Secondo una simulazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, oltre un terzo di chi attualmente prende il sussidio è in grado di rientrare nel mondo del lavoro dal 2023. Consueta corsa agli emendamenti in Manovra: dichiarati inammissibili 1.000 su 3.104.
Secondo una simulazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, oltre un terzo di chi attualmente prende il sussidio è in grado di rientrare nel mondo del lavoro dal 2023. Consueta corsa agli emendamenti in Manovra: dichiarati inammissibili 1.000 su 3.104.Più di un terzo dei percettori del reddito di cittadinanza è potenzialmente occupabile. Il dato si evince da una simulazione dell’Upb (l’Ufficio parlamentare di bilancio) su dati Inps contenuta nel testo dell’audizione sulla manovra consegnato alle Commissioni bilancio di Camera e Senato.Secondo l’Upb, infatti, con le nuove regole introdotte dalla manovra, il 38,5% dei nuclei che oggi ricevono il reddito di cittadinanza potrebbero perderlo da agosto 2023, proprio perché possono rientrare nel mondo del lavoro. Più in dettaglio, fra chi smetterà di ricevere il reddito di cittadinanza dopo agosto rientrano tre quarti dei nuclei composti da una persona sola, mentre al crescere del numero dei componenti si riduce la quota degli esclusi (essenzialmente per la presenza di minori). Si tratta, insomma, di dati che fanno pensare che la norma richieda una importante revisione.La quota di esclusi è sostanzialmente costante all’interno delle ripartizioni geografiche con quote leggermente maggiori nel Centro e nel Nord-Ovest (rispettivamente 41,3 e 40,8%). Inoltre, dato che il Rdc è prevalentemente fruito nel Mezzogiorno, ne consegue che la maggior parte degli esclusi sarà residente in quell’area. Dal punto di vista della nazionalità, gli stranieri sono più colpiti dall’intervento (41,8% di esclusi) rispetto agli italiani (37,9%) per via di una minore presenza di persone disabili all’interno dei loro nuclei. Se invece dei nuclei si considerano i singoli beneficiari, dall’analisi emerge che a perdere il reddito di cittadinanza sarà solo il 22,9% degli individui, con una lieve prevalenza degli uomini (25,2%) sulle donne (20,7%), più tutelate soprattutto per la presenza di figli. Con riferimento alla condizione professionale, risultano esclusi il 36,1% dei disoccupati e meno di un terzo degli occupati. Questi ultimi sono soggetti con salari molto bassi (i cosiddetti working poors), di cui, sottolinea l’Upb, «sarebbe auspicabile tenere conto nel ridisegnare gli strumenti di sostegno alla povertà e all’inclusione attiva».Inoltre, in tema di previdenza, secondo l’Upb che ha esaminato la norma sulle nuove «fasce» di rivalutazione delle pensioni, per le quote delle pensioni calcolate con le regole contributive (destinate a crescere nel tempo), il rallentamento o il congelamento anche temporaneo della rivalutazione «è da considerarsi alla stregua di un’imposta. Viene indebolita la regolare indicizzazione ai prezzi anno per anno, alla fine il pensionato riceve, come rendita, meno di quanto gli spetterebbe». Lo schema per il 2023-24, continua l’Upb, «è molto meno favorevole di quello in vigore nel 2022, soprattutto per le pensioni superiori a cinque volte il minimo». In particolare, i tagli alla rivalutazione pensioni non presentano particolari rischi di costituzionalità, ma l’Upb critica le molteplici misure che si sono succedute negli ultimi anni sull’indicizzazione, ricordando che «la criticità di modifiche frequenti all’indicizzazione con la finalità di recuperare risorse a copertura di altri interventi».Intanto ieri circa 1.000 su 3.104 emendamenti sono stati dichiarati inammissibili dalla commissione Bilancio della Camera. Si tratta di un numero piuttosto elevato visto che di solito il numero di proposte emendative che non passa la scure della commissione varia tra i 600 e i 700, ma su un totale complessivo che va dai 4.000 ai 5.000.In dettaglio sono 546 le misure che hanno visto il semaforo rosso per mancanza di coperture adeguate, le altre perché microsettoriali, o perchè ordinamentali o perchèé deleghe. Tra le misure che non hanno passato il vaglio della commissione Bilancio ci sono gli emendamenti che estendono al settantaduesimo anno il limite di età per il collocamento d’ufficio a riposo per il personale medico del Servizio sanitario nazionale che opera presso strutture sanitarie pubbliche o convenzionate e per i docenti universitari laureati in medicina e chirurgia, limitatamente però a chi svolge attività clinico assistenziali. La lista è però davvero lunga. Non è passata, ad esempio, la misura che istituisce una tassa sui marmi a favore dei Comuni toscani di Massa e Carrara. Via anche l’emendamento, che proroga per gli anni 2023 e 2024 il contributo (già concesso per gli anni 2020 e 2021) al Pistoia Blues Festival.Scure anche sulle norme riguardanti il finanziamento delle celebrazioni per il 150° anniversario della nascita di Guglielmo Marconi per quanto riguarda il conferimento di incarichi dirigenziali al ministero della Cultura, per l’istituzione della fondazione di diritto privato chiamata Fondazione Vittoriano e per le misure che riguardano il contributo a sostegno delle attività di rievocazione storica de La Girandola di Roma.Prosegue, infine, l’attesa per le risorse e risorse economiche stanziate per realizzare i Giochi del Mediterraneo 2026, misura molto cara al Movimento 5 stelle. Dopo diversi ritardi, al momento sarebbe ancora in corso la verifica della provvista finanziaria per i giochi (Taranto 2026).
