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2021-01-28
Responsabili in fuga. Il calciomercato di Giuseppi è un flop
Roberto Fico (Alessandro Di Meo/AM POOL/Getty Images)
Mai dire Maie: la crisi nera di Giuseppi è ben simboleggiata dalla tragicomica nascita, ieri in Senato, del famoso gruppo di muratori, carpentieri, costruttori e affini che avrebbe dovuto rappresentare la quarta gamba della maggioranza, portando dal centrodestra alla corte di Conte i senatori necessari a sostituire Italia viva. Bene (anzi, malissimo): i senatori del neonato gruppo «Europeisti-Maie-Centro democratico» hanno votato tutti la fiducia già lo scorso 19 gennaio, quando la maggioranza si fermò a quota 156, e ieri sono pure stati elegantemente scaricati dalla senatrice Sandra Lonardo Mastella, responsabile della prima ora. «Ricevo una telefonata da Renata Polverini», racconta la Lonardo alla Verità, «e vado a questa riunione. Trovo i senatori che mi danno un foglio per l'adesione. Neanche uno straccio di programma, di contenuti. Poi guardo il simbolo e vedo che non c'è solo quello del Maie, neutrale, ma anche quello di Centro democratico». E lei? «Chiedo: ma che ci azzecca? A quel punto ho detto niente da fare. Tra l'altro», infierisce la Lonardo, «questi sono tutti senatori che hanno già votato la fiducia, come continuerò a fare anch'io: nessuno in più. Conte farebbe bene a essere lui responsabile, a sedersi con Matteo Renzi, come facevano i big della Dc, a litigare tutta la notte e trovare una quadra. C'è un'Italia che sta morendo».
Dopo il «no grazie» della Mastella, per raggiungere il numero di dieci e costituire il gruppo, i costruttori camaleonti hanno dovuto chiedere in prestito al Pd la senatrice Tatiana Roijc. Gli altri nove componenti di questa insalata mista sono due ex Fi (Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin), un ex membro delle Autonomie (Gianni Marilotti) e altri sei provenienti dal Misto: Raffaele Fantetti, Maurizio Buccarella, Adriano Cario, Saverio De Bonis, Ricardo Merlo e Gregorio De Falco. Alla Camera, Centro democratico ieri è arrivato a 15 deputati, con l'ingresso dal Misto di Piera Aiello e Alessandra Ermellino, elette nel M5.
Tornando a Palazzo Madama, la Rossi ieri ha fatto circolare la voce di due senatori di Forza Italia sul punto di aderire già ieri mattina all'allegra brigata, ma manco a dirlo fino a ieri sera non ce n'era traccia. Il leader carismatico di questo variopinto gruppo contiano è Ricardo Merlo, fondatore del Maie (Movimento associativo italiani all'estero) eletto nella circoscrizione America meridionale. Su Merlo già piomba una grana. «Il sottosegretario Merlo», attacca il senatore di Fratelli d'Italia Giovanbattista Fazzolari, «sarebbe coinvolto in un gravissimo caso di conflitto di interessi che potrebbe aver esposto l'Italia a ingerenze straniere. Risulta infatti che il dottor Daniel Oscar Ramundo avrebbe ricoperto contemporaneamente il ruolo di segretario particolare del sottosegretario Merlo, e di deputato del Parlamento del Mercato comune dell'America meridionale. Dal curriculum di Ramundo pubblicato sul sito Mae risulta che si è dimesso dalla carica di deputato, ma sul sito del Mercosur si evince che sia rimasto deputato fino al 31 dicembre del 2020. Insomma, Merlo e Ramundo, oltre ad aver dichiarato il falso», aggiunge Fazzolari, «avrebbero esposto la nostra nazione a possibili ingerenze e interferenze straniere».
Traballa addirittura uno dei pilastri del neocontismo, il famoso senatore Lello Ciampolillo, trascinato al voto di fiducia in extremis la scorsa settimana: «Bisogna capire da chi sarà formato e sostenuto un eventuale Conte ter», spiega Ciampolillo a Un giorno da pecora, su Rai Radio 1, «deciderò tra oggi (ieri, ndr) e domani». Insomma, a Conte i conti non tornano, e anche per questo avanzano prepotentemente ipotesi alternative, come quelle di un incarico a Roberto Fico o Luigi Di Maio, con quest'ultimo che smentisce dissidi con Giuseppi e annuncia che il M5s alle consultazioni farà come «unico nome quello di Conte».
