone - non senza stupore - hanno tratto benefici psicologici dall’isolamento forzato. Perché se l’amicizia è un bene prezioso e si basa su scelte reciproche, lo stare insieme forzato ha sempre presentato il conto: colleghi, conoscenze dalla fatua consistenza e parenti non amati sono usciti dai cerchi predeterminati con cui singoli e famiglie hanno costruito la loro vita sociale.Ecco dunque l’altra faccia della medaglia dell’essere compagnoni: la prossimità all’italiana è un’arma a doppio taglio, tanto una qualità quanto un difetto. L’obbligo sociale, particolarmente sentito all’interno dei nostri confini, ha così ceduto il passo a lezioni online, pranzi in solitaria e allenamenti lontani dagli occhi dei compagni di sport.Premesso che nessun rapporto umano autentico può essere sostituito da avatar o follower, questo rifugio negli schermi del pc ha rappresentato una salvezza per coloro che si sentivano pressati da contatti non voluti.Rispetto a due anni fa cosa è cambiato? Poco. La libertà è aumentata solo in apparenza, considerato che ogni giorno dobbiamo fare i conti con la paura di contagiare ed essere contagiati nonostante vaccini e tamponi. Genitori e nonni appaiono in tutta la loro fragilità, mentre figli e nipoti hanno preso le sembianze di untori dai volti innocenti. Il confine tra cautela e diffidenza è labile come non mai e la solitudine viene scelta, ancora una volta, come il male minore.Siamo passati da relazioni sociali imposte dall’esterno a una solitudine altrettanto imposta. La domanda, a questo punto, è: come recuperare la libertà di scelta, anche nell’organizzare un viaggio? L’ideale sarebbe quello di fare riferimento al proprio carattere e non alle paure: se ci riteniamo animi solitari o comunque dediti solo a rapporti veri, allora questo viaggio tutto italiano fa per noi. Se invece, sempre per indole, aneliamo feste, folle allegre e rumore, è bene che cerchiamo altrove.Il viaggio di cui parliamo qui ha a che fare con il silenzio, il raccoglimento, la diversità. Ma anche con l’ascolto profondo, la natura e l’arte. Esistono luoghi, in Italia, ancora poco battuti. Trovarli è questione di desiderio: bisogna amare i portoni chiusi, le opere nascoste, le zone buie. Tutti elementi che, a ben guardare, possono essere scoperti anche in metropoli come Napoli o Palermo: basta spostarsi dalle vie principali per un po’ di refrigerio. L’azione che questi luoghi compiono su di noi è magica: si offrono in tutta la loro bellezza solo ai nostri occhi e a quelli di chi è in cerca di dettagli. Le persone rumoreggiano in lontananza e noi ci sentiamo orgogliosi di aver vissuto un’esperienza apparentemente lontana, ma nei fatti situata dietro un angolo.Poco conta il motivo per rifugiarsi, da soli o in compagnia di pochi: che sia per ritrovare se stessi, per avere pace o per pensare, è un viaggio che vale sempre la pena compiere, anche se per pochi giorni. Un viaggio che non ha stagioni, ma che inizia nel momento in cui si inizia a pensarlo.Santuari, valli, città e borghi: sta a noi scegliere dove preferiamo “nasconderci”, non solo per stare con noi stessi, ma anche - auspicabilmente - per ritrovare la voglia di stare con gli altri.<div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/rifugi-2656170791.