2022-02-19
Pnrr a rischio paralisi, ci mettono un cerotto
In cdm 8 miliardi (senza scostamento) per caro energia e auto. Esplode la grana Recovery: fondi d’emergenza per evitare il blocco dei cantieri. Il premier smorza le tensioni: «Esecutivo bellissimo, terremo la barra dritta».Lo speciale comprende due articoli.Il Consiglio dei ministri ha approvato senza particolari sorprese il decreto energia. Stanziati in tutto 8 miliardi di cui 5,8 contro i rincari delle bollette. Mario Draghi ha sostanzialmente riconfermato le misure decise nei mesi precedenti, aggiungendo una visione di medio e lungo termine, che ha come obiettivo principale una maggiore produzione interna di gas, per poi venderla a un prezzo calmierato. Il decreto si occupa della revisione dei modelli per gli impianti delle rinnovabili anche nelle aree agricole, così come della semplificazione della burocrazia connessa agli impianti. Ottima cosa, va detto, anche se non sarebbe stato necessario attendere una crisi di tale portata per aiutare in modo trasparente gli investitori. Da sottolineare però come questi ultimi interventi non potranno aiutare in alcun modo nell’immediato le imprese e le famiglie italiane, che sono alle prese con la peggiore crisi mai sperimentata dopo gli anni Settanta. Nel breve termine l’idea è quella di azzerare, per le utenze domestiche e non in bassa tensione (fino a 16,5 kilowattora) gli oneri di sistema anche per il secondo trimestre dell’anno. «A tal fine, sono trasferite alla Cassa per i servizi energetici e ambientali, entro il 31 maggio 2022, ulteriori risorse pari a 1,8 miliardi», si legge dal testo della bozza del decreto. L’annullamento degli oneri di sistema è stato applicato anche alle utenze con potenza superiore a 16,5 kilowattora. Per questo obiettivo sono invece stati trasferiti alla Cassa, entro il 31 maggio 2022, altri 1,2 miliardi. Interventi sono stati decisi anche per quanto riguarda il settore del gas. In questo caso la somministrazione di gas metano usato per usi civili e industriali è assoggettata a un’aliquota Iva del 5%. Il cdm ha anche deciso, per cercare di contenere i costi nel secondo trimestre dell’anno, di ridurre le aliquote relative agli oneri generali di sistema. Spazio è stato dato anche ai vari bonus energia e gas che sono stati rafforzati: il principale riguarda 4.000 aziende circa. Alle imprese energivore è stato confermato il contributo straordinario a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti sotto forma di credito di imposta, pari al 20% delle spese per le bollette. Insomma, la maggioranza di governo si è detta felice dell’intervento di ieri. Evidentemente nessuno in questo momento vuole aprire il fronte scostamento di bilancio. Matteo Salvini ha festeggiato l’esito, eppure soltanto giovedì Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, aveva fatto presente che i 6 miliardi a cui si aggiungono incentivi per l’automotive e sostegni per i Comuni in difficoltà non sarebbero stati sufficienti. Da un lato riferendosi al fatto che il decreto avrebbe spinto anche misure di lungo termine soprattutto nel comparto del gas, dall’altro al fatto che lo scostamento tanto non si sarebbe potuto fare. Le dichiarazioni di Giorgetti hanno per giunta ricalcato l’intervento di Daniele Franco in Aula. La scorsa settimana il titolare di Via XX Settembre aveva ricordato che senza scostamento non ci sarebbero stati particolari margini di intervento. Così, nonostante ieri in conferenza stampa il ministro dell’Economia abbia tenuto a precisare il buono stato dei nostri conti, dal decreto, almeno nella bozza visionata ieri, emerge un alert non da poco. Dal momento che riguarda la messa a terra del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’inflazione galoppa non solo per le bollette, ovviamente. Tant’è che nei giorni scorsi anche il governo ha espresso preoccupazione per il futuro dei cantieri e dei progetti approvati dall’Ue. I fondi previsti per costruire l’alta velocità, ad esempio, stanziati a inizio aprile quando il Recovery plan italiano è stato inviato a Bruxelles, potrebbero non bastare più per terminare le opere. I dati più recenti, che presto saranno aggiornati, sono quelli pubblicati dal ministero dei Trasporti sul primo semestre del 2021: i tondini di ferro del cemento armato sono rincarati del 44%, i laminati in acciaio del 48, i binari ferroviari del 31. E da allora i prezzi sono saliti ancora più in alto, come ha certificato l’Ance, l’associazione dei costruttori, che ha misurato nella seconda metà del 2021 rialzi per i tondini dell’80% e per l’acciaio necessario per i ponti addirittura del 130. Il ministro Enrico Giovannini ha rilasciato la scorsa settimana una intervista lunare garantendo che l’inflazione l’avrebbe riassorbita lo Stato. Al di là dell’assurdità in sé, il titolare dei Trasporti suggeriva che le varie stazioni appaltanti avrebbero garantito extra budget per aiutare le imprese. Alla domanda quanto?, ecco la risposta: «Si vedrà». Ecco ieri nel decreto è arrivata l’entità del salvagente. L’articolo 26 prevede a sostegno dei cantieri soltanto 100 milioni di euro. Se si pensa che le stime spannometriche degli aumenti si avvicinano ai 10 miliardi, si comprende quanto sia stata lunare l’intervista di Giovannini e, al tempo stesso, quanto stiamo rischiando con il Pnrr. Se salta il gioco ci resta solo il debito che ripagheremo due volte. Sotto forma di «cedole» e sotto forma di inflazione. A quel punto il caro bollette sarà un piacevole ricordo. Sarà forse il caso di trovare un piano B e magari cercare di lasciare libere le imprese private affinché tornino a generare Pil e ricchezza. L’unica in grado di sostenere il Paese. Non crediamo nei sussidi né nell’elemosina.