Se questo è l'avanzamento dei lavori dei costruttori, non resta che tornare a Canossa da Matteo Renzi. La senatrice Barbara Lezzi esplode su Facebook: «Non ci sto. Renzi deve restare fuori dal nuovo governo», scrive la Lezzi, «che deve essere presieduto da Conte. Abbiamo detto mai più con Renzi e questo deve avere un valore. Avanti con Conte e fuori Renzi. Altrimenti il M5s non ci sta». «Chapeau», commenta Alessandro Di Battista. Ovviamente, la stragrande maggioranza dei parlamentari pentastellati non è sulla stessa linea: pur di non tornare al voto, farebbero pace anche con Matteo Salvini. Renzi aspetta una mossa di Conte, che per ora non arriva, e su Facebook fa il vago: «Non è un problema delle singole persone», dice in un video l'ex Rottamatore, «in Parlamento assistiamo a un autentico scandalo, una gestione opaca, la creazione di gruppi improvvisati». Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, nel suo intervento in direzione (che poi approverà la sua proposta), sostiene Conte: «Io chiedo il mandato», dice Zingaretti, «sulla proposta a Mattarella di un incarico a Conte per dare vita a un governo che raccolga il suo appello a un nuovo governo europeista che possa contare su ampia base parlamentare. Il tema del rapporto con Iv non ha nulla a che vedere con il risentimento per il passato, ma di legittimi dubbi fondati per il futuro».
In questo caos, ha buon gioco il leader del centrodestra, Matteo Salvini, a tenere tutte le porte aperte per non terrorizzare con la prospettiva del voto anticipato eventuali transfughi: «Diremo a Mattarella no a questo teatrino», argomenta Salvini, «al mercato delle vacche. E no a un reincarico a Conte. Quando non ci sarà più questo signore a Palazzo Chigi ragioneremo di tutto il resto».
Dalla Dc alla Bonino senza problemi. Tabacci è il re dei cambiacasacca
Prima ancora che esistesse il noleggio a lunga durata, quella meravigliosa invenzione che consente di andare dappertutto su una bella macchina senza pagare bollo, assicurazione e manutenzione, esisteva solo Bruno Tabacci. Il regista dei «Costruttori per Giuseppi», presidente della formazione semiclandestina «Centro democratico», capace di prestare il simbolo a Emma Bonino come a Maria Rosaria Rossi, unico debole conosciuto le belle signore e il buon vino, non è solo un voltagabbana che fa la spola tra centrosinistra e centrodestra da almeno 20 anni. Non lo è per il semplice fatto che dopo Tangentopoli e la caduta della sua amata Dc, nulla è più stato serio, per uno come Tabacci. Tutti «nani politici», questi parvenu della seconda e terza Repubblica. Solo così, con questa alta opinione di sé, e con un'indiscussa onestà pecuniaria, si può capire il fenomeno «Sali e Tabacci», il bene indispensabile per ogni stagione politica.
Nato a Quistello, nel Mantovano, nel 1946, presidente della Regione Lombardia a soli 41 anni, Tabacci non ha la fluente e compatta chioma bianca da cavallo di razza democristiano, come Sergio Mattarella o Arnaldo Forlani, ma possiede una caratteristica ancora più tipica della vecchia Dc: è uguale identico a 25 anni fa. Però in un modo ambiguo, nel senso che quando lo guardi addentare i suoi amati ravioli con il tovagliolo bianco a coprire la cravatta rossa, alla maniera dei vecchi forchettoni dc, non capisci se aveva già 70 anni a 50, o viceversa.
È stato tutto, Tabacci. Fare un elenco scrupoloso delle sue poltrone e dei suoi andirivieni da un partitino all'altro sarebbe cadere nell'ipnosi. Basti dire che è stato nel centrodestra con Silvio Berlusconi e nel centrosinistra con Romano Prodi. Che ha fatto girare la testa a Francesco Rutelli e Pier Ferdinando Casini, con le sue piroette. Che è stato il Torquemada anti banche ai tempi delle scalate del 2006 e del governatore Antonio Fazio, che non sopportava. E quando sembrava scomparso, è andato a fare l'assessore al Bilancio a Milano nella giunta di Giuliano Pisapia.
Più interessante ricordare che è stato allievo di Giovanni Marcora, ministro dell'Agricoltura al quale ha fatto, giovanissimo, anche da addetto stampa. Una capacità che ha messo a frutto per mezzo secolo, perché «Brunone» è amico di tutti i cronisti, ha un senso della notizia innato e un'analisi raffinata e puntuale per ogni linea editoriale.
Più interessanti i rapporti di Tabacci con gli editori e con quel che resta dei poteri forti italiani, visto che nel 2007 è stato capace di presentare un disegno di legge per impedire alle banche di avere partecipazioni nei giornali. Nella sua lunga carriera, oltre a essere stato consigliere di Eni, Snam ed Efibanca, nonché presidente di AutoCisa, ha saputo intrattenere buoni rapporti con la finanza cattolica come con quella laica. È sempre stato in amicizia con Giovanni Bazoli, fondatore di Intesa, Alessandro Profumo, Romano Prodi, Carlo De Benedetti e perfino con Francesco Gaetano Caltagirone. Mentre non ha mai nascosto una scarsa simpatia per Silvio Berlusconi e Cesare Geronzi. Il primo sempre trattato come un parvenue della politica. Il secondo individuato come il suggeritore dell'ex governatore Fazio.