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="grazzano-visconti" data-post-id="2656170791" data-published-at="1640706692" data-use-pagination="False"> Grazzano Visconti Grazzano Visconti (iStock) Grazzano Visconti è la deliziosa frazione di Vigolzone, in provincia di Piacenza. È famosa per il suo castello, costruito nel 1395 su concessione di Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano, che lo donò alla sorella Beatrice, sposa del nobile Giovanni Anguissola.Nel 1870 il castello tornò nelle mani dei Visconti di Modrone, in particolare in quelle dell’eccentrico Duca Giuseppe, che lavorò sia al rifacimento del castello che al borgo, inseguendo il sogno di un luogo in perfetto stile medievale, sia nelle architetture che nel modo di vivere. In questo paese i mestieri dell’artigianato si sarebbero dovuti opporre all’industrializzazione delle città, cosa che si realizzò.In effetti, a Grazzano Visconti sono disseminate decine di negozi di antiquariato e botteghe dove si lavora soprattutto il ferro battuto. È davvero come tornare indietro nel tempo, ai tempi delle Corporazioni, e le manifestazioni in costume che si svolgono durante l’anno rafforzano questa caratteristica di posto isolato dal resto del mondo.Oggi camminare per Grazzano Visconti è un’esperienza che immerge sì nella storia, ma anche e soprattutto nella mente del suo inventore. Un luogo per ritrovare la pace, ma anche un passato ormai lontano ma che sia di ispirazione per un futuro non troppo meccanizzato. La natura lo circonda, rendendolo il luogo dove poter evadere dal chiasso dei grandi centri. All’interno del parco si trovano labirinti, viali e statue dalle suggestioni antiche.Sul sito di Grazzano Visconti è possibile prenotare una visita guidata al castello e al parco (per quest’ultimo, però, le visite sono sospese fino a marzo).Dormire a Grazzano Visconti e dintorniLa Locanda di Grazzano, 4 Via Carla Erba: eleganza e accoglienza;Hotel Fiore & Fiocchi, Via Roma 84, Podenzano (PC): è anche un buon ristorante.Mangiare a Grazzano Visconti e dintorniOsteria Caminetto, Via Carla Erba, Grazzano Visconti: da provare Pisarei e fasó e lo gnocco fritto;Ristorante Trattoria La 45, SP35, 5, Niviano (PC): tortelli con sugo di funghi porcini e torta fritta;Ristorante Pizzeria Le Specialità, Via Europa, 27, Vigolzone (PC): ottimi piatti di pesce. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/rifugi-2656170791.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="camaldoli" data-post-id="2656170791" data-published-at="1640706692" data-use-pagination="False"> Camaldoli Camaldoli (iStock) A Poppi, in provincia di Arezzo, sorge un eremo fondato nel 1000 circa: Camaldoli. Sede della Congregazione benedettina dei camaldolesi, deve l’aura di pace che emana anche al luogo in cui è situato: il parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna.L’Eremo di Camaldoli rappresenta perfettamente quanto detto all’inizio: a pochi passi, infatti, sorge il monastero, dove invece si fa vita di comunità. Due luoghi separati, ma vicini, a simboleggiare le due dimensioni dell’uomo.All’interno dell’eremo vi è una foresteria, dove gli ospiti - religiosi o laici poco importa - possono fermarsi a dormire. Durante le Festività, l’accoglienza si fa ancora più calda per i momenti di condivisione tra monaci e ospiti, anche se è possibile soggiornare qui tutto l’anno, tranne nel periodo di chiusura (solitamente tra gennaio e febbraio).Si sceglie Camaldoli per provare l’esperienza del ritiro, ma anche per partecipare a esercizi spirituali, corsi e convegni. Il prossimo evento, per esempio, si terrà tra il 2 e l’8 gennaio: “L’inedito” è una serie di esercizi spirituali ecumenici riferiti sia alla Chiesa primitiva che a quella di oggi.Per informazioni, è possibile chiamare i numeri + 39 0575 556021/556044 o scrivere a foresteria@camaldoli.itInfine, per proseguire con questa esperienza di pace, si può organizzare un’escursione su uno dei tanti sentieri del parco nazionale. Sul sito tutte le informazioni.Se invece si preferisce fare una visita in giornata, ecco alcuni indirizzi per dormire e mangiare da queste parti.Dormire a Camaldoli e dintorniBorgo I Tre Baroni - Spa Suites & Resort, Via di Camaldoli, 52, Poppi (AR);Hotel Ristorante La Torricella, Loc. Torricella, Poppi (AR)Entrambi immersi nella natura.Mangiare a Camaldoli e dintorniPucini, Via Pucini, 4, Camaldoli: ideale dopo un’escursione nelle Foreste Casentinesi;Ristorante Il Cedro, Località Moggiona, 20, Poppi: da provare il coniglio in porchetta, l’acquacotta di Moggiona e le pappardelle al ragù di lepre;Ristorante Mater, Via di Camaldoli, 52, Moggiona: piatti ricercati, come il risotto ai funghi con clorofilla di prezzemolo e latte di mandorla fermentata. