2025-08-09
Soldi pubblici per le cene di Ricci: ecco le carte
Matteo Ricci (Imagoeconomica). Sopra la foto, la lettera di accettazione e l’iscrizione retrodatata
Per avere uno sconto dal catering sui banchetti elettorali dell’allora sindaco, il Comune iscrive il fornitore nell’elenco degli imprenditori che lavorano per la pubblica amministrazione. Ma poi pasticcia con le date. Doveva essere una «cena popolare» e, in effetti, sembra proprio che sia stata pagata con i soldi dei cittadini. Almeno in parte. La Guardia di finanza ha sentito giovedì come testimone per oltre due ore Marco Balducci, titolare della società di catering Giustogusto di Pesaro, ditta specializzata in servizi di qualità. Che non è mancata neanche il 12 aprile 2024, peccato che gli uomini dello staff dell’allora candidato alle elezioni europee Matteo Ricci abbiano cercato in tutti i modi di abbassare i costi della crapula elettorale organizzata per quasi 1.500 persone. Arrivando a proporre il pagamento in nero, come avrebbe confermato l’imprenditore alle Fiamme gialle.Ma alla fine l’escamotage per avere lo sconto sarebbe stato trovato comunque, nonostante il rifiuto di Balducci di incassare l’importo senza emettere fattura.E come sempre a pensarci è stato Pantalone. Infatti i 5.000 euro mancanti sarebbero stati coperti da una sorta di «pactum sceleris» con la fondazione Pescheria, controllata al 100 per cento dal Comune.Gli imprenditori, alla ricerca del loro pagamento, avrebbero, inizialmente, accettato la proposta di essere saldati «in natura», ovvero con altri catering «gentilmente» offerti dalla fondazione.La trattativa sarebbe stata portata avanti dal direttore generale Silvano Straccini (che ha negato tale ricostruzione e minacciato querela) con la contabile della ditta, la quale è stata sentita come testimone nel pomeriggio di giovedì, dopo il titolare dell’azienda.La donna dovrebbe avere consegnato le prove documentali di quanto dichiarato al nostro giornale, dalle fatture contestate ai contatti con lo stesso Straccini che, formalmente, con la cena del 12 aprile non c’entrava nulla, sebbene a detta degli amministratori di Giustogusto avrebbe avuto un ruolo non di secondo piano. E tra i documenti che quasi certamente sono già stati messi a disposizione delle Fiamme gialle c’è lo scambio di mail con la Pescheria. Due messaggi spediti il 7 e il 9 maggio 2024, circa un mese dopo la kermesse. Ma come si legge nel modulo in possesso della Verità, l’istanza di iscrizione all’albo dei fornitori della fondazione è datata 10 aprile, vale a dire due giorni prima della cena.Qualcuno ha voluto così evitare che fosse troppo scontato il collegamento tra l’ingresso della Giustogusto nell’elenco dei commercianti che collaborano con la Pescheria e il servizio realizzato per l’allora sindaco Ricci?La fondazione, nelle comunicazioni con La Verità, ha un po’ pasticciato. Giovedì scorso, a un nostro preciso quesito inviato prima il 31 luglio e, poi, via pec, il 5 agosto, ha risposto: «La domanda di iscrizione all’albo fornitori (della Giustogusto, ndr) è datata 10 aprile 2024».L’ufficio amministrativo ci ha anche fatto sapere che, successivamente, l’azienda avrebbe realizzato «un servizio di catering in occasione della performance di Marina Abramovich con la stessa artista presente in data 18 giugno 2024 presso Villa Imperiale». Il catering sarebbe stato pagato 4.870 euro più Iva.Tutto a posto? Non proprio. Dopo la pubblicazione dell’articolo di ieri, in cui evidenziavamo la discrasia nelle date, l’ufficio amministrativo ci ha inviato «un’integrazione della precedente comunicazione in calce»: «L’istanza del fornitore firmata digitalmente è datata 10 aprile 2024, la medesima istanza è pervenuta in data 7 maggio 2024. Pertanto l’accoglimento è datato 7 maggio 2024».La mail non spiega, però, chi e perché abbia posto la data del 10 aprile sull’istanza inviata solo il 7 maggio alla Giustogusto e da questa firmata digitalmente. Dai messaggi di posta elettronica in nostro possesso appare evidente che l’iter formale sia stato avviato 25 giorni dopo la cena e non due giorni prima. P.B., segretaria della direzione amministrativa, da un indirizzo di posta elettronica del Comune di Pesaro, scrive a Balducci: «Gentilissimo, su indicazione del direttore generale Silvano Straccini allego il modulo da compilare per l’iscrizione all’albo fornitori. Una volta compilato, allegando un documento di identità del legale rappresentante, può essere inviato alla Pec della Fondazione».L’oggetto della mail è inequivocabile: «Invio modulo per iscrizione albo fornitori». È palese che sino a quel giorno non esistessero rapporti ufficiali tra la Giustogusto e la Pescheria.Nell’allegato, compilato e denominato «schema di domanda e di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà», il legale rappresentante «chiede l’iscrizione all’elenco degli operatori economici per la realizzazione delle attività e programmi della fondazione Pescheria» per quanto riguarda la categoria merceologica dei «servizi di ristorazione» della