Due anni fa, quando ha concesso l'uso di simbolo e firme del suo Centro democratico a un'anticlericale come Emma Bonino, i suoi nemici ne hanno ricavato che non sia cattolico come ha sempre detto. Lui alza le spalle e mantiene una «dottrina Tabacci» anche sui diritti civili: è favorevole ai matrimoni gay, ma non alle adozioni. Del resto, non è poi un tema che lo riguardi da vicino. Separato da molti anni, Tabacci ha avuto una lunga relazione con Angiola Armellini, figlia del costruttore romano Renato, che poco dopo la fine della storia con lui è stata accusata dal Fisco di aver nascosto la bellezza di 1.243 appartamenti. Sicuramente non si era consigliata con l'ex fidanzato, capace di uscire immacolato da Mani pulite dopo sette anni di calvario giudiziario. Se davvero è l'ideologo dei Costruttori per Giuseppi, con la scusa del Recovery da arraffare, gli toccherà armarsi di tanta pazienza. I nuovi compagni di viaggio, nella sua amata prima Repubblica, sarebbe rimasti al consorzio agrario.
Il Colle scalda i motori con Fico e la Casellati. Il bello però viene oggi
Nel primo giorno delle consultazioni, l'impegno maggiore per il capo dello Stato non è arrivato dal confronto con gli interlocutori in calendario, bensì dalla definizione del calendario stesso. Ad aprire il nutrito programma degli incontri, come da prassi, sono stati i presidenti del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, e della Camera, Roberto Fico, oltre al presidente emerito, Giorgio Napolitano, via telefono.
Di norma, si tratta di colloqui improntati al galateo istituzionale e non al merito delle questioni politiche: ieri mezz'ora con ciascuno, al termine del quale la Casellati ha preferito non rilasciare dichiarazioni ufficiali, mentre Fico (considerato uno dei «papabili» per un eventuale mandato esplorativo) si è limitato a salutare i presenti, augurando loro buon lavoro e affermando che «siamo tutti al lavoro per il bene dell'Italia». Ma mentre si apprestava ad aprire il suo nono giro di consultazioni, Sergio Mattarella ha dovuto ancora una volta mettere in pratica le riconosciute doti di pazienza, attendendo la conclusione della sofferta gestazione del nuovo gruppo di Responsabili-Europeisti, voluto a tutti i costi dal premier, Giuseppe Conte, per far affluire in maggioranza eventuali transfughi dei gruppi d'opposizione. Si è trattato, però, di un travaglio talmente duro e per il momento infruttuoso, che al Senato il nuovo gruppo ha potuto vedere la luce in extremis e solo grazie a un trasloco forzato della senatrice dem Tatjana Rojc. Tanto che gli uffici del Quirinale hanno dovuto inserire il gruppo «Eu-Maie-Cd» in agenda, quando in realtà il quadro degli incontri era stato già definito. In ogni caso, gli aspiranti salvatori di Conte esordiranno stamani alle 11.50, nel mezzo della pletora delle componenti del gruppo Misto di Montecitorio e Palazzo Madama.
È chiaro a tutti, in ogni caso, che l'ora X delle consultazioni scoccherà alle 17.30 di oggi quando al Colle salirà Matteo Renzi con i suoi e (forse) scoprirà le carte sulle sue intenzioni riguardo al futuro del premier dimissionario. Quanto a ieri, l'attenzione dei più è stata catturata non tanto dagli esiti degli incontri istituzionali, bensì dall'inedito contesto in cui cronisti, fotografi e operatori si sono dovuti muovere a causa del Covid: non più la consueta Sala alla Vetrata, con la famigerata porta da cui escono i leader politici e lo stesso presidente per informare degli esiti delle riunioni, ma il grande Salone delle Feste, che normalmente ospita i giuramenti dei governi. Sempre per motivi di distanziamento, l'accesso dei giornalisti è stato regolato con l'altrettanto inedita e bizzarra formula del sorteggio e della successiva rotazione. E proprio i pochi giornalisti presenti sono stati l'oggetto di un fuori programma, quando Mattarella, prima di aprire ufficialmente gli incontri, ha fatto capolino per salutarli e ha parlato di una «situazione particolare», forse alludendo non solo alla pandemia ma anche al contesto politico.
Dopo Iv, oggi a salire al Colle saranno i parlamentari del Pd, mentre domani pomeriggio sarà il turno della delegazione unitaria del centrodestra e, a chiudere, di M5s.