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/recovery-a-rischio-paralisi-solo-100-milioni-al-salvagente-per-i-cantieri-pubblici-2656725717.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="draghi-bacchetta-ancora-i-partiti-bisogna-tenere-la-barra-dritta" data-post-id="2656725717" data-published-at="1645229107" data-use-pagination="False"> Draghi bacchetta ancora i partiti: «Bisogna tenere la barra dritta» «Avete visto che bravi ministri che ho? È un bellissimo governo», ha detto ieri sorridendo Mario Draghi durante la conferenza stampa tenuta insieme con il ministro dell’Economia, Daniele Franco, quello della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e quello dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Un «bellissimo governo» sostenuto però da una maggioranza che mercoledì notte si è spaccata sugli emendamenti al Milleproroghe (per il quale verrà infatti posta la fiducia alla Camera lunedì). Un «bellissimo governo» che litiga spesso fuori dalle sale di Palazzo Chigi. «Pensa che queste divergenze si possano superare? Pensa di vedere i leader dei partiti affrontare questo problema?», gli ha dunque chiesto una giornalista. «Sì, vedrò i leader, ma non devo fare uno sforzo particolare, il colloquio con loro è continuo», ha risposto il premier spiegando che giovedì ha «ricordato quello che è il mandato del governo, creato dal presidente della Repubblica, per affrontare certe emergenze e conseguire certi risultati. Con il massimo rispetto ho detto le cose che ho detto» e «non può che essere così. Il governo e io abbiamo sempre offerto la massima disponibilità. Possiamo rivedere le modalità di confronto, ma teniamo dritta la barra del timone». Alla conferenza stampa di ieri, dopo il cdm che ha approvato il dl bollette e il decreto anti frodi sul Superbonus, anche Giorgetti è stato chiamato in causa con una domanda politica. Al ministro leghista è stato chiesto se si fidasse del leader del Carroccio, Matteo Salvini, visto che ogni settimana esprime critiche sui provvedimenti approvati anche dai suoi uomini. «L’importante è che il Parlamento migliori le proposte del governo e non le peggiori. L’attività del Parlamento va rispettata. La politica è l’arte di rendere possibile ciò che è desiderabile, il mio segretario esprime un desiderio, io cerco di interpretarlo e di renderlo possibile nell’attività di governo», ha risposto Giorgetti. Un altro tema che accende il confronto interno alla maggioranza è quello del green pass e delle restrizioni. Il colpo accusato da molte attività economiche per i rincari sulle bollette è ancora più duro da sopportare perché aggravato dalle conseguenze delle chiusure, o pseudo riaperture, determinate dalla cautele pandemiche. Considerato che l’Italia è uno tra i Paesi che ha adottato le misure più restrittive, il governo ha stimato i danni derivanti agli imprenditori da un regime limitativo di cui non è stata ancora fornita un’adeguata spiegazione scientifica, soprattutto in termini di proporzionalità rispetto al rischio? La Verità ha posto la domanda a Draghi che ha però dato una risposta un po’ evasiva: «Le misure sono state prese con l’opinione degli scienziati che hanno seguito la pandemia, non sono politici che si sono inventati esperti ma scienziati che ci hanno sempre consigliato. Se usciamo così dalla pandemia è perché ci siamo vaccinati. L’Italia ha preso dei provvedimenti necessari per contenere il contagio e ci è riuscita», ha detto il presidente del Consiglio. Quanto agli aiuti alle aziende, «la stima dell’impatto c’è e ha aiutato il governo a occuparsi dei ristori», ha aggiunto. «C’è il turismo, dobbiamo iniziare a pensare in modo proattivo: stiamo uscendo dalla fase di difesa. Ad esempio gli alberghi delle grandi città sono fra i più colpiti perché il turismo non ha ripreso lì. Abbiamo in mente tante cose, non è finito il compito». Resta da capire quali siano le evidenze scientifiche di certe misure. E quali siano i documenti scientifici in base ai quali il governo ha fondato le sue scelte. Gli Stati che hanno riaperto di più non si basano sulla scienza? E cosa c’entrano le vaccinazioni con le chiusure delle attività economiche? Perché se abbiamo vaccinato di più e più in fretta di altri continuiamo ad avere più restrizioni degli altri? Questo, Draghi, ieri non lo ha spiegato. Ha solo assicurato di voler uscire «il più presto possibile» dall’emergenza e di voler «limitare le restrizioni». Senza però avere ancora una road map specifica, «ma è questione di giorni in modo da eliminare ogni incertezza per le famiglie e le imprese». Speriamo. Nel frattempo, incombe la crisi Ucraina. Draghi volerà presto a Mosca per un incontro con il presidente russo Vladimir Putin. «Non c’è una data, ma dovrebbe essere a breve. Il colloquio è stato richiesto da Putin», ha precisato ieri. «La cosa importante è che l’atteggiamento dell’Italia e degli altri alleati» dimostri «l’unità che c’è tra membri della Nato». Quanto alle eventuali sanzioni alla Russia, secondo Draghi «devono essere il più possibile ristrette, senza comprendere l’energia, che abbiano una applicazione proporzionata al tipo di attacco e che non siano sanzioni preventive». Al momento una valutazione «sull’impatto quantitativo» ancora non c’è ma «tutte le sanzioni che impattano indirettamente su mercato energetico impattano di più sul Paese che importa più gas. E l’Italia ha solo il gas, non ha il nucleare e il carbone ed è più esposta». Per questo «si sta anche studiando come l’Italia possa continuare a essere approvvigionata da altre fonti se dovessero venire meno quelle dalla Russia», ha aggiunto.