2021-07-29
Riforma delle toghe, Conte insiste ma per il premier il tempo è scaduto
Giuseppi e il Csm si aggrappano al feticcio dell'obbligatorietà dell'azione penale. E Mario Draghi si prepara all'aut aut: restano 24 ore. Inutile la pioggia di sub emendamenti, ne dovrebbero passare tre su centinaia.Decisamente non tira un'aria buona per Giuseppe Conte: la pazienza di Mario Draghi sta per esaurirsi. Da ieri, sono direttamente il premier e la Guardasigilli a gestire il negoziato politico sulla giustizia, e la notizia è che intendono chiudere in 24 ore senza troppe concessioni, anzi.La giornata di ieri ha registrato diverse tappe significative. Prima un incontro tra Draghi e Matteo Salvini a Palazzo Chigi. Poi, nella sede del ministero della Giustizia, un tavolo con Marta Cartabia (oltre ai sottosegretari Anna Macina, M5s, e Francesco Paolo Sisto, Fi) e le delegazioni dei partiti di maggioranza. A margine, confermata da diverse fonti, una sessione di lavoro tra la stessa Cartabia e Giulia Bongiorno per la Lega. Nel mezzo, due ulteriori segnali, diversi ma in qualche misura convergenti nel testimoniare la complessità dellatrattativa. Per un verso, la Lega ha ottenuto il rinvio del decreto su scuola e trasporti. Per altro verso, tornando alla giustizia, Salvini lascia a verbale una disponibilità ad accettare le proposte di Draghi e Cartabia, ma non quelle del M5s. E ancora, con una punta polemica: «Perché c'è questa ossessione con il M5s? Noi parliamo con il premier, a noi va bene il testo approvato dal Cdm, ad altri no». Insomma, uno schiaffo ai pentastellati e una mano tesa a Draghi e Cartabia purché - questo il messaggio della Lega - siano protagonisti di una mediazione non al ribasso, evitando anche solo di dare la sensazione di un cedimento ai grillini. La realtà è che, passando ai contenuti della riforma, la tela è logora. Tra le modifiche chieste dai grillini e il tentativo (fallito l'altro giorno) di tirare la corda in direzione opposta da parte di Fi, l'impianto riformatore - già debole di per sé - appare contestato per ragioni opposte. In fondo, si tratta di un'ennesima conferma di quanto sia necessaria la spinta referendaria dei sei quesiti promossi proprio da Lega e Radicali. A questo proposito, c'è una notizia significativa: essendo state le richieste referendarie approvate da cinque regioni (Lombardia, Veneto, Friuli, Umbria e Sicilia), i quesiti possono già essere depositati indipendentemente dalla raccolta di firme in corso, che comunque procede con alta affluenza ai banchetti. Tornando all'incontro tra la Cartabia e i rappresentanti dei partiti, non si sarebbe affrontato il nodo principale (l'improcedibilità, la prescrizione, ecc.), ma si sarebbe proceduto a un esame dei subemendamenti dei vari gruppi, sui quali il governo partirà invariabilmente da un parere negativo. Al massimo, da quanto trapela, su centinaia di subemendamenti, di cui circa 400 targati M5s, la Cartabia sarebbe disposta ad accettarne appena tre, molto tecnici e a bassa intensità politica: un paio di proposte del dem Alfredo Bazoli (sconto di pena per chi accetta il patteggiamento per alcuni reati e procedure semplificate in caso di messa alla prova) e una richiesta minimale del M5s Vittorio Ferraresi (per alcuni reati minori, sostituzione di un collegio di tre giudici da parte di un giudice monocratico). Quindi, sulla massa dei subemendamenti, la Cartabia e Draghi hanno tenuto il punto senza cedere.Resta da capire se si farà in tempo a chiudere presto, secondo il calendario stabilito, e come premier e ministro si orienteranno rispetto al disinnesco delle due ultime (e più rilevanti) mine rimaste. La prima è quella rappresentata da Giuseppe Conte, che non si è limitato a ribadire i suoi dubbi sui processi di mafia, ma ha sollevato pure la questione della norma che consentirebbe all'Aula di fissare alcuni criteri sull'esercizio dell'azione penale e le relative priorità. Conte non ha perso l'occasione per fare un po' di propaganda: «Non è una battaglia del M5s: è una battaglia di tutti gli italiani che hanno a cuore i valori della legalità, della giustizia, dell'antimafia, dell'anticorruzione». La seconda mina, convergente con le minacce pentastellate, viene da un parere del Csm, secondo cui la norma sulla priorità sarebbe «in possibile contrasto con l'attuale assetto dei rapporti tra i poteri dello Stato». Tesi curiosa perché norme del genere sono già previste in numerosi altri Paesi. In ogni caso si attende per oggi il parere definitivo del plenum del Csm. Come si vede, secondo un copione prevedibile, sia Conte sia il Csm si aggrappano al feticcio dell'obbligatorietà dell'azione penale, e cioè al principio secondo cui ogni notizia di reato dovrebbe essere oggetto di indagine. Peccato che ciò sia materialmente impossibile, consegnando a ogni singola Procura (anzi: in molti casi a ogni sostituto) una forte discrezionalità. Non avrebbe più senso fissare alcuni criteri? La sensazione è che Draghi intenda usare il calendario annunciato (approdo del testo venerdì in Parlamento) per un vero e proprio aut aut. In sostanza, resterebbe solo la giornata di oggi per le ultime limature di comune accordo con i partiti. La strada è dunque tracciata: le (pochissime) modifiche convergeranno in un maxiemendamento governativo, sul quale verrà posta la fiducia. Altrimenti, in mancanza di intesa, la fiducia sarà posta sul testo approvato a suo tempo dal Cdm (ministri pentastellati inclusi) senza alcuna modifica. Sfidando la tigre di carta chiamata Conte.
Jose Mourinho (Getty Images)