
Mentre blatera di ingerenze di Mosca, il Bullo cede alla moda Vip di farsi invecchiare. Ma tutti quei dati finiscono a San Pietroburgo.Mamma li russi! Con il caso che coinvolge il leghista Gianluca Savoini sull'asse Italia-Russia è scoppiata la russofobia, specie a sinistra, dove è bastato ben poco per dimenticare i fiumi di denaro che in piena Guerra fredda scorrevano da Mosca a Roma destinazione civico 4 di via delle Botteghe oscure, sede del Partito comunista italiano. Ma oggi molti di quelli che gridano «al russo, al russo» dopo l'audio pubblicato da Buzzfeed sono anche coloro che più si stanno divertendo con Faceapp, l'applicazione per smartphone con il filtro «nonno»: condividere un selfie usando questa funzionalità, che sfrutta l'intelligenza artificiale per modificare i tratti del viso e farci sembrare vecchi, sembra irresistibile. Qualche nome di vip che si è divertito con l'«old effect»? Gli immancabili Chiara Ferragni e Fedez, Eros Ramazzotti, Linus, Enrico Mentana e Lorenzo Insigne. E non poteva tirarsi certo indietro la politica. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, ha postato il suo selfie «invecchiato» scrivendo: «Aspettando che il governo faccia il blocco navale proposto da Fratelli d'Italia».Ma quello che più pare essersi divertito con Faceapp è un golden boy, uno che ha sempre cercato di dipingersi come il nuovo, il giovane: il Rottamatore. Parliamo dell'ex premier Matteo Renzi, che pubblicando su Instagram la sua foto «da vecchio» ha lanciato una stoccata ai partiti di governo, Lega e Movimento 5 stelle, e in particolare al ministro dei Trasporti Danilo Toninelli: «Quando arriverò a questa età la Lega avrà restituito i 49 milioni di euro e Toninelli inaugurato la Tav».Ma come? Mamma li russi, e poi l'ex premier regala i suoi dati a un'azienda russa? Eh sì, perché Faceapp è un'applicazione sviluppata da Wireless Lab, società fondata da Yaroslav Goncharov, che non sembra offrire molte garanzie su privacy e condizioni d'uso. Infatti ogni selfie su Faceapp viene elaborato dai server che hanno sede a San Pietroburgo. «Per generare questi filtri, come la faccia che invecchia, si usano reti neurali generative avversarie, che devono girare su computer potenti», ha spiegato a Wired Luca Sambucci, esperto di Eset, società di sicurezza informatica. E le foto restano archiviate per un tempo indefinito, potenzialmente anche per sempre visto che la società non spiega né per quanto tempo né dove conserverà i dati. Dati che, infatti, «potranno essere archiviati e lavorati negli Stati Uniti o in qualsiasi altro Paese in cui Faceapp, i suoi affiliati o i fornitori del servizio possiedono le infrastrutture», si legge nella privacy policy. E ci sono altri punti oscuri di Faceapp che preoccupano: i server non sono in linea con la Gdpr (regolamento europeo sulla protezione dei dati personali) secondo diversi esperti; i riferimenti sulla privacy sono deboli; l'app non accede soltanto alle foto dell'utente che l'ha installata ma anche ai file multimediali di Whatsapp, ai dati di localizzazione e alle pagine Web visitate. E tutte queste informazioni, poi, Faceapp le condivide con i suoi «affiliati» e i suoi «fornitori del servizio».Ma come? Renzi, uomo simbolo del mondo dem vicino a Hillary Clinton e grande accusatore di Matteo Salvini per i suoi presunti rapporti con la Russia senza neppure che su di lui sia stata aperta alcuna indagine, cede i suoi dati a un'azienda russa che non brilla certo per trasparenza?A questo cortocircuito se ne aggiungono altri, anche loro piuttosto scomodi per i paladini del politicamente corretto: Faceapp, infatti, era finita in passato nel mirino delle comunità «afro» a causa di un filtro che «schiariva» la pelle dei neri facendoli sembrare più europei e delle comunità Lgbt per un effetto che simulava l'aspetto di una persona ma del genere opposto.E così, a forza di gridare «al russo, al russo» senza prove, si finisce per regalare informazioni sensibili senza neppure accorgersene all'unico scopo di attaccare il nemico.
Maria Rita Parsi (Imagoeconomica)
La celebre psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi: «È mancata la gradualità nell’allontanamento, invece è necessaria Il loro stile di vita non era così contestabile da determinare quanto accaduto. E c’era tanto amore per i figli».
Maria Rita Parsi, celebre psicologa e psicoterapeuta, è stata tra le prime esperte a prendere la parola sulla vicenda della famiglia del bosco.
La sede di Bankitalia. Nel riquadro, Claudio Borghi (Imagoeconomica)
Il senatore leghista torna sulle riserve auree custodite presso Bankitalia: «L’istituto detiene e gestisce il metallo prezioso in nome dei cittadini, ma non ne è il proprietario. Se Fdi riformula l’emendamento...»
«Mentre nessuno solleva il problema che le riserve auree della Bundesbank siano di proprietà dei cittadini tedeschi, e quindi dello Stato, come quelle della Banca di Francia siano di proprietà dei cittadini d’Oltralpe, non si capisce perché la Banca d’Italia rivendichi il possesso del nostro oro. L’obiettivo dell’emendamento presentato in Senato da Fratelli d’Italia, e che si ricollega a una mia proposta di legge del 2018, punta esclusivamente a stabilire il principio che anche Bankitalia, al pari delle altre Banche centrali, detiene e gestisce le riserve in oro ma non ne è la proprietaria». Continua il dibattito su misure ed emendamenti della legge di Bilancio e in particolare su quello che riguarda le riserve in oro.
Emanuele Fiano (Ansa)
L’ex deputato pd chiede di boicottare un editore ospite alla fiera patrocinata da Gualtieri e «reo» di avere un catalogo di destra.
Per architettare una censura coi fiocchi bisogna avere un prodotto «nero» ed etichettarlo con la dicitura «neofascista» o «neonazista». Se poi scegli un ebreo (si può dire in questo contesto oppure è peccato?) che è stato pure censurato come testimonial, hai fatto bingo. La questione è questa: l’ex parlamentare Pd, Emanuele Fiano, che già era passato alla cronaca come bersaglio dei pro Pal colpevoli di non averlo fatto parlare all’Università Ca’ Foscari di Venezia e contro il quale qualche idiota aveva mimato la P38, sta premendo per censurare una casa editrice colpevole di pubblicare dei libri pericolosi perché di destra. Anzi, di estrema destra.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.






