- Se il contagio è in lieve crescita, i decessi calano di poco e la pressione sugli ospedali è costante (con le terapie intensive occupate al 3,7%). E riguarda anche i vaccinati. L'allarme rosso non è giustificato: il siero migliora la situazione mentre il pass è inutile.
- Ritorno alla normalità con molti casi in Gran Bretagna, ma nella scorsa settimana sono scesi del 12,7%.
Se il contagio è in lieve crescita, i decessi calano di poco e la pressione sugli ospedali è costante (con le terapie intensive occupate al 3,7%). E riguarda anche i vaccinati. L'allarme rosso non è giustificato: il siero migliora la situazione mentre il pass è inutile.Ritorno alla normalità con molti casi in Gran Bretagna, ma nella scorsa settimana sono scesi del 12,7%.Lo speciale contiene due articoli.Nessuna nuova ondata, forse un inizio di recrudescenza della pandemia. Nell'ultima settimana sono aumentate le persone positive al Covid, sono in lieve calo i decessi e si sono mantenuti praticamente stabili i ricoveri in terapia intensiva e in area medica. Secondo il report diffuso ieri dall'Istituto superiore di sanità (Iss), a livello nazionale l'incidenza dei contagi è arrivata a 46 casi per 100.000 abitanti, vicino al valore soglia dei 50, e in crescita rispetto ai 34 di venerdì scorso. Nel periodo 6-19 ottobre 2021, la trasmissibilità (Rt) media calcolata sui casi sintomatici è stata di 0,96, appena al di sotto della soglia epidemica (che è pari a 1) e in aumento rispetto allo 0,86 della settimana precedente. In base a quanto si sta registrando, secondo l'Iss, la trasmissibilità potrebbe superare la soglia pandemica la prossima settimana, arrivando a 1,14. Sul significato di tale valore di Rt c'è un acceso dibattito tra gli epidemiologi. È infatti calcolato su «dati parzialmente completi», come dice lo stesso Iss, e considera i soli casi sintomatici e/o ospedalizzati, cioè indipendente dal numero dei positivi trovati nella popolazione in base ai tamponi che si eseguono. Com'è noto, dal 15 ottobre, quando è diventato obbligatorio il green pass anche per lavorare, il numero dei casi è aumentato in valore assoluto, ma a fronte di una crescita esponenziale dei tamponi eseguiti ogni giorno, ormai stabile sui 4-500.000.Entrando nel merito di numeri più certi per descrivere l'andamento della pandemia, cioè i ricoveri e i decessi, si scopre che, nell'ultima settimana, i dati sono praticamente stabili. Nelle terapie intensive, il tasso di occupazione dei posti letto è stabile al 3,7% (rilevazione giornaliera ministero della Salute al 28/10). Anche nelle corsie delle aree mediche subacute la percentuale di occupazione è sostanzialmente stabile al 4,5%, contro il 4,2% della scorsa settimana. I numeri sono praticamente in linea con quanto pubblicato dalla Fondazione Gimbe. Rispetto alla settimana precedente, i nuovi casi sono passati a 25.585, da 17.870 (+43,2%) e i decessi sono diminuiti: 249 rispetto a 271 (-8,1%). Come fa notare Gimbe, la crescita dei contagiati potrebbe in parte essere legata all'incremento dei tamponi totali, ma l'aumento del tasso di positività di quelli molecolari e dei ricoveri (+181) indica comunque una maggior circolazione del virus. La risalita dei casi Covid nelle ultime settimane «è più una recrudescenza del virus che una quarta ondata. Il numero dei contagi aumenterà e dobbiamo monitorare bene la situazione ma, grazie alla copertura delle vaccinazioni, non credo che assisteremo a scenari come quelli vissuti in passato», osserva Massimo Andreoni, direttore dell'infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), commentando l'attuale situazione epidemiologica Covid-19 in Italia.L'attesa di nuovi contagi, quando oltre l'85% della popolazione over 12 ha ricevuto almeno una dose di vaccino, pone chiaramente la questione sul ruolo di un provvedimento come il green pass che, inizialmente sostenuto per bloccare il contagio - cosa smentita dai fatti - è diventato necessario anche per lavorare. Proprio analizzando i dati dei ricoveri ospedalieri pubblicati dall'Iss, salta subito all'occhio un'anomalia. Per esempio, nella fascia di età degli over 80, dove la copertura vaccinale è superiore al 90%, si osserva