
L'ex ministro: «Tra le due superpotenze non è soltanto uno scontro commerciale. A quel tavolo ci saremo, ma come parte del menù. L'Europa? Senza Londra non esiste».Giulio Tremonti parla volentieri, a un patto: che non si tocchino argomenti che riguardano la politica italiana. Il professore, quattro volte ministro dell'Economia con Silvio Berlusconi e presidente dell'Aspen institute Italia, preferisce concentrarsi sugli scenari internazionali. Ma noi ci proviamo lo stesso.Non ci dice nulla su flat tax, minibot e reddito di cittadinanza?«Niente. Ma il reddito di cittadinanza lo sa che l'hanno inventato a Silicon Valley?».Credevamo fosse una trovata dei 5 stelle…«Ha presente la strofa della canzone Bandiera Rossa: “Degli sfruttati l'immensa schiera"? Ebbene, oggi si è trasformata in “dei disoccupati l'immensa schiera". L'idea del reddito in assenza di lavoro è nata a Silicon Valley perché i robot hanno sottratto il lavoro agli uomini, ma se poi gli uomini non hanno reddito come fanno a comprare i servizi prodotti dai robot? Bisogna dare quindi un reddito alla gente. E come lo finanzi? Con il lavoro degli stessi robot».Adesso Silicon Valley batte anche moneta…«Libra, la moneta di Facebook, è uno dei riti che si celebrano nella cattedrale digitale da parte di chi ha venduto l'anima e, attraverso il possesso di dati che tutti diamo senza saperlo. Ha creato un meccanismo di dominio che va oltre l'immaginabile controllo. Ma possiamo cominciare dal mio libro?».Le tre profezie. Appunti per il futuro, edito da Solferino. Quali sono le tre profezie?«Karl Marx, Johan Wolfgang von Goethe e Giacomo Leopardi non avevano computer e tablet, eppure vedevano il futuro e sul futuro hanno proiettato profezie. Vengono tutte dal passato ma se ne vedono gli effetti adesso».Come si attualizzano?«Partiamo dalla prima: Marx. Scrive nel Manifesto che lo “stregone non potrà più dominare le potenze sotterranee da lui evocate"». Cosa significa?«Marx evoca potenze non più controllabili, pensiamo alla Cina: gli Stati Uniti l'hanno in un certo senso generata e ora si trovano a contrastarla. Il confronto tra i due, più che commerciale, è geopolitico. Le potenze sotterranee sono state evocate. Qualcuno dal lato americano parla di protezionismo, ma la parola protezionismo in questo contesto è insensata. Perché il protezionismo ha una proiezione commerciale. E invece qui è in atto un confronto tra due modelli di civiltà».Si riferisce alla Via della seta?«La Via della seta è uscita dal linguaggio economico ed è entrata nella Costituzione cinese, dove nell'ottobre del 2017 è stata introdotta come strumento di proiezione geopolitica. In questo progetto la cifra politica è di gran lunga superiore a quella commerciale. Nei documenti cinesi si trovano parole come “marcia" e “balzo". Se c'è un posto dove le parole hanno un senso forte, e in certi casi terribile, è la Cina. L'attuale “balzo" della Cina ormai va ben oltre la manifattura, punta ai beni del futuro, all'intelligenza artificiale. Per arrivare alla supremazia globale. E poi il cinema…».Cosa c'entrano i film?«Sembra un fenomeno marginale ma non lo è affatto: la Cina sta puntando su un tipo di cinema eroico o epico per creare culturalmente quello che Hollywood è stata per decenni, soprattutto dopo la guerra, quando tutti nel mondo vedevano i film e volevano sentirsi americani».Tra Cina e Stati Uniti è in corso una guerra?«Napoleone Bonaparte diceva che il mondo tremerà quando la Cina si sveglierà. L'elefante cinese si è messo in moto e assistiamo a una escalation: non più solo guerre commerciali ma una nuova guerra fredda. Non più tra mondo occidentale e mondo comunista, ma tra Usa e Cina. Non più lotte per il primato ideologico, ma per il primato economico e di conseguenza anche politico».E tra i due giganti che ruolo avrà l'Europa?