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/rifugi-2656170791.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="urbino" data-post-id="2656170791" data-published-at="1640706692" data-use-pagination="False"> Urbino Urbino (iStock) Una città sicuramente conosciuta, eppure non così battuta dal turismo di massa, è Urbino (PU). Il capoluogo di provincia marchigiano è un vero e proprio colpo d’occhio e fa parte di quel magnifico gruppo di città e cittadine che appaiono a tutti come ferme nel tempo.È il luogo perfetto in cui trascorrere qualche giornata all’insegna dell’arte, della cultura e anche della natura.Non si può dire mai di conoscere Urbino se prima non si visita Palazzo Ducale, le cui mura e le cui torricelle spiccano sul resto della città. Nobile dimora del duca Federico da Montefeltro, merita di essere scoperto con l’aiuto di una guida, che in un paio d’ore può spiegare la maggior parte delle opere qui presenti.Da un duca a un pittore: la casa di Raffaello è un altro sine qua non. Al suo interno, quadri e sculture dell’artista urbinate.Ma la visita a Urbino non può proseguire senza passare dall’Oratorio di San Giuseppe (la cappella più piccola ospita un presepe a grandezza naturale) e da quello di San Giovanni Battista (affrescato da Lorenzo e Jacopo Salimbeni), dal Duomo, da Piazza del Mercatale con la sua rampa elicoidale, dalla Chiesa di San Bernardino, dalla Fortezza Albornoz e dal Parco della Resistenza.È camminando nel dedalo di vie di questa città universitaria, però, che si ha particolare modo di apprezzarne l’anima dotta e pacata.Dormire a UrbinoColleverde Country House SPA & Benessere Urbino, Via Bocca Trabaria Ovest 96: immersa nel verde, in ottima posizione;Lo Studio di Battista, 6 Via Volta della Morte: un posto accogliente e dall’arredamento particolare.Mangiare a UrbinoOsteria Gula, Corso Giuseppe Garibaldi, 29: consigliate la carne e la crescia;Taverna degli Artisti, Via Donato Bramante, 52: da assaggiare la pasta ai fagioli e i passatelli alle verdure;Tartufi Antiche Bontà, Via Raffaello, 35: ottimi l’antipasto di vellutata al tartufo e i salumi. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/rifugi-2656170791.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="sulmona" data-post-id="2656170791" data-published-at="1640706692" data-use-pagination="False"> Sulmona Sulmona (iStock) Se si vuole staccare la spina, l’Abruzzo rimane sempre un’ottima idea. Ci si può isolare tra le sue montagne o, se si opta per scelte intermedie, in uno dei suoi borghi. Come Sulmona (AQ), famosa per i suoi confetti colorati e dai mille gusti.Circondata dalla Majella, Sulmona vanta palazzi e chiese da tenere d’occhio, come la Cattedrale di San Panfilo, la Chiesa di Santa Maria della Tomba e il complesso della Santissima Annunziata (che ospita, tra le altre cose, i musei comunali). Ma l’attrazione principale rimane la statua di Ovidio (cui Sulmona diede i natali), in Piazza XX Settembre. Notevoli anche Porta Napoli, la Fontana del Vecchio e l’Acquedotto Medievale, che si sviluppa intorno a Piazza Garibaldi, da cui si può godere di una vista privilegiata sulle montagne.Il centro storico è raccolto e consta di due vie principali, Viale Roosevelt e Corso Ovidio, entrambe piene di botteghe che mettono in esposizione i classici mazzi di fiori composti con i confetti.Nonostante i suoi oltre 20.000 abitanti e la ricchezza delle architetture religiose