Astrazeneca, che è nell'occhio del ciclone, presenta in totale più eventi avversi. Ma per tutti i prodotti, come normale, sono registrati effetti. Il farmaco americano ha superato quello anglosvedese per paralisi facciali, infarto acuto e shock anafilattico.
Astrazeneca, che è nell'occhio del ciclone, presenta in totale più eventi avversi. Ma per tutti i prodotti, come normale, sono registrati effetti. Il farmaco americano ha superato quello anglosvedese per paralisi facciali, infarto acuto e shock anafilattico.Ormai da quasi un mese il vaccino Astrazeneca è nell'occhio del ciclone per il possibile nesso tra la somministrazione e l'insorgere di alcune gravi reazioni avverse. Lo «stop and go» imposto a marzo al siero britannico-svedese ha inevitabilmente causato effetti nefasti sia sulla tabella di marcia della campagna di immunizzazione, sia in termini di incremento dell'esitazione vaccinale. Tanto che nel corso delle ultime settimane, complice il clima di terrore amplificato dai media, le defezioni dei convocati per l'inoculo del preparato Astrazeneca si sono moltiplicate.Probabilmente i lettori di queste pagine avranno poco di cui stupirsi, dal momento che La Verità ha trattato fin dall'inizio della campagna vaccinale il tema delle reazioni avverse. Quella che stiamo attraversando, in realtà, era una fase ampiamente prevista. Come scriveva lo scorso dicembre la Food and drug administration in occasione del via libera al siero realizzato da Pfizer e Biontech, «l'utilizzo su larga scala potrebbe rivelare ulteriori reazioni avverse, potenzialmente meno frequenti e/o più gravi, inizialmente non riscontrate nella fase di sperimentazione». Tradotto in altri termini, ampliando il pubblico dei vaccinati dalle poche decine di migliaia di partecipanti ai trial clinici, alle numerose decine di milioni dell'immunizzazione «a tappeto», l'insorgenza di nuovi effetti collaterali rappresenta un avvenimento pressoché scontato. Non per niente, l'ente regolatore americano già allora consigliava caldamente di tenere alta la guardia a seguito dell'autorizzazione, al fine di mettere in luce nuove allerte riguardo alla sicurezza. Se tutti i vaccini contro il Covid causano reazioni avverse, viene dunque spontaneo chiedersi se l'attenzione riservata negli ultimi mesi nei confronti di Astrazeneca possa essere giustificata solo da una maggiore frequenza degli effetti collaterali. Oppure se il dito puntato contro il farmaco di Oxford si inserisca in una cornice geopolitica complessa, all'interno della quale contano non solo gli effetti della Brexit, ma anche delle recenti elezioni presidenziali americane e del rimodellamento degli equilibri tra Washington, Mosca, Pechino e Bruxelles. Quantificare la sicurezza di un vaccino non è affatto affare semplice, e naturalmente va sempre tenuto conto del rapporto tra i rischi legati dalla somministrazione e i benefici legati all'aver evitato la malattia (o quantomeno i sintomi). Senza la pretesa di fornire risposte esaustive, ci siamo serviti a questo scopo della «Banca dati europea delle segnalazioni di sospette reazioni avverse ai farmaci», alimentata dalle segnalazioni degli operatori sanitari e dei cittadini dei 27 Paesi dell'Unione europea (più Liechtenstein e Islanda) e messa a disposizione di tutti dall'Agenzia europea del farmaco. Sempre tenendo a mente alcuni importanti caveat, tra i quali il fatto che l'insorgenza di un effetto collaterale non rappresenta necessariamente l'esistenza di un nesso causale con la somministrazione del vaccino, e l'avvertenza che le informazioni pubblicate dall'Ema riflettono le osservazioni e i pareri soggettivi del segnalatore.Passando ai numeri, effettivamente la prima evidenza che sembra emergere dalla lettura dei dati è una maggiore reattogenicità del vaccino Astrazeneca, con 133.310 reazioni individuali su 14,4 milioni di dosi somministrate (9,2 reazioni su 1.000 vaccinati), contro le 127.789 di Pfizer-Biontech (con 54,2 milioni di dosi somministrate e un rapporto di 2,4 su 1.000) e le 11.545 di Moderna (appena 4,4 milioni di dosi inoculate e un rapporto di 2,6 reazioni avverse ogni 1.000 vaccinati). Confermata l'insorgenza più elevata delle due reazioni avverse sotto accusa. Nel caso della trombocitopenia, Astrazeneca fa rilevare 14,2 casi ogni milione di dosi somministrate, ma anche Moderna non scherza con 8,2 reazioni su milione, mentre Pfizer rimane molto più indietro con 1,9 reazioni su milione. Anche nel caso della trombosi, il farmaco britannico-svedese primeggia con 23,9 reazioni ogni milione, seguita anche in questo caso da Moderna (10,4) e Pfizer (3,3). A conti fatti, il vaccino Moderna presenta dunque - in proporzione alle dosi somministrate - circa la metà dei casi di trombosi e trombocitopenia di Astrazeneca. Eppure, non sembra che intorno al siero americano ci sia tutto questo clamore. Probabilmente, il faro puntato su Astrazeneca dipende dai 22 decessi per trombosi (pari al 6,4% dei casi totali), contro la casellina vuota fatta segnare da Moderna e i 12 morti di Pfizer (comunque il 6,8% di tutte le trombosi post-vaccino). Spostando lo sguardo su altre tipologie di reazioni avverse, si scopre poi che Moderna detiene il primato delle paralisi facciali (45 su milione, contro le 17 di Astrazeneca e le 15 di Pfizer), delle reazioni anafilattiche (36 su milione, contro le 32 di Astrazeneca e 20 di Pfizer) e anche dell'infarto miocardico acuto (sei volte i casi a seguito dell'inoculo di Pfizer, e il doppio di Astrazeneca). Una giungla di numeri dalla quale risulta facile uscire confusi e che a maggior ragione ricorda come, al netto delle tensioni geopolitiche, la farmacosorveglianza debba riguardare indistintamente tutti i vaccini.
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.