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Pure Lady Mastella dà buca agli Europeisti. Matteo Renzi: «Scandalo gruppi improvvisati». Matteo Salvini: «Via l'avvocato e ragioniamo».Il leader di Centro democratico è riuscito a stare col Cav e con Romano Prodi. Ora tesse per i 5s.Sergio Mattarella dà il via alle consultazioni e il pentastellato non si trattiene: «Al lavoro per l'Italia». Attesa per Iv.Lo speciale contiene tre articoli.Mai dire Maie: la crisi nera di Giuseppi è ben simboleggiata dalla tragicomica nascita, ieri in Senato, del famoso gruppo di muratori, carpentieri, costruttori e affini che avrebbe dovuto rappresentare la quarta gamba della maggioranza, portando dal centrodestra alla corte di Conte i senatori necessari a sostituire Italia viva. Bene (anzi, malissimo): i senatori del neonato gruppo «Europeisti-Maie-Centro democratico» hanno votato tutti la fiducia già lo scorso 19 gennaio, quando la maggioranza si fermò a quota 156, e ieri sono pure stati elegantemente scaricati dalla senatrice Sandra Lonardo Mastella, responsabile della prima ora. «Ricevo una telefonata da Renata Polverini», racconta la Lonardo alla Verità, «e vado a questa riunione. Trovo i senatori che mi danno un foglio per l'adesione. Neanche uno straccio di programma, di contenuti. Poi guardo il simbolo e vedo che non c'è solo quello del Maie, neutrale, ma anche quello di Centro democratico». E lei? «Chiedo: ma che ci azzecca? A quel punto ho detto niente da fare. Tra l'altro», infierisce la Lonardo, «questi sono tutti senatori che hanno già votato la fiducia, come continuerò a fare anch'io: nessuno in più. Conte farebbe bene a essere lui responsabile, a sedersi con Matteo Renzi, come facevano i big della Dc, a litigare tutta la notte e trovare una quadra. C'è un'Italia che sta morendo». Dopo il «no grazie» della Mastella, per raggiungere il numero di dieci e costituire il gruppo, i costruttori camaleonti hanno dovuto chiedere in prestito al Pd la senatrice Tatiana Roijc. Gli altri nove componenti di questa insalata mista sono due ex Fi (Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin), un ex membro delle Autonomie (Gianni Marilotti) e altri sei provenienti dal Misto: Raffaele Fantetti, Maurizio Buccarella, Adriano Cario, Saverio De Bonis, Ricardo Merlo e Gregorio De Falco. Alla Camera, Centro democratico ieri è arrivato a 15 deputati, con l'ingresso dal Misto di Piera Aiello e Alessandra Ermellino, elette nel M5. Tornando a Palazzo Madama, la Rossi ieri ha fatto circolare la voce di due senatori di Forza Italia sul punto di aderire già ieri mattina all'allegra brigata, ma manco a dirlo fino a ieri sera non ce n'era traccia. Il leader carismatico di questo variopinto gruppo contiano è Ricardo Merlo, fondatore del Maie (Movimento associativo italiani all'estero) eletto nella circoscrizione America meridionale. Su Merlo già piomba una grana. «Il sottosegretario Merlo», attacca il senatore di Fratelli d'Italia Giovanbattista Fazzolari, «sarebbe coinvolto in un gravissimo caso di conflitto di interessi che potrebbe aver esposto l'Italia a ingerenze straniere. Risulta infatti che il dottor Daniel Oscar Ramundo avrebbe ricoperto contemporaneamente il ruolo di segretario particolare del sottosegretario Merlo, e di deputato del Parlamento del Mercato comune dell'America meridionale. Dal curriculum di Ramundo pubblicato sul sito Mae risulta che si è dimesso dalla carica di deputato, ma sul sito del Mercosur si evince che sia rimasto deputato fino al 31 dicembre del 2020. Insomma, Merlo e Ramundo, oltre ad aver dichiarato il falso», aggiunge Fazzolari, «avrebbero esposto la nostra nazione a possibili ingerenze e interferenze straniere». Traballa addirittura uno dei pilastri del neocontismo, il famoso senatore Lello Ciampolillo, trascinato al voto di fiducia in extremis la scorsa settimana: «Bisogna capire da chi sarà formato e sostenuto un eventuale Conte ter», spiega Ciampolillo a Un giorno da pecora, su Rai Radio 1, «deciderò tra oggi (ieri, ndr) e domani». Insomma, a Conte i conti non tornano, e anche per questo avanzano prepotentemente ipotesi alternative, come quelle di un incarico a Roberto Fico o Luigi Di Maio, con quest'ultimo che smentisce dissidi con Giuseppi e annuncia che il M5s alle consultazioni farà come «unico nome quello di Conte». Se questo è l'avanzamento dei lavori dei costruttori, non resta che tornare a Canossa da Matteo Renzi. La senatrice Barbara Lezzi esplode su Facebook: «Non ci sto. Renzi deve restare fuori dal nuovo governo», scrive la Lezzi, «che deve essere presieduto da Conte. Abbiamo detto mai più con Renzi e questo deve avere un valore. Avanti con Conte e fuori Renzi. Altrimenti il M5s non ci sta». «Chapeau», commenta Alessandro Di Battista. Ovviamente, la stragrande maggioranza dei parlamentari pentastellati non è sulla stessa linea: pur di non tornare al voto, farebbero pace anche con Matteo Salvini. Renzi aspetta una mossa di Conte, che per ora non arriva, e su Facebook fa il vago: «Non è un problema delle singole persone», dice in un video l'ex Rottamatore, «in Parlamento assistiamo a un autentico scandalo, una gestione opaca, la creazione di gruppi improvvisati». Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, nel suo intervento in direzione (che poi approverà la sua proposta), sostiene Conte: «Io chiedo il mandato», dice Zingaretti, «sulla proposta a Mattarella di un incarico a Conte per dare vita a un governo che raccolga il suo appello a un nuovo governo europeista che possa contare su ampia base parlamentare. Il tema del rapporto con Iv non ha nulla a che vedere con il risentimento per il passato, ma di legittimi dubbi fondati per il futuro». In questo caos, ha buon gioco il leader del centrodestra, Matteo Salvini, a tenere tutte le porte aperte per non terrorizzare con la prospettiva del voto anticipato eventuali transfughi: «Diremo a Mattarella no a questo teatrino», argomenta Salvini, «al mercato delle vacche. E no a un reincarico a Conte. 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Nato a Quistello, nel Mantovano, nel 1946, presidente della Regione Lombardia a soli 41 anni, Tabacci non ha la fluente e compatta chioma bianca da cavallo di razza democristiano, come Sergio Mattarella o Arnaldo Forlani, ma possiede una caratteristica ancora più tipica della vecchia Dc: è uguale identico a 25 anni fa. Però in un modo ambiguo, nel senso che quando lo guardi addentare i suoi amati ravioli con il tovagliolo bianco a coprire la cravatta rossa, alla maniera dei vecchi forchettoni dc, non capisci se aveva già 70 anni a 50, o viceversa. È stato tutto, Tabacci. Fare un elenco scrupoloso delle sue poltrone e dei suoi andirivieni da un partitino all'altro sarebbe cadere nell'ipnosi. Basti dire che è stato nel centrodestra con Silvio Berlusconi e nel centrosinistra con Romano Prodi. Che ha fatto girare la testa a Francesco Rutelli e Pier Ferdinando Casini, con le sue piroette. Che è stato il Torquemada anti banche ai tempi delle scalate del 2006 e del governatore Antonio Fazio, che non sopportava. E quando sembrava scomparso, è andato a fare l'assessore al Bilancio a Milano nella giunta di Giuliano Pisapia. Più interessante ricordare che è stato allievo di Giovanni Marcora, ministro dell'Agricoltura al quale ha fatto, giovanissimo, anche da addetto stampa. Una capacità che ha messo a frutto per mezzo secolo, perché «Brunone» è amico di tutti i cronisti, ha un senso della notizia innato e un'analisi raffinata e puntuale per ogni linea editoriale. Più interessanti i rapporti di Tabacci con gli editori e con quel che resta dei poteri forti italiani, visto che nel 2007 è stato capace di presentare un disegno di legge per impedire alle banche di avere partecipazioni nei giornali. Nella sua lunga carriera, oltre a essere stato consigliere di Eni, Snam ed Efibanca, nonché presidente di AutoCisa, ha saputo intrattenere buoni rapporti con la finanza cattolica come con quella laica. È sempre stato in amicizia con Giovanni Bazoli, fondatore di Intesa, Alessandro Profumo, Romano Prodi, Carlo De Benedetti e perfino con Francesco Gaetano Caltagirone. Mentre non ha mai nascosto una scarsa simpatia per Silvio Berlusconi e Cesare Geronzi. Il primo sempre trattato come un parvenue della politica. Il secondo individuato come il suggeritore dell'ex governatore Fazio. Due anni fa, quando ha concesso l'uso di simbolo e firme del suo Centro democratico a un'anticlericale come Emma Bonino, i suoi nemici ne hanno ricavato che non sia cattolico come ha sempre detto. Lui alza le spalle e mantiene una «dottrina Tabacci» anche sui diritti civili: è favorevole ai matrimoni gay, ma non alle adozioni. Del resto, non è poi un tema che lo riguardi da vicino. Separato da molti anni, Tabacci ha avuto una lunga relazione con Angiola Armellini, figlia del costruttore romano Renato, che poco dopo la fine della storia con lui è stata accusata dal Fisco di aver nascosto la bellezza di 1.243 appartamenti. Sicuramente non si era consigliata con l'ex fidanzato, capace di uscire immacolato da Mani pulite dopo sette anni di calvario giudiziario. Se davvero è l'ideologo dei Costruttori per Giuseppi, con la scusa del Recovery da arraffare, gli toccherà armarsi di tanta pazienza. 