e civili, Sulmona rimane un paese non troppo turistico, dov’è facile sentirsi a casa. Inoltre è un’ottima base di partenza per le escursioni nella natura. Infine, da Sulmona parte la Transiberiana d’Italia, storico treno che, ogni domenica mattina, raggiunge Isernia, in Molise. In una manciata di ore si attraversa così il Parco della Majella, con i suoi suggestivi paesaggi. È possibile prenotare direttamente sul sito.Dormire a SulmonaHotel Ovidius, Via Circ.Ne Occidentale, 177: 4 stelle in pieno centro;Hotel Armando’s, Via Montenero, 15: bellissima vista sui monti della Majella e del Morrone.Mangiare a SulmonaRistorante Buonvento, Piazza Plebiscito, 21/22: ottimi gli spaghettoni al Montepulciano, le pallotte cacio e ova e gli arrosticini tagliati a mano;L’Antica Corte Trattoria Contemporanea, Via Ercole Ciofano, 51: carne di qualità e dolci particolari;Ristorante Il Canestro, Via Leopoldo Dorrucci, 13: buoni piatti della tradizione. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem5" data-id="5" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/rifugi-2656170791.html?rebelltitem=5#rebelltitem5" data-basename="castel-san-vincenzo" data-post-id="2656170791" data-published-at="1640706692" data-use-pagination="False"> Castel San Vincenzo Castel San Vincenzo (iStock) Il Molise è già, di per sé, un luogo in cui rifugiarsi lontano da tutto e da tutti. Castel San Vincenzo (IS) lo è in particolar modo.Sembra strano che una regione e un borgo così belli siano sconosciuti ai più, ma è così. Caste San Vincenzo si trova nel bel mezzo del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, ai piedi delle Mainarde, abitato da poche anime e affacciato sull’omonimo lago.Si parte da una passeggiata nel borgo, tra scorci incredibili sul lago e antichi edifici, come le chiese di San Francesco, di Santa Maria Assunta e di Santa Chiara. Bellissima anche la Fontana Fraterna, che si trova in Piazza Papa Celestino V, che nacque proprio qui.Dopodiché si prosegue con il fiore all’occhiello di Castel San Vincenzo, ossia l’Abbazia di San Vincenzo al Volturno (a circa 4 km dal borgo), sorta sui resti di un’abbazia longobarda. Oggi è possibile visitare ciò che rimane della chiesa nord (o Cripta di Epifanio), famosa per gli affreschi altomedievali che la decorano.A pochi metri, la Basilica di San Vincenzo Maggiore, chiamata anche abbazia nuova, che venne ricostruita dopo la II Guerra Mondiale.Quanto ai dintorni, il consiglio è di passeggiare nella zone delle sorgenti del Volturno e di fare un salto nel borgo fantasma di Rocchetta Alta, stando attenti a dove si mettono i piedi: gli edifici sono infatti pericolanti. L’impressione è quella di tornare indietro, in un tempo cristallizzato dalla storia. Si vedono ancora le panche di legno all’interno della chiesa quasi inagibile, un orologio e le tante case abitate da animali e piante. Neanche l’ombra di esseri umani.Dormire a Castel San Vincenzo e dintorniBorgo Donna Teresa, Via San Nicola Snc., Castel San Vincenzo: offre due eleganti appartamenti;Locanda Belvedere Da Stefano, Loc. Pratola, Rocchetta a Volturno: immersa nella natura, è anche un buon ristorante.Mangiare a Castel San Vincenzo e dintorniTerra Nostra, Via Fontelavilla, 1, Scapoli (IS): da provare la pasta fatta in casa, come i ravioli alla scapolese;Ristorante Da Oreste e Maria, Via Nazionale, 13, km 28,400 Colli a Volturno (IS): caciocavallo molisano e ravioli con tartufo di ricotta di capra i must;La Zampogna, Località Case Sparse Vicenne, Scapoli: tartufo, pasta fresca e cinghiale i piatti forti.
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
Continua a leggereRiduci
content.jwplatform.com
Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
Continua a leggereRiduci
Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
Continua a leggereRiduci