«Noi saremo al tavolo, ma il problema è che non siederemo come commensali, ci staremo come parte del menù. Dopo la Brexit le cose stanno in questo modo».Perché dopo la Brexit?«Con l'anglosfera l'Europa aveva una dimensione non solo continentale, avendo accesso agli oceani. Ora l'Europa nella global room non c'è più. La Gran Bretagna a modo suo è sempre stata parte dell'Europa. Lo diceva un sovranista puro come Friedrich Nietzsche: “Senza l'Inghilterra l'Europa non esiste"».Passiamo alla seconda profezia, quella di Goethe…«I biglietti alati voleranno tanto in alto che la fantasia umana per quanto si sforzi mai potrà raggiungerli».Ovvero…«La previsione del Faust sul potere mefistofelico del denaro e del mondo digitale, dove al posto del vecchio cogito vale un categorico digito ergo sum. Questa profezia non è solo sulla creazione delle banconote, i biglietti alati, ma in generale sul potere che può essere sprigionato da tutte le cambiali mefistofeliche».Come libra?«La moneta di Facebook cambia le regole del gioco. Come Faust e Mefistofele insieme spiegano al sovrano, questo è un esercizio che si può ripetere all'infinito, con una magia che permette di creare ex nihilo una ricchezza di tipo nuovo, immateriale e infinita, come nel libero volo dei biglietti alati».A proposito di valuta, cosa pensa di uscire dall'euro?«Non è argomento dell'intervista. Comunque un conto è uscire da una moneta nazionale per entrare in una moneta sovranazionale, un altro è uscire da una moneta sovranazionale per entrare in una moneta nazionale. Chi lo fa perde il futuro senza riacquistare il suo passato».La terza profezia?«Vede, oltre che un grande poeta, Leopardi era un filosofo politico straordinario e dirompente».Cosa aveva previsto?«Leopardi scrive nello Zibaldone della crisi di Roma come civiltà cosmopolita: “Quando tutto il mondo fu cittadino romano, Roma non ebbe più cittadini; e quando cittadino romano fu lo stesso che cosmopolita, non si amò né Roma né il mondo…"».Lei lo riferisce all'Europa d'oggi?«Aspetti, la citazione non è finita: “L'amor patrio di Roma divenuto cosmopolita, divenne indifferente, inattivo e nullo: e quando Roma fu lo stesso che il mondo, non fu patria di nessuno e i cittadini romani, avendo per patria il mondo, non ebbero nessuna patria, e lo dimostrarono col fatto"».Quindi?«Riguarda le crisi che fatalmente vengono a manifestarsi nelle società cosmopolite. E poi in Leopardi c'è la profezia sulla crisi dell'ordine stabilito per l'Europa con il Congresso di Vienna, nel 1815. Un tipo d'ordine sviluppato dall'alto verso il basso, perciò non diverso da quello che sarebbe stato stabilito per l'Europa dal Trattato di Maastricht nel 1992».Cosa si è stabilito Maastricht?«A partire da Maastricht, passando per i trattati di Lisbona e di Nizza, si sono trasferite un numero di crescente di competenze dagli Stati alla Ue: dalla piramide che alla base aveva i Paesi con molte competenze e al vertice l'Unione con poche competenze siamo passati a una piramide rovesciata, dove la maggior parte delle competenze legislative e amministrative sono state trasferite a Bruxelles. È un'operazione che riduce drasticamente la democrazia».Quindi l'Europa si intromette troppo negli Stati membri?«Quest'operazione all'inizio è stata presentata come dettata dalla necessità economica: nel mondo globale i tuoi interessi non li fa il singolo governo, perché troppo piccolo, ma l'Unione che ti rappresenta e fa massa critica. Sulla base di questa filosofia si è giunti ai dieci chilometri lineari di nuovi regolamenti che l'Ue produce ogni anno, con scarso riferimento alle esigenze del mercato unico».Regolamenti inutili?