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Ad aprire il nutrito programma degli incontri, come da prassi, sono stati i presidenti del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, e della Camera, Roberto Fico, oltre al presidente emerito, Giorgio Napolitano, via telefono. Di norma, si tratta di colloqui improntati al galateo istituzionale e non al merito delle questioni politiche: ieri mezz'ora con ciascuno, al termine del quale la Casellati ha preferito non rilasciare dichiarazioni ufficiali, mentre Fico (considerato uno dei «papabili» per un eventuale mandato esplorativo) si è limitato a salutare i presenti, augurando loro buon lavoro e affermando che «siamo tutti al lavoro per il bene dell'Italia». Ma mentre si apprestava ad aprire il suo nono giro di consultazioni, Sergio Mattarella ha dovuto ancora una volta mettere in pratica le riconosciute doti di pazienza, attendendo la conclusione della sofferta gestazione del nuovo gruppo di Responsabili-Europeisti, voluto a tutti i costi dal premier, Giuseppe Conte, per far affluire in maggioranza eventuali transfughi dei gruppi d'opposizione. Si è trattato, però, di un travaglio talmente duro e per il momento infruttuoso, che al Senato il nuovo gruppo ha potuto vedere la luce in extremis e solo grazie a un trasloco forzato della senatrice dem Tatjana Rojc. Tanto che gli uffici del Quirinale hanno dovuto inserire il gruppo «Eu-Maie-Cd» in agenda, quando in realtà il quadro degli incontri era stato già definito. In ogni caso, gli aspiranti salvatori di Conte esordiranno stamani alle 11.50, nel mezzo della pletora delle componenti del gruppo Misto di Montecitorio e Palazzo Madama. È chiaro a tutti, in ogni caso, che l'ora X delle consultazioni scoccherà alle 17.30 di oggi quando al Colle salirà Matteo Renzi con i suoi e (forse) scoprirà le carte sulle sue intenzioni riguardo al futuro del premier dimissionario. Quanto a ieri, l'attenzione dei più è stata catturata non tanto dagli esiti degli incontri istituzionali, bensì dall'inedito contesto in cui cronisti, fotografi e operatori si sono dovuti muovere a causa del Covid: non più la consueta Sala alla Vetrata, con la famigerata porta da cui escono i leader politici e lo stesso presidente per informare degli esiti delle riunioni, ma il grande Salone delle Feste, che normalmente ospita i giuramenti dei governi. Sempre per motivi di distanziamento, l'accesso dei giornalisti è stato regolato con l'altrettanto inedita e bizzarra formula del sorteggio e della successiva rotazione. E proprio i pochi giornalisti presenti sono stati l'oggetto di un fuori programma, quando Mattarella, prima di aprire ufficialmente gli incontri, ha fatto capolino per salutarli e ha parlato di una «situazione particolare», forse alludendo non solo alla pandemia ma anche al contesto politico. Dopo Iv, oggi a salire al Colle saranno i parlamentari del Pd, mentre domani pomeriggio sarà il turno della delegazione unitaria del centrodestra e, a chiudere, di M5s.
Quanto è probabile una collisione tra satelliti? E quanti ce ne sono oggi in orbita terrestre? Ecco la storia del primo incidente cosmico.
(IStock)
Ragazzi con problemi, con difficoltà di relazione e anche di identità che, prima ancora di raggiungere la maturità, venivano considerati affetti da quella che si definisce disforia di genere e per questo avviati a una cura irreversibile. Bloccare la pubertà, impedendo, con l’assunzione di farmaci, la produzione di ormoni e la crescita della barba o del seno, il cambiamento della voce o l’arrotondamento delle forme, la crescita affettiva e la stabilità psicologica non è un gioco. È un passo che può condizionare e rovinare per sempre la vita.
Basta infatti leggere le risultanze della commissione d’inchiesta che indagò sulla clinica Tavistock di Londra, una delle prime in Europa a specializzarsi nel cambio di sesso e nelle cure nei confronti di minorenni con disforia di genere. Per anni nella capitale inglese un gruppo di medici ha somministrato con assoluta facilità e noncuranza la triptorelina ai bambini, con la stessa leggerezza con cui certi dottori suggeriscono di prendere l’aspirina. Ma il cambio di sesso non è un’influenza o un malanno passeggero, bensì una scelta fondamentale, che anche quando non si conclude con un intervento chirurgico per modificare il genere sessuale lascia scompensi profondi e disturbi gravi. Nonostante ciò, per anni la Tavistock ha «curato» i problemi sessuali dei minori in questo modo. Senza capire le ragioni delle difficoltà, senza indagare troppo sulle cause, ma pensando che un farmaco potesse rimettere a posto le cose che la natura aveva sbagliato. Per decenni si è pensato che la pillola del cambio di sesso rappresentasse la felicità per migliaia di adolescenti. Poi, in seguito a denunce, ripensamenti e qualche suicidio, qualcuno ha cominciato a riflettere e pentirsi. Sono stati gli stessi medici a rendersi conto che dare la triptorelina ai ragazzini senza aspettare che fossero adulti e senza comprendere davvero da che cosa originasse il loro disturbo fosse una scelta pericolosa. Oggi, dopo molte contestazioni e altrettanti rimorsi degli stessi medici, la Tavistock è stata chiusa e il servizio sanitario inglese ha avviato una profonda revisione del sistema che consentiva con facilità l’accesso al cambio di sesso per i minorenni.
