2021-09-10
Il regime prospera narcotizzando il popolo
I due anni di pandemia hanno accelerato un processo già in atto: distrarre gli elettori con finti scontri politici, mentre si demolivano lavoro, scuola, sanità e trasporti. I progressisti avrebbero dovuto difendere i deboli. Invece hanno preferito partecipare all'inganno.Le armi di distrazione di massa operano a pieno regime per convincerci che esiste ancora un contrasto fra destra e sinistra. Mentre nei corridoi del Palazzo impera l'accordo più totale su come fare definitivamente a pezzi questo Paese, il pubblico è invitato a prendere parte (anzi, a prendere con supremo vigore opposte parti) nelle rappresentazioni teatrali sui temi dei migranti e del genere (o sesso). Sarà bene essere chiari, anche se i professionisti del malinteso e della calunnia capiranno comunque quel che loro conviene capire. Ma per i lettori di buona volontà sarà bene spiegarsi. Io mi sono sempre battuto in favore dell'emancipazione femminile e gay e di una benevola accoglienza nei confronti del fenomeno migratorio. Ho scritto pagine molto dure criticando il razzismo endemico nella mia altra patria, gli Stati Uniti (ma elogiando l'autentico ius soli che lì è garantito dal XIV emendamento alla Costituzione), e la cecità patriarcale, quando non viziosamente abusiva, che domina in quel mondo della cultura e dell'università in cui ho trascorso la mia vita professionale. Ritengo però che (a) questi temi, per quanto di grande importanza, non possano esaurire il confronto politico in una nazione di 60 milioni di abitanti e (b) nella maggior parte dei casi la loro importanza e complessità non vengano apprezzate da chi vi inneggia, per un verso o per l'altro, con spirito da tifoso, magari con una scritta sulla maglietta che ricorda le uniformi e gli stendardi di nerazzurri e rossoneri. Distraendosi, appunto, dallo sfascio orwelliano che prosegue indisturbato nel retrobottega di questo teatro. Menzioniamo allora alcune perle del rosario che negli ultimi decenni è stato snocciolato da governi di ogni colore. Lavoro. A impieghi continuativi e tutelati, con cui persone d'ogni ceto e condizione avevano portato l'Italia, dal disastro dell'ultima guerra, a divenire la quinta potenza economica del mondo, si è gradualmente e inesorabilmente sostituita una plebe di schiavi privi di ogni garanzia, vulnerabili e ricattabili. E ora ci riteniamo costretti (anche se non è vero!) ad andare con il cappello in mano a chiedere l'elemosina di quanti ammiravano il nostro «miracolo». Scuola. Era fonte inesausta di vanto e di orgoglio. Quando negli anni Ottanta, con il programma di scambi che dirigevo a Padova, mandavo in California uno studente di ingegneria con la media del 27, gli americani prima storcevano il naso e poi, rendendosi conto che l'inflazione dei voti da noi non era ancora arrivata, facevano di tutto per non lasciarlo più andare, offrendogli sontuosi contratti da ricercatore. Questo perché si arrivava alle facoltà di ingegneria o altro con un percorso scolastico rigoroso ed esigente, basato inflessibilmente sul merito. Ora siamo allo sbando: una «riforma» dietro l'altra ci ha consegnato una scuola priva di ogni fisionomia riconoscibile, in cui parcheggiare giovani in attesa della disoccupazione. Sanità. L'emergenza non è cominciata con la cosiddetta pandemia: è stata creata ad arte con tagli costanti e irresponsabili. Oggi, tutto sommato, è meglio per gli ospedali se, con la scusa del contagio, non vengono ammessi visitatori, perché quel che vedrebbero farebbe loro paura (e me lo dicono professionisti che ci lavorano). Trasporti. Abbiamo sbancato il Paese per costruire un'alta velocità che fa risparmiare un'ora ai manager che vanno in trasferta da Milano a Roma mentre i pendolari viaggiano su carri bestiame; crollano i ponti delle autostrade appaltate ai privati, che vengono pure indennizzati per la revoca delle concessioni. Il delirio degli ultimi due anni ha inferto una brusca accelerazione a questi processi, complice un'assoluta mancanza di controllo democratico sulle decisioni del governo; ma i processi erano in atto da tempo. Un popolo sano, istruito, sicuro del proprio avvenire finanziario e in pieno controllo del proprio territorio urbano e nazionale è anche un popolo forte: è il popolo che chiunque si dichiari progressista dovrebbe sforzarsi di far crescere intorno a sé. Ma un popolo forte è anche scomodo, e allora ben vengano (per chi vuole trarre lercio profitto dalla situazione) i mantelli rossi agitati davanti ai suoi occhi per convincerlo che ci sia ancora un oggetto del contendere, una posta in gioco, quando invece tutto è già stato determinato dai registi della turpe commedia. Con gli aneddoti non si fa politica; ma, quando una tesi politica è già stata articolata, un aneddoto può servire a riassumerla. Ecco un aneddoto, dunque. Una persona di mia conoscenza mi ha detto recentemente di non avere tempo o pazienza per ricevere informazioni sulla dittatura sanitaria, che trova «ansiogene», perché troppo impegnata a preparare una mostra d'arte online a beneficio delle donne afgane. L'esotismo straccione di questo atteggiamento sarebbe ridicolo se non fosse drammatico: le donne afgane, naturalmente, non riceveranno nessun beneficio dal suo impegno, ma lei riceverà un cospicuo beneficio distraendosi dai problemi reali che la circondano e rifugiandosi in uno spot. Come quel tale (altro aneddoto!) che, durante un incendio dalle mie parti, ne stava seguendo gli sviluppi in televisione finché qualcuno non bussò alla porta per avvertirlo che il fuoco era a pochi metri da casa sua.
iStock
Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
Continua a leggereRiduci
Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)