Manfredi Catella (Ansa)
La Cassazione conferma la revoca degli arresti e «grazia» l’ex assessore Tancredi.
La decisione della Corte di Cassazione che ha confermato la revoca degli arresti domiciliari per Manfredi Catella, Salvatore Scandurra e gli altri indagati (e annullato le misure interdittive verso l’ex assessore Giancarlo Tancredi, l’ex presidente della commissione Paesaggio Giuseppe Marinoni e l’architetto Federico Pella) rappresenta un passaggio favorevole alle difese nell’inchiesta urbanistica milanese. Secondo i giudici, che hanno respinto il ricorso dei pm, il quadro indiziario relativo al presunto sistema di pressioni e corruzione non era sufficiente per applicare misure cautelari.
Giorgia Meloni (Ansa)
Il premier: «Tirana si comporta già come una nazione membro dell’Unione europea».
Il primo vertice intergovernativo tra Italia e Albania si trasforma in una nuova occasione per rinsaldare l’amicizia tra Roma e Tirana e tradurre un’amicizia in una «fratellanza», come detto dal primo ministro Edy Rama, che ha definito Giorgia Meloni una «sorella». «È una giornata che per le nostre relazioni si può definire storica», ha dichiarato Meloni davanti alla stampa. «È una cooperazione che parte da un’amicizia che viene da lontano ma che oggi vuole essere una cooperazione più sistemica. C’è la volontà di interagire in maniera sempre più strutturata su tanti temi: dalla difesa, alla protezione civile, dalla sicurezza, all’economia fino alla finanza».
Il direttore del «Corriere della Sera» Luciano Fontana (Imagoeconomica)
Se il punto è la propaganda, ogni leader è sospetto. Il precedente dell’inviato Rai, Marc Innaro, che più volte ha rivelato di avere proposto un’intervista a Lavrov. Risposta dei vertici dell’azienda: «Non diamo loro voce».
«Domandare è lecito, rispondere è cortesia». Il motto gozzaniano delle nostre nonne torna d’attualità nella querelle fra Corriere della Sera e Sergej Lavrov riguardo all’intervista con domande preconfezionate, poi cancellata dalla direzione che si è rifiutata di pubblicarla dopo aver letto «il testo sterminato, pieno di accuse e tesi propagandistiche». Motivazione legittima e singolare, perché è difficile immaginare che il ministro degli Esteri russo potesse rivelare: è tutta colpa nostra, L’Europa non aveva scelta, Le sanzioni sono una giusta punizione. Troppa grazia.
Volodymyr Zelensky (Ansa). Nel riquadro il bagno con sanitari in oro in una delle case dei corrotti smascherati a Kiev
La Tangentopoli ucraina era prevedibile: abbiamo finanziato uno dei Paesi più corrotti del mondo fingendo che fosse un modello di democrazia. E continuiamo a proteggere il presidente come se non c’entrasse nulla.
Chissà quanto saranno contenti i soldati ucraini, che ogni giorno rischiano la morte in una trincea di Pokrovsk, o gli abitanti di Kharkiv, rimasti nei giorni scorsi senza elettricità a causa dei bombardamenti russi, di sapere che una banda di affaristi vicina a Volodymyr Zelensky incassava tangenti milionarie mentre loro rischiavano la pelle. Chissà quanto saranno felici gli italiani, ma anche i francesi, i tedeschi, gli spagnoli e tutti gli altri consumatori europei che da tre anni e mezzo pagano bollette d’oro, di sapere che gli uomini del presidente ucraino hanno rubato a mani basse, facendosi pagare mazzette per decine di milioni, imponendo una «cresta» del 10-15 per cento sulle forniture energetiche.






