2019-03-28
Renzi senior e il traffico d’influenze. Può riaprirsi pure l’indagine romana
A Firenze avanza l'inchiesta sulle frequentazioni a Palazzo Chigi, già al centro del caso Consip, da parte del gruppo di amici del padre dell'ex premier. L'avvocato dell'indagato: «Va capita competenza territoriale».L'indagine per traffico di influenze illecite nei confronti di Tiziano Renzi e dell'imprenditore Luigi Dagostino, dopo lo scoop di Panorama che ne ha rivelato l'esistenza, procede senza conferme ufficiali da parte della Procura di Firenze. In queste ore la pm Christine von Borries sta ricevendo le informative relative agli accertamenti richiesti alla Guardia di finanza e sta ascoltando i principali testimoni. Questo pomeriggio sarà sentito anche uno dei due indagati, Dagostino. Il suo avvocato, Alessandro Traversi, pur non considerando la contestazione di traffico di influenze illecite «illogica», ritiene il reato fumoso e aggiunge: «Bisogna capire se la competenza territoriale sia a Firenze o a Roma». Infatti al centro dell'indagine c'è un bonifico da 24.400 euro partito il 17 giugno 2015, lo stesso giorno in cui, grazie ai buoni uffici di Renzi senior, Dagostino condusse a Palazzo Chigi, al cospetto dell'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti (il capo del governo era Matteo Renzi), tre suoi ospiti: il pm Antonio Savasta (all'epoca di stanza a Trani e con grossi problemi giudiziari e disciplinari), un amico dello stesso magistrato, l'avvocato Ruggiero Sfrecola, e il tributarista Roberto Franzé, legato al giro di Dagostino. L'imprenditore doveva fare bella figura e la fece. In quel momento Savasta aveva sul tavolo un fascicolo su un giro di fatture false che successivamente, in altre mani, avrebbe portato all'incriminazione dello stesso Dagostino. La toga a gennaio è stata arrestata per corruzione in atti giudiziari. Un anno fa Dagostino ha dichiarato alla von Borries: «Al bar Igloo (di Barletta, ndr) incontrai per caso il pm Savasta che mi disse che era interessato a presentare un disegno di legge in materia di rifiuti a Roma. Io ci pensai e, siccome tramite Tiziano Renzi l'unico politico che avevo visto 3-4 volte era Luca Lotti, (…) decisi che lo potevo portare da lui. Effettivamente fissai con Lotti tramite Tiziano Renzi».Con gli inquirenti l'ex sottosegretario ha offerto una versione non dissimile: «Io ho conosciuto Dagostino tramite Andrea Bacci di cui ero amico e inoltre è noto che ero in buoni rapporti con Tiziano Renzi (…) quindi è probabile che tale appuntamento (con Savasta, ndr) lo abbia chiesto o Bacci o Tiziano Renzi».Savasta a settembre, prima di essere arrestato, aveva offerto la sua versione: «In quel periodo erano iniziate tutte le problematiche di Roma, del Csm, procedimenti disciplinari e altro (…) l'avvocato Sfrecola mi disse che aveva la possibilità, diciamo, di conoscere nell'ambito renziano, insomma il Lotti che mi poteva fissare un appuntamento e mi fissò questo appuntamento a Roma (…) Lotti mi ha sentito 10 minuti, mi ha liquidato, sostanzialmente ha detto: “Ah, no, beh, sì, ho sentito parlare del lavoro che fate a Trani, terremo in considerazione le sue referenze (…)"». L'avvocato Sfrecola aveva spiegato a Savasta che Dagostino «è una persona vicina a Renzi, nel mondo di Renzi, cioè comunque ha dei collegamenti, ma soprattutto conosce questo Lotti». Nel dicembre 2016, un anno e mezzo dopo, lo stesso Savasta sperava di rincontrare l'ex sottosegretario anche a una cena romana di magistrati, a cui presenziò l'allora vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. Ma alla fine «Lotti non venne». Forse perché nel frattempo i rapporti tra Dagostino e Renzi senior si erano raffreddati e i due non facevano più affari insieme. Comunque a Firenze gli inquirenti non sono interessati solo al bonifico del 17 giugno 2015, ma anche a quello da 170.800 euro del 21 luglio dello stesso anno, inviato sempre su ordine di Dagostino ai Renzi. Due pagamenti collegati ad altrettante fatture considerate false da chi indaga (per questo il 4 marzo è iniziato un processo che vede alla sbarra lo stesso Dagostino e i genitori del fu Rottamatore). L'estate del 2015 erano i tempi in cui Tiziano e l'imprenditore di origini barlettane si frequentavano assiduamente e stavano avviando una società insieme. In quel periodo Dagostino utilizzava il babbo soprattutto come passe-partout per le amministrazioni a guida Pd da cui lo stesso imprenditore stava cercando di ottenere le autorizzazioni per la costruzione di nuovi outlet dell'abbigliamento. Dagostino con La Verità aveva ammesso di aver retribuito Renzi senior anche per «il suo lavoro, quello della lobby». L'inchiesta fiorentina per traffico di influenze illecite potrebbe rimettere in discussione la richiesta d'archiviazione per lo stesso reato nei confronti di Renzi senior che pende a Roma?Nella Capitale Tiziano era sospettato di aver architettato, nell'estate 2016, insieme con il presunto faccendiere Carlo Russo, un «accordo quadro» con l'imprenditore Alfredo Romeo, per favorire quest'ultimo, in cambio di 32.500 euro al mese, con i vertici della Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione. Ma per i pm non sono state trovate le prove che Tiziano fosse complice di Russo, considerato un millantatore, nonostante un «probabile incontro» a tre avvenuto nel luglio del 2015, un anno prima rispetto a «quando Russo e Romeo iniziano a pianificare il loro progetto». L'abboccamento, come hanno dimostrato le celle telefoniche, si sarebbe svolto proprio a pochi metri dall'ufficio fiorentino di Dagostino, in via Pier Capponi, dove Tiziano gravitava spesso in quel periodo, per parlare di svariati affari, dalla trattativa per il caffè Rivoire all'acquisto di un'auto di lusso. Che Romeo e Renzi senior si siano visti sarebbe confermato, come ha riportato ieri il Fatto Quotidiano, anche dalle chat tra Tiziano e lo stesso Russo estrapolate dal cellulare di quest'ultimo. Battute non compromettenti, che registravano «le buone impressioni» che Romeo e Renzi senior avrebbero tratto l'uno dell'altro. «Speriamo non mi pongano ostacoli» era stato il commento del babbo. A quali ostacoli facesse riferimento non è chiaro. In ogni caso per i magistrati la sostanza non cambia: «Non sono stati individuati nuovi elementi da cui inferire la conoscenza e la condivisione, da parte di Tiziano Renzi delle trattative che Russo stava conducendo con Romeo anche a suo nome» hanno scritto gli inquirenti al gip Gaspare Sturzo, che deve esprimersi sulla richiesta d'archiviazione. Ora, però, dalla procura di Roma non escludono ripensamenti: «Siamo stati informati sull'inchiesta fiorentina. Se in quel fascicolo emergeranno elementi utili non avremo problemi a rivedere le nostre conclusioni».