Purtroppo da noi le mode arrivano con ritardo e dunque ciò che in Gran Bretagna oggi è noto e quindi maneggiato con estrema cautela, in Italia resta ignoto e quindi la novità è che negli ospedali italiani si «curano» i ragazzini affetti da disforia di genere come dieci o vent’anni fa si curavano a Londra, cioè imbottendoli di farmaci, avviandoli verso un percorso di cui più tardi potrebbero pentirsi. Una bambina di 13 anni a La Spezia, dopo il trattamento a suon di farmaci per bloccare la pubertà, è stata autorizzata dal tribunale al cambio di sesso. Avviata verso un futuro incerto. Del resto, se la moda, di Vanity Fair e della comunità Lgbt, ritiene che, anche quando si è minorenni, mutare l’identità sessuale sia un diritto, un passo verso la liberazione sessuale e il futuro, dunque un fenomeno da accogliere positivamente, rivestendo gli adolescenti con capi firmati, si capisce che questi bambini dal sesso indefinito fanno «tendenza». Un po’ come il colore burgundy o le pellicce ecologiche, che quest’anno trionfano sulle passerelle.
Certo, colpisce che ad autorizzare l’assunzione di farmaci che bloccano la pubertà e anche l’intervento chirurgico per trasformare una ragazza in un ragazzo e viceversa sia un tribunale, mentre un altro tribunale non autorizza tre bambini a ritornare a casa con i propri genitori solo perché la casetta nel bosco dove hanno vissuto finora non ha la luce e l’acqua corrente. I minori sono liberi di decidere di cambiare sesso, ma non sono liberi di vivere facendo il bagno nella tinozza. Se diventano transgender vanno bene a giudici, giornalisti e stilisti. Se si divertono a giocare in un prato, senza seguire le mode, compresa quella per cui l’identità sessuale è una convenzione che si può cambiare a piacimento, allora vanno tolti ai legittimi genitori affinché imparino come si sta al mondo.
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Danila Solinas e Marco Femminella, legali della famiglia Trevallion-Birmingham (Getty Images)
Venerdì 19 dicembre i giudici abruzzesi hanno respinto il ricorso presentato dai legali di Catherine Birmingham e Nathan Trevallion per chiedere la revoca della sospensione della potestà genitoriale. Quel pronunciamento doveva restituire i due gemellini e la bimba di otto anni alla famiglia per far sì che festeggiassero il Natale insieme. E invece no: devono restare nella casa famiglia di Chieti per via di un broncospasmo. Pare incredibile, ma è così: sembra una sorta di accanimento terapeutico che diventa legal-burocratico. I giudici dell’Aquila hanno sentenziato che il decreto con cui il 20 novembre i bambini sono stati sottratti a mamma e papà è ampiamente motivato e che permangono le condizioni che giustificano il provvedimento. Per due ragioni. La prima è che «le valutazioni di idoneità contrastano in modo eclatante con le condizioni di istruzione verificate dopo l’inserimento in casa famiglia, ove è emerso che la bambina non sa leggere e scrivere, né in inglese né in italiano». Dunque il ministero dell’Istruzione ha certificato il falso? Se è così perché i giudici non inviano gli atti alla Procura? La seconda ragione è perché «una bronchite acuta con broncospasmo non segnalata e non curata dai genitori» avvalora la tesi che i bambini non siano assistiti a dovere.
