2022-08-25
Realtà o fiction, la magia della Luna non cala
Illustrazione da «Dalla Terra alla Luna» di Jules Verne (Getty Images)
Da Poe a Verne, da Kubrick a Steinbeck, il nostro satellite è fonte di ispirazione continua per la letteratura e il cinema. Ma anche per le teorie cospirazioniste di chi non crede alle imprese umane. A Tito Stagno costò la salute, in cambio di una popolarità mondiale.La Luna è tramontata? No. Soltanto nel titolo del romanzo di John Steinbeck, perché la Nasa vi fa ritorno con le missioni Artemis, la prima delle quali viene varata il 29 agosto. Si gettano le basi di insediamenti umani, da sviluppare con le due successive, che faranno anche da basi di partenza per i voli interplanetari, a cominciare da quello su Marte.Il satellite terrestre campeggia da secoli nell’immaginario. Luciano di Samosata con La storia vera descrive un mirabolante viaggio sul satellite terrestre. Superate le colonne d’Ercole come Odisseo, su una nave con 50 uomini d’equipaggio, il protagonista affronta un tifone che risucchia il suo vascello fino a 3.000 stadi d’altezza, dove approda su «una terra vasta come un’isola, splendente e sferica e illuminata da una grande luce». È la Luna. All’arrivo, Luciano e gli altri vengono fatti prigionieri da ippogrifi e condotti dal sovrano selenita, Endimione, che ha ingaggiato una guerra stellare contro il re del sole, Fetonte. I due si battono per accaparrarsi la colonizzazione di Vespero, cioè Venere. Luciano si diletta in quella che oggi si definirebbe esobiologia. Descrive con vena incredibilmente visionaria la diversità degli abitanti lunari. Una specie senza donne, i cui figli nascono dai polpacci degli uomini. Sono «le cose nuove e straordinarie che osservai durante l’intervallo del mio soggiorno sulla Luna».Savinien Cyrano de Bergerac, prima che l’eroe teatrale di Edmond Rostand e icona del panache francese, è l’autore immaginifico di L’altro mondo o Gli stati e gli imperi della luna. Più tecnologico rispetto a Luciano di Samosata, va sulla Luna con un rudimentale razzo. Gli indigeni lo scambiano per uno struzzo e lo rinchiudono in una grande gabbia per volatili. A fargli da guida e informatore è il Demone di Socrate. Sulla Luna basta un colpo di archibugio a sterminare interi stormi di allodole, che precipitano già arrostite. Nelle osterie si può pagare in versi lirici. Quanto agli strumenti di misura del tempo, per stabilire l’ora non servono gli orologi. Dotati di ampia dentatura e di nasi perfino più lunghi di quello di Cyrano, i lunari li usano come gnomoni e quadranti di meridiane, esponendoli al sole. Ne L’incomparabile avventura di un certo Hans Pfaall, di Edgar Allan Poe, del 1835, la Luna viene raggiunta con una mongolfiera. Herbert George Wells, fa «allunare» Bedford e Cavor con la cavorite, una sostanza antigravitazionale.Molto più credibili le osservazioni in orbita che effettuano Barbicane, Ardan e Nicholl a bordo del proiettile spaziale di Dalla Terra alla Luna e Intorno alla Luna, i due romanzi di Jules Verne. Il suo emulo più accreditato è Arthur C. Clarke, che dà della Luna una versione aderente al vero. Nel 1948 scrive il racconto La sentinella, per partecipare a un concorso della Bbc. La trama non contiene troppe scivolature. È il diario di una scalata dei monti ripidissimi intorno al Mare Crisium da parte di due studiosi che vi scoprono «una costruzione splendente, rozzamente piramidale, alta due volte un uomo, che era posata su una roccia come un gigantesco gioiello dalle molte sfaccettature». Serve a segnalare che una razza, quella umana, ha raggiunto lo stadio evolutivo del volo interplanetario e può comunicare con le entità aliene costruttrici della piramide.Stanley Kubrick, insieme a Clarke, ne trae la sceneggiatura di 2001 Odissea nello spazio. La piramide diventa un monolito nero le cui apparizioni sono commentate da Così parlò Zarathustra, di Richard Strauss.La perfezione visiva delle riprese, l’accuratezza di dettagli e le apparecchiature raffigurate erano infinitamente più avanzate di tutto quanto fino ad allora si ritrovava nei film di fantascienza. Allora si mormorò che il regista avesse avuto la consulenza della Nasa e in cambio Kubrick avesse diretto il falso sbarco sulla Luna. Ne scaturirono dei saggi: l’inedito in Italia Nasa mooned America (ovvero, La Nasa prese in giro l’America), autopubblicato da Ralph René nel 1992, Non siamo mai andati sulla Luna, di Bill Kaysing, del 1997, e il francese Lumieres sur la Lune (Luci sulla Luna) di Philippe Lheureux, del 2001. I complottisti trovarono un ulteriore appoggio nel film Capricorn one, di Peter Hyams (1978), sulla simulazione di un volo per Marte. Più tardi, con l’avvento di Internet e di Youtube, si resero virali i filmati delle conferenze tenute da Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins al ritorno. Gli astronauti hanno facce spaurite e non certo trionfanti.Che sulla Luna si sia andati davvero lo proverebbero i campioni minerali riportati sulla Terra e l’impossibilità di allestire una cospirazione con la complicità di centinaia fra tecnici, funzionari e addetti ai lavori. Per gli italiani, ai precedenti letterari, cinematografici e scientifici, la fascinazione lunare si arricchisce di un volto e di una voce, quelli di Tito Stagno, scomparso il primo febbraio di quest’anno, che si è ripercorso nell’autobiografia, Mr. Moonlight. Nel 1969 il giornalista aveva 39 anni e da dieci seguiva le fasi avvincenti dell’approccio americano ai viaggi spaziali. Aveva anche cenato con Wehrner von Braun, lo scienziato tedesco che, dopo essersi distinto con l’invenzione delle V1 e V2 per Adolf Hitler, si dedicava alla struttura dei razzi Saturno, concepiti per portare nello spazio le navicelle. Il 20 luglio condusse la prima diretta non stop della Rai. Fu l’apice di una carriera che in seguito prese altre direzioni. «Questo è un lavoro maledetto. Ti risucchia giorno per giorno. Più lo ami e più ti fa a pezzi», scrisse Stagno. Al suo trionfo del «giorno della Luna» seguì lo stress, che portò a un ricovero in clinica. Eppure per Stagno vi fu una rivalsa umana che coincise con quella professionale. Probabilmente a confortarlo, oltre all’affetto dei cari, fu il ricordo dell’amicizia con l’astronauta Frank Borman, che gli affibbiò il soprannome di Mister Moonlight e lo scrisse su una foto del giornalista scattata alla tv, dove alle sue spalle appare la rotta dell’Apollo dalla Terra alla Luna.
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