che, nell'ultimo mese, il numero di ospedalizzazioni fra vaccinati con ciclo completo è pari a 955 mentre nei non vaccinati è più basso, pari a 446. Tale dato non significa che il vaccino non funzioni, ma che il contagio avviene lo stesso. Quando infatti «le vaccinazioni nella popolazione raggiungono alti livelli di copertura», si legge nel report dell'Iss, «si verifica il cosiddetto effetto paradosso per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra vaccinati e non vaccinati, per via della progressiva diminuzione nel numero di questi ultimi». Calcolando infatti il tasso di ospedalizzazione si evidenzia come questo sia circa otto volte più alto per i non vaccinati rispetto ai vaccinati con ciclo completo (174,6 vs 22,7 ricoveri per 100.000 abitanti). Analizzando il numero dei ricoveri in terapia intensiva e dei decessi negli over 80 si osserva che, nello stesso periodo, il tasso di ricoveri in terapia intensiva dei vaccinati con ciclo completo, è ben otto volte più basso di quello dei non vaccinati (1,0 contro 8,6 per 100.000 abitanti) mentre il tasso di decesso è 12 volte più alto nei non vaccinati rispetto agli immunizzati con due dosi (102,6 contro 8,7 per 100.000 abitanti). Anche l'efficacia nel prevenire l'infezione della variante delta è al 75% circa nei vaccinati. Il vaccino quindi funziona, ma è il green pass a essere inadeguato in questo contesto. Un'ulteriore conferma arriva dal bollettino diffuso ieri dal ministero della Salute che registra 5.335 nuovi casi su 474.778 tamponi processati (tasso di positività dell'1,1%, era 0,85%). Ma il numero dei ricoveri è praticamente stabile: 49 in più nelle aree mediche e due nuovi ingressi in terapia intensiva (+2). In calo i decessi: 33, cioè 17 in meno rispetto al giorno precedente. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ricoveri-morti-stabili-2655444070.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nessuna-apocalisse-nel-regno-unito-londra-ha-gestito-lultima-ondata" data-post-id="2655444070" data-published-at="1635536254" data-use-pagination="False"> Nessuna Apocalisse nel Regno Unito. Londra ha gestito l’ultima ondata A guardare i reportage dei media italiani sulla pandemia nel Regno Unito il quadro sembra davvero fosco. Molti immaginano una situazione tragica, magari con i camion militari impegnati a portare via le vittime, come è accaduto nel Nord Italia nei momenti peggiori. Invece al di là della Manica la vita è ripresa regolarmente: la gente va al pub, frequenta i locali e non indossa la mascherina. Anche a scuola le mascherine non sono obbligatorie. Forse è anche per questa ragione che i numeri sono più alti che in Italia, ma comunque l'immagine che italiani ed europei hanno del Regno Unito è davvero distante da quella che vivono gli inglesi. Osservando i numeri del Regno Unito relativi alla giornata di ieri, 29 di ottobre, si scopre che i nuovi contagi sono stati 43.467 e che complessivamente tra il 23 e il 29 ottobre ci sono stati 289.718 positivi. Tanti, rispetto ad esempio ai 4.595 casi italiani, ma comunque pochi in confronto al passato, con una riduzione del 12,7% dei contagi rispetto alla settimana precedente. Se poi si considera che la popolazione del Regno unito è superiore ai 68 milioni di individui, mentre in Italia ce ne sono 55 milioni, i numeri più elevati appaiono ancora meno preoccupanti. Sul fronte dei decessi, ieri ci sono state 186 deceduti che erano risultati positivi al test per il Covid nel mese precedente, mentre nella settimana i decessi registrati sono stati 1.066, leggermente superiori a quelli precedenti. In Italia, invece, i decessi nello stesso giorno si sono fermati a 50, il che fa pensare a un divario importante tra i due Paesi, che finisce però per ridimensionarsi nel momento in cui si considerano i dati sulla popolazione. Quanto all'assistenza sanitaria, va messo in evidenza che il 25 ottobre, ultimo dato disponibile, 1.038 persone sono state ricoverate negli ospedali britannici per il Covid e che nella settimana fino a quella data si erano registrati 6.981 ricoverati. Un incremento del 5% rispetto al passato, ma con solo 964 persone che attualmente sono in regime di respirazione assistita. Per