2025-03-12
La riforma Valditara: latino, calligrafia e studio a memoria
Giuseppe Valditara (Ansa)
Niente più scorciatoie tecnologiche e «infarinature» generali. Finalmente lo studente torna al centro del sistema scolastico.Così come nell’ospedale al centro ci deve essere il malato e non il medico, nella burocrazia il cittadino e non le strutture, così nella scuola deve essere messo al centro lo studente e non i professori. In questo senso si sta muovendo il ministro Valditara e ne sono testimonianza le indicazioni nazionali per il curricolo della scuola messo a punto da una Commissione incaricata della sua redazione. Nelle premesse si sottolinea così: «La centralità dell’allievo nel sistema scolastico, mirando ad uno sviluppo completo e bilanciato di tutte le sue facoltà». Ad un ignorante, ad un incolto o ad un sedicente intellettuale questa frase potrebbe sembrare retorica e, invece, indica una direzione di marcia che è contraria, in larga parte, a quella seguita fino ad ora dove, al posto della centralità dello sviluppo delle capacità culturali e critiche dello studente, si è preferita la scorciatoia malefica della tecnologia, un tono di sufficienza nei confronti delle radici culturali dell’Occidente e dell’Italia, una rimozione dello studio della lingua latina quasi come fosse un elemento di disturbo ad altre materie inutili e, soprattutto, alle mode del momento di molti docenti che, più che interessarsi allo sviluppo della coscienza critica dell’allievo, si sono interessati e si interessano alla trasmissione delle proprie convinzioni ideologiche. Scorrendo il documento preparato dalla Commissione, molto lungo e complesso - ma soprattutto coerente, ragionevole e fondato culturalmente -, si trovano elementi che confermano la volontà di una riforma a favore dell’allievo e non delle misere culture dominanti e dei molto miseri divulgatori di esse. Intendiamoci preliminarmente: la riforma, come vedremo, propone cambiamenti radicali; poi, come tutte le idee, dovranno camminare sulle gambe delle donne e degli uomini e qui sorgono i nostri dubbi rispetto a una classe docente che, in molti casi, dovrebbe tornare classe discente.Partiamo da qualcosa che potrebbe sembrare marginale ma che, viceversa, è centrale: il ritorno alla scrittura e alla calligrafia, cioè alla bella scrittura. Come è stato sintetizzato in un convegno recente alla Cattolica di Milano esiste «un’intelligenza della mano che scrive» e permane, a maggior ragione, nell’era del digitale. In quel convegno è stato ricordato che la scrittura mobilita una trentina di muscoli, una ventina di articolazioni e una dozzina di aree del cervello creando una «memoria motoria». Non un gruppo di tradizionalisti incalliti ma la scienza ci dice che la calligrafia, la scrittura ordinata, bella, è il frutto di una contemporanea messa in funzione di varie parti del corpo, cervello compreso. La sostituzione della scrittura con la digitazione comporta, dunque, l’abbandono di una manualità fondamentale nel percorso formativo complessivo della persona, soprattutto in età scolare. Nella riforma torna anche una sottolineatura dell’importanza dell’«imparare a memoria». Come si può leggere sul sito della Treccani: «Chi conosce più parole ha sempre maggiore potere e non solo comunicativo. E chi ha più potere ha anche più possibilità di modificare, di cambiare la realtà e la comunicazione usando le parole in modo consapevole». Ormai la versione on-line dei vocabolari ha sostituito il vocabolario di carta e come ha scritto giustamente Lorenzo Tomasin: «Al pari di altri volumi passati di moda (ad esempio gli atlanti storici questi sconosciuti), il vocabolario in forma di libro ha il vantaggio di rendere tangibile e sfogliabile ciò di cui si parla, dando una consistenza fisica alla lingua». Lo sforzo di ricercare le parole non è indifferente ai fini dell’apprendimento e della memorizzazione di ciò che si vuole apprendere. Lavorando solo on-line è difficile che, man mano, ogni allievo si formi il suo vocabolario personale che più è ricco e più gli consente di esprimere il suo pensiero, formularlo in modo personale, non massificato, non standardizzato e rendendolo, alla fine, più libero. Un’altra indicazione è quella di far leggere almeno tre libri all’anno. Non per assegnare i deleteri «riassunti a casa», con molta probabilità fatti fare dall’Intelligenza artificiale o copiati da motori di ricerca, ma per sviluppare la propria esposizione e rielaborazione. Centralissima la reintroduzione dello studio della lingua latina dalla seconda classe delle secondarie inferiori. Chi ha voluto l’abolizione del latino ha dimostrato una non conoscenza grave di ciò che tale studio comporta. Anzitutto le radici, l’etimologia, il significato delle parole, che nella lingua latina non sempre corrispondono a una parola italiana in modo lineare, scontato, ma richiedono uno sforzo di afferrare il cuore del significato nel suo concetto per poi applicarlo al concetto del testo. Né costoro conoscevano, o hanno fatto finta di non conoscere, il fatto che la lingua latina sfida l’intelligenza di chi deve tradurla. Com’è noto, ogni frase chiede uno sguardo che tenga conto dell’interezza del periodo sviluppando capacità di osservazione, di analisi e di attenzione fino al minimo dettaglio. Chi ha studiato il latino sa che esso contribuisce a sviluppare, al di là di ogni meccanicismo, le capacità creative, intuitive e di cogliere le possibilità insite nel testo. Il documento invita anche ad un uso ponderato dell’Intelligenza artificiale e, come dice il documento, «essa dovrebbe essere integrata in un contesto in cui le dimensioni umane e sociali dell’apprendimento siano rafforzate e non sostituite e in cui prevalga una mediazione chiaramente orchestrata dalla persona dell’insegnante».Non c’è dubbio che la proposta possa essere discussa e migliorata, ma non c’è altrettanto dubbio che si tratta di una riforma che sposta dal virtuale al reale la didattica, la rende notevolmente più faticosa per chi insegna perché costui o colei debbono insegnare a ragionare e non a fornire una spregevole «infarinatura» spesso data dalla loro stessa ignoranza. Mettendo in risalto lo studio del latino e della storia, anche nazionale, riporta l’insegnamento alla scoperta delle radici culturali ancora ignote agli allievi che senza di esse difficilmente potranno capire il presente. Ci pare una svolta francamente desiderabile e condivisibile. Era tempo, dopo le scorciatoie della tecnologia e della scarsa preparazione dei docenti, di tornare alla via maestra che pone lo sviluppo complessivo della personalità dell’allievo al centro e richiede uno sforzo in questa direzione che, d’altronde, è l’essenza di una didattica degna di questo nome.
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.