2020-07-12
Ricchi dividendi e zero seccature. I Benetton hanno vinto (altroché)
L'ipotesi di far scendere i signorotti di Treviso sotto il 50 per cento nella società Autostrade è in realtà un regalo: così si ritroveranno un'azienda risanata con i soldi dello Stato e senza i problemi di gestione.Scusate, ma forse non ho capito bene: sarebbe questa la Caporetto dei Benetton? La loro resa? Il passo indietro? La sconfitta? Cioè: la sconfitta sarebbe rimanere comunque soci di minoranza di un'azienda, quella delle autostrade, che loro hanno sfasciato e che ora viene rimessa in sesto con iniezione di denaro pubblico? Questo sarebbe il fio che devono pagare dopo tutto ciò che è successo? Quello di continuare a rimanere lì, incollati alla mammella dello Stato, intascando dividendi alla fine di ogni anno senza nemmeno avere i fastidi della gestione né le relative responsabilità? Abbiate pazienza: capisco che quando si leva il fumo delle formule finanziarie con annesse alchimie da partecipazioni azionarie, è facile confondere le carte in tavola. Ma far passare l'operazione «i Benetton scendono in Autostrade» come un valido compromesso, in alternativa alla revoca delle concessioni, è un po' come dire che, quando avete fame, un sasso bollito è un buon compromesso in alternativa all'arrosto di mammà. Mangiatelo se volete, ma poi non lamentatevi se vi fanno male i denti. In realtà sembra di rivedere i film del nostro peggior passato economico: come sempre infatti i nostri principi dell'impresa sedicente privata, dagli Agnelli ai Benetton, sono abituati a privatizzare i guadagni e a pubblicizzare le perdite. E fa un po' ridere che ci sia qualcuno che ancora acclama costoro come campioni del libero mercato. Ma quando mai? Sul libero mercato ci sta l'artigiano che investe i suoi danari, rischia in prima persona e se sbaglia fallisce. I signorotti di Treviso fanno il libero mercato con i soldi (e il culo) dei contribuenti. Infatti si sono fatti affidare dallo Stato le autostrade, cioè un bene pubblico che è sempre stato una gallina dalle uova d'oro. Si sono riempiti per anni le tasche di quattrini bistrattando il medesimo e lasciandolo deperire, cioè non facendo gli investimenti e le manutenzioni che erano previste e necessarie. E adesso che, in seguito alla tragedie e alle successive inchieste, quel bene è depauperato, e la società che lo gestisce è piena di debiti (10 miliardi di euro), loro che fanno? Ottengono che il risanamento avvenga con soldi pubblici, ma rimangono azionisti di minoranza. In modo da essere pronti a partecipare di nuovo al festino dei dividendi, appena si potrà. Non è meraviglioso? Mi chiedo dove sono tutti i difensori del liberismo. Come facciano a non capire che qualsiasi statalismo è meglio di questo pasticcio che si chiama statalismo a vantaggio dei privati. Tecnicamente l'operazione dovrebbe funzionare così: alla società Autostrade per l'Italia verrebbe confermata la concessione con alcune clausole di contorno (indennizzi da pagare, tariffe da non aumentare, etc). Ma nello stesso tempo Atlantia, la holding dei Benetton, scenderebbe sotto il 50 per cento in Autostrade per l'Italia (dall'88 per cento che ha ora). E come avverrebbe tutto ciò? Con un aumento di capitale, cui i Benetton non dovrebbero partecipare. E chi dovrebbe partecipare? Probabilmente Cassa depositi e prestiti. Cioè lo Stato. In questo modo, dicono le cronache entusiastiche del regimetto, la società Autostrade avrà i soldi per mettersi di nuovo in carreggiata. Ma certo: Autostrade avrà i soldi per mettersi di nuovo in carreggiata. Ma sono per l'appunto soldi pubblici. Che finiranno in un'azienda di cui la holding dei Benetton avrà ancora il 49 per cento delle azioni… Si capisce: i signorotti di Treviso perderanno il controllo gestionale della loro gallina dalle uova d'oro. Scendendo sotto il 50 per cento infatti non toccherà più a loro nominare gli amministratori. Non avranno più la governance, come dicono quelli che sanno. Ma anche qui, diciamola tutta: è davvero così disdicevole per Luciano e gli altri eredi del maglioncino perduto? È così sconveniente? In questi ultimi mesi, infatti, gli occhi della magistratura hanno cominciato, per fortuna, a guardare con attenzione tutte le inadempienze della società Autostrade. Anche i nuovi dirigenti, come si è visto, l'altro giorno sono stati indagati per attentati alla sicurezza per via dei pannelli antirumore. Bene. Anzi, male: i Benetton hanno gestito le autostrade nel periodo d'oro, quando potevano fare ciò che volevano e nessuno controllava. Ora che lo sfacelo, causato da anni di trascuratezza, finisce nel mirino, loro si sottraggono alle responsabilità. Mandano avanti qualcun altro. E si rincantucciano in un angolo ad aspettare che la slot machine del casello ricominci a pompare denaro illibato nelle loro tasche. Qualcuno la vuol chiamare ancora resa? In realtà i Benetton rischiano di vincere un'altra volta perché nessuno ha avuto il coraggio di fare l'unica cosa che bisognava fare: annullare la convenzione. C'è un indennizzo da pagare? Lo si contesta. È folle che rimanga l'indennizzo da pagare (seppur ridotto con il Milleproroghe a 7 miliardi di euro). Lo Stato non può pagare l'indennizzo a chi ha gestito così male un bene pubblico. Non vi pare? Per ragioni di forza maggiore possiamo chiudere le persone in casa, possiamo fermare bar, ristoranti e aziende, possiamo costringere al fallimento commercianti. E non possiamo dire ai Benetton che devono smettere di arricchirsi alle nostre spalle? Del resto nei giorni scorsi la Corte costituzionale ha stabilito che, date le circostanze e la tragedia del Morandi, era legittimo escludere la società dei Benetton dalla ricostruzione del medesimo ponte. E dunque: se è stato legittimo escluderla totalmente dalla ricostruzione, perché non dovrebbe essere legittimo escluderla totalmente dalla gestione? E invece no: sembra che a gestire le autostrade continuerà a essere la società dei Benetton, la quale società però sarà un po' meno dei Benetton. Sarà cioè dei Benetton in minoranza ma con i soldi dello Stato in maggioranza. Qualcuno vorrà farlo passare come il miglior compromesso possibile, ma è evidente che non è così. Immagino che a Treviso (o a Cortina?) staranno di nuovo festeggiando. Proprio come fecero in quel Ferragosto in cui il ponte crollò.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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