sezione A, ovvero con «importi inferiori ai 40.000 euro, al netto dell’Iva».In cima alla prima pagina c’è una nota a penna: «Firmato digitalmente».Nella penultima pagina, invece, c’è scritto: «Pesaro, 10 aprile 2024».Giovedì 9 maggio, la sopra citata segretaria, dopo aver ricevuto le sei pagine del modulo, replica: «Gentilissimo, grazie, abbiamo ricevuto la domanda, che è compilata correttamente». Quindi sollecita l’invio del documento del legale rappresentante che non risulta inviato. Insomma tutto viene formalizzato in quelle ore e non si spiega la data del 10 aprile. Per Balducci ci troveremmo di fronte a una volontaria retrodatazione.Ma anche se esistesse una spiegazione plausibile, lo scambio di mail è la prova inconfutabile che, a ridosso della famosa cena elettorale, la ditta che si era occupata del catering entra nell’albo fornitori di un ente pubblico e questo accade, sostengono gli amministratori, per consentire al candidato di Ricci di pagare meno.Adesso gli approfondimenti della Guardia di finanza dovranno consentire alla Procura di contestare specifiche ipotesi di reato e di iscrivere eventuali nuovi indagati. Ma questo è, con ogni probabilità, il filone investigativo che deve preoccupare maggiormente Ricci. Infatti, per quanto riguarda l’accusa di corruzione, l’ex sindaco ha rivendicato i risultati conquistati dalla sua giunta e resi possibili anche dai cosiddetti affidi facili. Ricci è stato difeso anche da opinionisti conservatori secondo cui equiparare a una mazzetta (per la precisione un’«utilità non patrimoniale», come si legge nell’avviso di garanzia), «l’accresciuta popolarità e il consenso» politico derivati da «opere ed eventi pubblici di grande richiamo», sarebbe un azzardo giuridico. Nel caso della cena, invece, non è in gioco «l’immagine di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa e politica del sindaco». Qui il Bene comune non c’entra proprio niente. Qui si entra nella categoria della furberia italica, dove l’interesse pubblico è scavalcato da quello privato e i soldi di tutti vengono utilizzati per un evento che, per quanto affollato, non riguarda l’intera comunità, ma solo l’ambizione di un candidato di partito.Un’iniziativa sicuramente meno difendibile delle kermesse aperte a tutta la cittadinanza.A questa nuova grana, Ricci deve aggiungere la spada di Damocle delle dichiarazioni che sarebbe pronto a rilasciare ai pm il suo ex factotum, Massimiliano Santini.Il nuovo avvocato di quest’ultimo, Giaocchino Genchi, ha fatto sapere alla Procura che il suo cliente è pronto è pronto a fornire le credenziali del proprio Id Apple per consentire di recuperare chat e messaggi di posta verosimilmente presenti nel Cloud, ma cancellati dai dispositivi elettronici. E, di certo, Genchi non bluffa. Infatti il legale, un ex poliziotto convertito all’avvocatura a 51 anni e diventato cassazionista alla non più verde età di 64, seppur non sia un principe del foro o un penalista di fama, è considerato un informatico di livello internazionale. Ma questa specializzazione e l’esperienza da consulente di molte Procure italiane non è chiaro se sarà più utile al suo assistito o agli inquirenti.Santini sarebbe pronto a rispondere non solo sulle contestazioni contenute nell’avviso di garanzia, ma anche in ordine «a ulteriori fatti e circostanze di cui è a conoscenza e che ritiene utili all’accertamento della verità, anche in relazione a possibili condotte commesse da terzi soggetti (pubblici ufficiali e privati) in concorso con lui». Un messaggio in bottiglia che potrebbe essere indirizzato sia a Ricci che all’ex presunto sodale Stefano Esposto, suo ipotetico corruttore.La confessione, come rivelato alla Verità, potrebbe toccare anche altri «Sistemi», oltre a quello degli affidi facili, come le cene elettorali o il presunto finanziamento illecito della politica attraverso le sponsorizzazioni sportive o le attività ludiche dei circoli.Una confessione a 360 gradi che il «pentito» Santini e il suo avvocato sperano porti benefici processuali, anche se gli altri penalisti coinvolti nell’inchiesta ritengono la mossa del collega palermitano pericolosa, soprattutto se effettuata al buio, ovvero senza conoscere le carte in mano alla Procura. Ma evidentemente Genchi e il suo assistito, più che a ridurre al massimo il rischio di condanna, puntano a liberare la coscienza del quarantaduenne pesarese, in preda a un fortissimo stato d’ansia. Che avrebbe innescato il cambio di strategia. Dal silenzio tombale, Santini è passato alla sovraesposizione mediatica. La sua memoria è arrivata rapidamente nelle redazioni e sul sito dello studio Genchi vengono pubblicati in tempo reale gli articoli che citano l’avvocato smanettone. Una linea che preoccupa i 23 coindagati di Santini, anche quelli eccellenti. I quali, a partire da Ricci, staranno tremando dopo che Santini ha annunciato di volere «recidere ogni legame con i propri coindagati ed escludere ogni potenziale condizionamento delle proprie scelte difensive». Un one man show dal finale imprevedibile.