2021-07-18
Il referendum ha una enorme falla: rapinatori e pusher saranno subito liberi
Riducendo l'applicabilità della custodia cautelare, persino chi favorisce l'immigrazione clandestina non dovrà stare in carcere.Amicus Plato, sed magis amica veritas. Questo vecchio detto, una volta familiare anche a chi non avesse fatto studi classici, vuol esprimere il concetto che l'amicizia verso qualcuno (in particolare, stando all'origine dell'espressione, verso Platone) non deve prevalere sul dovere di dire quella che si ritiene la verità, anche quando la stessa possa risultare sgradita all'amico. E il Platone della situazione potrebbe essere oggi il senatore Matteo Salvini. È a lui, infatti, che andrebbe detta la verità su uno dei sei referendum sulla giustizia promossi da Lega e Partito radicale, e precisamente quello n. 5, volto a limitare la possibilità di applicazione di misure cautelari personali quando vi sia pericolo di reiterazione di condotte criminose da parte del soggetto nei confronti del quale si procede penalmente, secondo quanto previsto dall'art. 274, comma 1, lett. c), del Codice di procedura penale. Nell'intento dei promotori, la possibilità dovrebbe essere mantenuta nei casi in cui il pericolo di reiterazione riguardi «delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata», mentre dovrebbe essere esclusa nell'ipotesi, attualmente prevista, in cui il medesimo pericolo riguardi altri delitti «della stessa specie di quello per cui si procede».Per la verità, la custodia cautelare in carcere rimarrebbe applicabile anche per una serie di reati previsti dall'art. 275, comma 3, del codice di procedura penale, quando non risulti positivamente esclusa la presenza di esigenze cautelari, ivi compresa quella derivante dal pericolo di reiterazione. Il problema nasce dal fatto che l'elenco di tali reati non ne comprende alcuni che pure sono assai gravi e di forte impatto emotivo: furto in abitazione, furto con scippo, rapina, estorsione, spaccio di stupefacenti, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Ciò significa che per questi reati, in caso di successo del referendum, la custodia cautelare in carcere o anche altre misure cautelari personali potrebbero essere disposte, in base all'art. 274, comma 1, lett. a) e b) del codice di procedura penale, solo in presenza del pericolo di fuga o di inquinamento probatorio, ma non in presenza del pericolo di reiterazione, neppure quando lo stesso fosse desumibile dai precedenti dell'imputato o quest'ultimo fosse stato addirittura dichiarato delinquente abituale. È noto a chiunque abbia un minimo di conoscenza della materia che sono piuttosto rari i casi in cui possa fondatamente ritenersi, con riguardo ai reati in questione, che sussistano veri e gravi pericoli di fuga o di inquinamento probatorio: il più delle volte le misure cautelari sono disposte proprio per il solo pericolo che l'imputato commetta altri reati dello stesso tipo. Come se non bastasse, gli stessi reati per i quali, come si è appena visto, non sarebbe più consentita l'applicazione di misure cautelari personali sulla base del ritenuto pericolo di reiterazione criminosa, resterebbero però compresi tra quelli per i quali l'art. 380 del codice di procedura penale impone alla polizia giudiziaria l'obbligo dell'arresto in flagranza. Di qui l'assurda conseguenza per cui la polizia giudiziaria resterebbe tenuta ad arrestare in flagranza soggetti i quali verrebbero poi immancabilmente rimessi nella più totale libertà nel breve volgere, al massimo, delle 96 ore complessive entro le quali l'arresto, per legge, dev'essere convalidato. È facile immaginare con quale zelo e con quale entusiasmo gli appartenenti alla polizia giudiziaria (già ora ampiamente demotivati a causa della facilità con la quale i risultati del loro impegno vengono vanificati dalle frequenti, rapide scarcerazioni), si dedicherebbero all'adempimento dell'obbligo in questione, comportante anche, come è noto, rischi per la loro incolumità personale. Non si vede come prospettive di tal genere possano apparire gradite proprio a un elettorato come quello della Lega, sensibile (a differenza di quello del Partito radicale), alle esigenze di tutela della sicurezza individuale e collettiva, la quale passa anche attraverso la valorizzazione della funzione e dell'operato delle forze di polizia; esigenze, che, peraltro, è da ritenere siano avvertite anche dalla maggioranza dei comuni cittadini, indipendentemente dalla varietà degli orientamenti politici di ciascuno. Gli avversari della Lega avrebbero, quindi, buon gioco nell'accusarla, sia pure strumentalmente, di venir meno agli impegni assunti nei confronti dei suoi elettori, così da farle perdere consensi per guadagnarne essi stessi. D'altra parte, anche a voler condividere il dichiarato obiettivo dei promotori, che è quello di ridurre l'eccessivo potere della magistratura inquirente, appare difficile comprendere come e perché al conseguimento di un tale obiettivo potrebbe giovare l'esito positivo della consultazione referendaria. Quel potere, infatti, ha ben altri fondamenti che non quello costituito dalla possibilità di applicazione di misure cautelari per la ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione dei reati per cui si procede. Basti pensare alla possibilità che al pm è offerta, ai sensi dell'art. 330 del codice di procedura penale, di instaurare procedimenti penali a carico di chiunque, sulla sola base di vere o presunte notizie di reato di cui lo stesso pm, di propria iniziativa ed a sua totale e insindacabile discrezione, sia andato alla ricerca. Sia quindi consentito, a questo punto, sfidando la possibile accusa di eccessiva presunzione, esprimere il convincimento che l'insistenza sul referendum in questione da parte della Lega rischierebbe di far collocare quest'ultima, da taluno, nel quadrante H, se non addirittura in quello S, del grafico che correda il celebre saggio di Carlo Maria Cipolla su «Le leggi fondamentali della stupidità umana»: i quadranti, cioè, riservati, il primo, a coloro che l'autore definisce «sprovveduti», in quanto producono il proprio danno a vantaggio di altri, ivi compresi i propri avversari; il secondo a coloro che lo stesso annovera fra gli «stupidi», in quanto producono, al tempo stesso, il danno proprio e quello di altri (ovvero i cittadini che, all'esito del referendum, vedrebbero ridotto il livello di protezione da parte dello Stato al quale essi avrebbero diritto).Pietro Dubolino(Presid. di sez. a riposo della Corte di cassazione)
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