«L'Europa ci riempie di sigle, di regole, fa ciò che non dovrebbe fare: infiniti provvedimenti e de minimis, su tutto e per tutto. Alla vigilia del referendum sull'uscita del Regno Unito, a Bruxelles si stava discutendo una direttiva per standardizzare gli impianti igienici di tutta Europa. Venne ritirata all'ultimo momento per non favorire il voto pro Brexit, ma non bastò. Mentre gli Stati Uniti hanno standardizzato le ferrovie, noi abbiamo standardizzato gli impianti elettrici: i contadini dell'Appennino o delle Alpi devono avere lo stesso impianto elettrico a norma che si installa nel centro di Roma o Berlino».Cosa dovrebbe fare l'Europa?«Questa Europa è troppo totalitaria e troppo finanziaria. È vero che abbiamo bisogno di un'unione bancaria più forte. Ma se entri in un bar e ti azzardi a dire che ciò di cui l'Europa ha realmente bisogno è un'unione bancaria più forte, rischi di essere cacciato. Invece l'Ue dovrebbe e potrebbe concentrarsi soprattutto su ciò che è essenziale e popolare: sulla difesa comune, sulla sicurezza, sull'intelligence, sulla gestione delle migrazioni».E per farlo va cambiata?«L'Ue dovrebbe tornare allo spirito del trattato di Roma, all'ispirazione confederale che lo animava. All'Europa la piramide con la base larga fa molto più bene della piramide a base rovesciata. Quel trattato ha regalato all'Europa 40 anni di progresso».
Diego Fusaro (Imagoeconomica)
Il filosofo Diego Fusaro: «Il cibo nutre la pancia ma anche la testa. È in atto una vera e propria guerra contro la nostra identità culinaria».
La filosofia si nutre di pasta e fagioli, meglio se con le cotiche. La filosofia apprezza molto l’ossobuco alla milanese con il ris giald, il riso allo zafferano giallo come l’oro. E i bucatini all’amatriciana? I saltinbocca alla romana? La finocchiona toscana? La filosofia è ghiotta di questa e di quelli. È ghiotta di ogni piatto che ha un passato, una tradizione, un’identità territoriale, una cultura. Lo spiega bene Diego Fusaro, filosofo, docente di storia della filosofia all’Istituto alti studi strategici e politici di Milano, autore del libro La dittatura del sapore: «La filosofia va a nozze con i piatti che si nutrono di cultura e ci aiutano a combattere il dilagante globalismo guidato dalle multinazionali che ci vorrebbero tutti omologati nei gusti, con le stesse abitudini alimentari, con uno stesso piatto unico. Sedersi a tavola in buona compagnia e mangiare i piatti tradizionali del proprio territorio è un atto filosofico, culturale. La filosofia è pensiero e i migliori pensieri nascono a tavola dove si difende ciò che siamo, la nostra identità dalla dittatura del sapore che dopo averci imposto il politicamente corretto vorrebbe imporci il gastronomicamente corretto: larve, insetti, grilli».
Leonardo
Il fondo è pronto a entrare nella divisione aerostrutture della società della difesa. Possibile accordo già dopo l’incontro di settimana prossima tra Meloni e Bin Salman.
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
Emmanuel Macron (Ansa)
Bruxelles apre una procedura sull’Italia per le banche e tace sull’acciaio transalpino.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».
Maria Rita Parsi (Imagoeconomica)
La celebre psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi: «È mancata la gradualità nell’allontanamento, invece è necessaria Il loro stile di vita non era così contestabile da determinare quanto accaduto. E c’era tanto amore per i figli».
Maria Rita Parsi, celebre psicologa e psicoterapeuta, è stata tra le prime esperte a prendere la parola sulla vicenda della famiglia del bosco.






