2025-06-10
La riconversione bellica di Parigi: Renault produrrà droni per l’Ucraina
Il governo francese spinge la casa d’auto (lo Stato è il primo azionista) a realizzare velivoli senza pilota vicino ai fronti di guerra. Rutte arma la Nato: «Offensiva russa entro cinque anni, aumenteremo la difesa del 400%».Riempite di cannoni i vostri motori. Potrebbe essere questa la nuova linea d’assalto del governo francese che in questi giorni avrebbe chiuso un’operazione che il ministro delle Forze armate Sébastien Lecornu non ha esitato a definire «win-win». Da una parte c’è lo Stato che ha «incoraggiato» la più grande casa automobilistica del Paese, Renault (peraltro controllata al 15% da Parigi), a unirsi con una pmi della difesa per produrre droni. Dall’altra l’Ucraina che potrà usare i dispositivi senza pilota con controllo a distanza nel conflitto contro Mosca. «Win-win» anche perché i velivoli saranno destinati a Kiev, «ma li metteremo», ha evidenziato il ministro gongolante, «anche a disposizione dell’esercito francese, in modo da avere un addestramento tattico e operativo permanente che rifletta la realtà». E del resto l’Ucraina ha portato avanti buona parte dei suoi attacchi grazie ai droni e intende usare più di 4 milioni di velivoli senza pilota nel corso dell’anno. Quale migliore occasione per una convergenza d’interessi, magari (così sembra dalle indiscrezioni) con la creazione di siti vicini al fronte di guerra? Siamo a un cambio di marcia, peraltro annunciato, nella retorica bellicista che ormai sta pervadendo l’Europa sotto la spinta di Francia e Germania. Per la prima volta, Parigi ammette implicitamente (Renault ha confermato di essere stata contattata dal ministero delle Forze Armate e di essere in attesa di ulteriori dettagli) che l’impeto del riarmo ha anche una finalità di riconversione industriale. E comunque le prime avvisaglie di un cambio di paradigma c’erano già state. Qualche settimana fa il colosso tedesco Rheinmetall, leader europeo nella produzione di veicoli corazzati, cannoni, munizioni e tecnologie per la difesa, ha fatto sapere di essere interessato ad acquisire lo stabilimento Volkswagen di Osnabrück, uno dei tre siti che il gruppo automobilistico ha programmato di chiudere a causa del calo delle vendite dovute soprattutto al fallimento della transizione verso l’elettrico. Secondo l’amministratore delegato, Armin Papperger, sarebbe il sito ideale per incrementare la capacità produttiva nel settore militare. Cosa manca per il grande passo? Come tutte le aziende, e quella della difesa non fanno certo eccezione, prima di puntare su ingenti investimenti serve la sicurezza di poter contare su nuovi ordini di carri armati, ma non solo. Insomma, pure a Berlino vogliono vedere il cammello (che si sostanzia in un piano europeo concreto e in eventuali garanzie pubbliche) prima di «dare moneta». Anche perché «la moneta» da mettere sul piatto è tanta. Da questo punto di vista, qualche rassicurazione è arrivata proprio ieri dal segretario generale della Nato. «La Russia», ha sottolineato Mark Rutte alla Chatham House a Londra, «potrebbe essere pronta a usare la forza militare contro la Nato entro cinque anni. La macchina da guerra di Putin sta accelerando, non rallentando. La Russia sta ricostituendo le sue forze armate con la tecnologia cinese e producendo più armi a una velocità superiore di quanto pensassimo. In termini di munizioni, la Russia produce in tre mesi l’equivalente di quanto produce l’intera Nato in un anno. Su base industriale si prevede che produrrà 1.500 carri armati, 3.000 veicoli blindati e 200 missili Iskander soltanto quest’anno. Il vertice dell’Aja trasformerà la nostra Alleanza, costruiremo una Nato migliore: più forte, più equa e più letale». Ecco, quel più letale si traduce chiaramente in un’accelerazione della corsa al riarmo. Numeri? «La Nato», ha precisato il politico olandese, «ha bisogno di aumentare del 400% la sua difesa aerea e missilistica». E in questa escalation che sembra non avere limiti, e che rischia di portarci dritti dritti verso una deriva di campo («L’Alleanza atlantica», ha replicato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, «getta la maschera e dimostra in modo palese la sua essenza di strumento di aggressione e di confronto»), non poteva mancare il carico di Ursula Von der Leyen. Alla presidente della Commissione non bastano carri armati e droni, la sua ansia da difesa corre via mare. «La politica tra potenze navali è tornata, con flotte ostili, esercitazioni di guerra in alto mare e flotte ombra. Su tutti questi fronti», si è impegnato il capo del governo Ue nel corso della conferenza dell’Onu sugli oceani a Nizza, «l’Europa deve pensare come un continente marittimo e comportarsi come una potenza marittima. Dobbiamo assicurarci che l’oceano resti nostro alleato, ora e in futuro». La rotta purtroppo sembra tracciata.
Jose Mourinho (Getty Images)