Però anche i giudici si devono essere accorti che la vicenda della «casa nel bosco» non attira su di loro troppe simpatie così aprono uno spiraglio che è una sorta di carpiato con triplo avvitamento, ma che potrebbe dare un esito felice nelle prossime ore. Nel rimandare il fascicolo ai giudici del tribunale dei minori la Corte d’Appello ha stabilito che i tre bambini dovranno essere di nuovo ascoltati senza il condizionamento né dei genitori, ma neppure degli assistenti sociali. «L’audizione», scrivono i giudici, «non è un atto istruttorio, ma un diritto del minore: è assicurata la libertà di autodeterminarsi e di esprimere la propria opinione». I difensori di Catherine e Nathan - che in questi giorni non ha potuto vedere i figli per i vincoli del rigidissimo calendario burocratico, ma che sta allestendo per la festa la nuova casa messa a disposizione da Armando Carusi -, gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas, hanno prodotto nuove prove sulla capacità di socializzare dei bambini e hanno illustrato le ampie aperture che i genitori hanno fatto. Acconsentono a completare i cicli vaccinali; accettano la presenza di una maestra che, pur nell’ambito dell’istruzione imparata a casa, assista i bambini; hanno deciso di ristrutturare la vecchia casa in contrada Mondola e dunque non si vede perché non restituire loro la patria potestà. L’ascolto dei bambini diventa decisivo. Un passo avanti ci sarà quindi fra oggi e domani perché si potrebbe arrivare a concedere che i tre piccoli tornino a casa per Natale senza tuttavia che venga revocata la sospensione della potestà genitoriale. Su questa ipotesi si sarebbero espressi favorevolmente l’avvocato Marika Bolognese la tutrice Maria Luisa Palladino che per conto del Tribunale «per» i minori stanno seguendo la brutta favola della famiglia nel bosco.
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(IStock)
Tecnologia e innovazione, poi, vanno in scena nel centro di intrattenimento multidisciplinare Area15, che ha di recente ampliato la sua offerta con nuove installazioni di realtà virtuale e aumentata, rendendo ogni visita un’esperienza immersiva e coinvolgente. Qui si può vivere il brivido di un viaggio nello spazio, partecipare a giochi interattivi o assistere a performance artistiche che uniscono arte, musica e tecnologia.
Per chi cerca un’esperienza più avventurosa, sono state inaugurate nuove attrazioni come il Flyover Las Vegas, un’attività di volo simulato che permette di sorvolare paesaggi spettacolari di tutto il mondo, e la Zero Gravity Experience, un volo parabolico che permette di provare la sensazione di assenza di gravità. L’High Roller presso il Linq Hotel è uno straordinario esempio di architettura e ingegneria moderna. Con un’altezza di 167 metri, questa meraviglia di vetro e acciaio è la ruota panoramica più alta degli Stati Uniti e la seconda più alta del mondo. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Las Vegas, la città che non dorme mai, rappresenta da decenni uno dei poli turistici più iconici al mondo. Famosa per i suoi casinò sfavillanti, i suoi spettacoli di livello mondiale e la vita notturna sfrenata, questa città del Nevada ha saputo reinventarsi nel tempo, offrendo ai visitatori esperienze sempre nuove e coinvolgenti.
Uno degli aspetti più evidenti delle novità della città riguarda il settore alberghiero. Accanto ai famosissimi e spettacolari Caesars Palace; Circus Circus, Bellagio, Paris, The Venetian, la destinazione ha visto l’apertura di hotel di lusso e resort innovativi, capaci di attirare un pubblico sempre più eterogeneo. Tra i progetti più importanti va segnalato il Resorts World Las Vegas, un complesso di oltre 6.000 camere che combina tecnologia all’avanguardia, design sostenibile e un’offerta di intrattenimento di livello superiore. Questo resort si distingue per le sue strutture eco-compatibili, tra cui sistemi di risparmio energetico e gestione sostenibile delle risorse idriche.
D’altronde Las Vegas è nata negli anni Cinquanta dal nulla in mezzo al deserto al termine dalla «Valle della Morte» e, grazie alla monumentale diga di Hoover, è completamente autonoma dal punto di vista di acqua ed energia per tutte le luci, i neon, le insegne e la potente aria condizionata che consente di resistere anche a temperature esterne che raggiungono i cinquanta gradi.
L’attrazione più popolare della città è il Las Vegas Boulevard, comunemente noto come The Strip. Tutti i nuovi e lussuosi casinò sono costruiti su questa strada.
Nel centro della città «vecchia» degli anni Cinquanta ci sono, invece, alcuni hotel e casinò più retrò. Qui una delle attrazioni più distintive dell’area urbana è Fremont Street. Questa strada ha un enorme schermo sul soffitto dove vengono proiettate immagini di ogni tipo, e offre anche una divertente zipline, che permette di restare sospesi in aria da un’estremità all’altra della strada.
La parte di ristorazione è davvero molto variegata e va dai ristoranti gourmet a quelli etnici. Molti i piatti interessanti, nessuno a buon mercato. Ovviamente, come in tutti gli Stati Uniti, si trovano fast food a ogni angolo per chi non vole spendere troppo. Tra questi, l’ottimo e moderno Washin Patato at Fontainebleau o al Stubborn Seed at Resorts World.
Per raggiungere Las Vegas una delle combinazioni più interessanti è quella con la compagnia aerea Condor (www.condor.com/it) via Francoforte con ottimi orari di volo, coincidenze e comodità a bordo. Per maggiori informazioni sulla destinazione: www.lvcva.com.
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