2019-11-12
Report falsi dopo il disastro Morandi. Sospesi 10 ex dirigenti e tecnici Spea
La società si occupava di manutenzione e monitoraggio delle infrastrutture per Autostrade per l'Italia. Secondo l'accusa non sarebbero state eseguite le ispezioni dei cassoni di ponti e viadotti in mezzo Paese.Avrebbero continuato a taroccare i report sulla sicurezza di ponti e viadotti della rete gestita da Autostrade per l'Italia anche dopo il crollo del Ponte Morandi. Di indomiti i magistrati della Procura di Genova ne avevano contati undici. E per loro avevano chiesto l'interdizione dalle attività professionali per un anno. In dieci (una delle richieste è stata rigettata) ora rischiano di dover stare lontani dai loro uffici (anche se l'ultima parola spetta alla Cassazione). Senza fare una piega, secondo l'accusa, tecnici e dirigenti di Spea, il braccio operativo di Aspi, avrebbero continuato a non ispezionare i cassoni (i tunnel sotto il manto stradale) offrendo una valutazione della salute delle strutture senza avere valutato un elemento che gli investigatori considerano molto importante. Sono stati i giudici del Riesame a dare ragione al pubblico ministero Walter Cotugno, che si era visto rigettare per due volte dal gip Angela Nutini il provvedimento. Nella proposta originaria il pm chiedeva, oltre alle interdizioni, anche alcuni arresti. Al Riesame, invece, ha avanzato per tutti la stessa richiesta, depositando anche il materiare raccolto durante le perquisizioni effettuate un mese fa. Come quello sequestrato dagli investigatori della Guardia di finanza a casa e negli uffici di Antonino Galatà, che fino a un paio di mesi fa era amministratore delegato di Spea. Le interdittive, oltre che Galatà, riguardano il dirigente Massimiliano Giacobbe e i tecnici Serena Alemanno, Carlo Boccone, Carlo Casini, Carlo Grazioso Alioto, Giorgio Melandri, Giampaolo Nebbia, Fabio Sanetti e Marco Vezil. I loro nomi si aggiungono a quelli dei tre arrestati a settembre e degli altri sei interdetti per i falsi report sui viadotti Paolillo (A16, Puglia) e Pecetti (A26, Liguria).I finanzieri hanno riscontrato gli stessi criteri di valutazione per i viadotti liguri Pecetti e Gargassa, sulla A26; per il Sei Luci, sulla bretella che collega la A7 alla A10, i ponti Bisagno e il Veilino, sulla A12. Poi il Teiro, a Varazze. Ma anche per il viadotto Paolillo, sulla A16 Napoli-Canosa, per il Moro, sulla A14 Bologna-Bari, all'altezza di Ortona e per il Sarno, sulla A30 Caserta-Salerno. Verifiche sul campo, insomma, come confermato nei mesi scorsi dalle testimonianze di alcuni tecnici e come anticipato a settembre da La Verità, non ne venivano fatte da almeno cinque anni, per diversi motivi. Per esempio c'erano problemi con le botole d'ingresso ai cassoni e Spea stava aggiornando le procedure di accesso dopo alcune novità normative in tema di sicurezza sul lavoro. Senza buttare un occhio all'interno, quindi, i cassoni si beccavano un bel 50. Che ovviamente era falso. E, così, le informazioni arrivate in Procura si sono trasformate in nuove ipotesi investigative: gli indagati non solo avrebbero edulcorato le relazioni, ma addirittura sembra che abbiano assegnato voti a casaccio. E senza aver mai effettuato i controlli. «Si è assistito e si assiste», secondo il pm, «a una sistematica violazione delle norme tese a garantire la sicurezza della circolazione stradale e a una altrettanto sistematica falsificazione degli atti pubblici volti ad attestare le attività di sorveglianza effettuate e l'esito delle stesse». Era stato proprio il gip a evidenziare che «la normativa, oltre che il buon senso, impone di ispezionare le opere d'arte in ogni loro componente, sia esternamente sia all'interno degli spazi cavi». Ma non aveva ritenuto necessario impedire agli indagati di continuare a lavorare. A quel punto il pm ha rimarcato che «l'ispettore non può che osservare da terra alla distanza di decine e decine di metri le pareti esterne dei cassoni per quanto visibili».A dare un peso maggiore alle ipotesi della Procura ci sono le testimonianze dell'ispettore del ministero dei Trasporti, Placido Migliorino, l'uomo che nelle intercettazioni era definito da alcuni indagati «il cane da guardia». Da Spea avevano provato a imbrogliare anche lui: «Ricordo», ha riferito Migliorino ai magistrati, «che ho preliminarmente chiesto alla società concessionaria e Spea se anche all'interno dei cassoni procedevano a effettuare le visite trimestrali imposte dalla circolare. Mi è stato risposto in modo positivo con esplicita attestazione dei verbali. Tuttavia, ho richiesto ulteriori prove documentali che attestassero l'effettivo svolgimento delle ispezioni all'interno dei cassoni. Autostrade e Spea hanno risposto che non disponevano di ulteriori riscontri documentali». E allora l'ispettore è andato sul posto. Poi, sentito dai magistrati, ha verbalizzato: «Ho trovato in determinate occasioni dei difetti che non erano stati indicati nei verbali di ispezione». Inoltre, alcune di quelle ispezioni all'interno dei cassoni non potevano essere state eseguite con cadenza trimestrale, «perché non era stato utilizzato il by bridge, mezzo meccanico che costituiva l'unico modo di accesso ai cassoni».