ciascuno di loro ci sono posti letto e assistenza senza che questo abbia conseguenze sulla gestione degli ospedali e senza che si determinino problemi per la cura degli altri pazienti. I reparti hanno riaperto a pieno, come i servizi di assistenza sul territorio e persino gli screening programmati: attività che nella fase critica erano invece state sospese. Segno che il Paese ha dati un po' più significativi dei nostri, ma non si trova di certo in una condizione di emergenza. A giustificare questi aumenti potrebbe essere anche l'approccio rilassato a cui sono stati invitati i cittadini. Non si usa appunto più la mascherina, tutte le attività sono riprese a pieno regime e senza limiti di distanziamento, anche le scuole hanno ripreso a proporre tutte le loro attività che prevedono pubblico. Forse è questo in realtà il vero limite, dal momento che la vaccinazione delle fasce più giovani è cominciata più tardi rispetto all'Italia e quindi spesso sono proprio gli studenti a portare a casa il virus ai loro familiari. Una circostanza che potrebbe spiegare l'aumento dei ricoveri che secondo alcune statistiche avrebbe raggiunto livelli elevati, i peggiori dal 21 febbraio 2021, quando la pandemia aveva messo il Paese in ginocchio. Dati che il governo sta analizzando con attenzione, ma che non hanno ancora spinto a introdurre nuove misure di sicurezza. Per rimettere le mascherine o progettare il lockdown si aspettano i rilevamenti delle prossime settimane. Senza allarme e nessuna tensione: a dispetto di quello che i media internazionali continuano a segnalare.
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
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Il presidente torna dal giro in Francia, Grecia e Spagna con altri missili, caccia, radar, fondi energetici. Festeggiano i produttori di armi e gli Stati: dopo gli Usa, la Francia è la seconda nazione per export globale.
Il recente tour diplomatico di Volodymyr Zelensky tra Atene, Parigi e Madrid ha mostrato, più che mai, come il sostegno all’Ucraina sia divenuto anche una vetrina privilegiata per l’industria bellica europea. Missili antiaerei, caccia di nuova generazione, radar modernizzati, fondi energetici e contratti pluriennali: ciò che appare come normale cooperazione militare è in realtà la struttura portante di un enorme mercato che non conosce pause. La Grecia garantirà oltre mezzo miliardo di euro in forniture e gas, definendosi «hub energetico» della regione. La Francia consegnerà 100 Rafale F4, sistemi Samp-T e nuove armi guidate, con un ulteriore pacchetto entro fine anno. La Spagna aggiungerà circa 500 milioni tra programmi Purl e Safe, includendo missili Iris-T e aiuti emergenziali. Una catena di accordi che rivela l’intreccio sempre più solido tra geopolitica e fatturati industriali. Secondo il SIPRI, le importazioni europee di sistemi militari pesanti sono aumentate del 155% tra il 2015-19 e il 2020-24.
Imagoeconomica
Altoforno 1 sequestrato dopo un rogo frutto però di valutazioni inesatte, non di carenze all’impianto. Intanto 4.550 operai in Cig.
La crisi dell’ex Ilva di Taranto dilaga nelle piazze e fra i palazzi della politica, con i sindacati in mobilitazione. Tutto nasce dalla chiusura dovuta al sequestro probatorio dell’altoforno 1 del sito pugliese dopo un incendio scoppiato il 7 maggio. Mesi e mesi di stop produttivo che hanno costretto Acciaierie d’Italia, d’accordo con il governo, a portare da 3.000 a 4.450 i lavoratori in cassa integrazione, dato che l’altoforno 2 è in manutenzione in vista di una futura produzione di acciaio green, e a produrre è rimasto solamente l’altoforno 4. In oltre sei mesi non sono stati prodotti 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. Una botta per l’ex Ilva ma in generale per la siderurgia italiana.
2025-11-20
Mondiali 2026, il cammino dell'Italia: Irlanda del Nord in semifinale e Galles o Bosnia in finale
True
Getty Images
Gli azzurri affronteranno in casa l’Irlanda del Nord nella semifinale playoff del 26 marzo, con eventuale finale in trasferta contro Galles o Bosnia. A Zurigo definiti percorso e accoppiamenti per gli spareggi che assegnano gli ultimi posti al Mondiale 2026.





