
Nuove regole dell'Agcom per censurare i media non allineati. Colpa loro se monta l'odio, scrive. Basandosi su dati del 2016.Vogliono vietarci di parlare di immigrazione. O meglio: vogliono che gli unici a parlare di immigrazione siano Gad Lerner e Roberto Saviano, le Brigate Rolex dell'accoglienza a tutti i costi. Chiunque si discosti dal sentiero tracciato con l'aratro del politicamente corretto, infatti, d'ora in avanti incorrerà nelle sanzioni dell'Agcom. L'Autorità per le garanzie delle comunicazioni di certo non è nuova a iniziative del genere, ma adesso ha deciso di scendere in campo con un regolamento apposito, una specie di codice rosso. Anzi codice maglietto rosso. Come a dire: il vademecum del Minculpop in salsa boldrina. La delibera (n. 403/18) con cui viene varato il regolamento è tutto un programma. Intanto, per giustificare il proprio intervento, l'Agcom si mette nell'onda del generale allarme razzismo di questi giorni. E lo fa, a ragion veduta, sulla base di dati diffusi dall'Osce «nell'anno 2016». Meraviglioso, non vi pare? Che è un po' come se qualcuno, per dimostrare che in queste ore c'è l'emergenza caldo, tirasse fuori le inoppugnabili previsioni meteo di due anni fa. A questo punto viene da chiedere all'Autorità: non sappiamo niente della situazione razzismo ai tempi delle invasioni barbariche? E nel pleistocene anteriore? Ma soprattutto: siamo sicuri che nell'ufficio del Garante per le comunicazioni, le comunicazioni funzionino davvero? Non è che gli si è bloccato il computer dal 2016? E magari anche il telefono?Ma questo è niente. Il bello viene subito dopo. Sulla base dei dati del 2016, infatti, l'Agcom riesce a stabilire una relazione diretta tra «i numerosi episodi accaduti negli ultimi mesi» (si badi: negli ultimi mesi) con la «ribalta assunta, sui diversi media, dal dibattito pubblico sul governo delle politiche migratorie di soccorso umanitario, di accoglienza e di integrazione». Dice proprio così, la delibera: c'è un «preoccupante schema» che «sembra accomunare» le due cose. In altre parole: se c'è un cretino che a Moncalieri va in giro a tirare uova ai passanti e per caso prende anche una ragazza di colore, è colpa del fatto che qualche giornale ha messo in discussione il ruolo delle Ong nel Mediterraneo. Come fare a non capirlo? C'è uno «schema preoccupante», le due cose sono chiaramente «accomunate», lo rivelano i «numerosi episodi accaduti negli ultimi mesi», per altro perfettamente interpretabili in base ai dati del 2016. Ma la meravigliosa delibera, che consta di ben 30 «visto», 11 «considerato», un «rilevato», due «ritenuta» e un «udita», in mezzo a citazione roboanti, formule astruse, rimandi legislativi e il solito armamentario di parole d'ordine da editoriale di Repubblica («hate speech», «hate crimes», «hate harm»), contiene anche altre perle meravigliose. Come quando ricorda che, per non incorrere nelle sanzioni dell'autorità, bisognerebbe evitare di «evidenziare un nesso di causalità tra immigrazione, criminalità e situazioni di disagio sociale». Pamela Mastropietro, per dire, è stata fatta a pezzi a Macerata dal destino cinico e baro. O forse è stato un suicidio, ecco. Però guai se dite che è colpa di un nigeriano. Arriva l'Agcom e zac, vi taglia la lingua. Sono simpatici questi commissari Basettoni. Anzi, direi: commissari Bavaglioni. Perché stabiliscono, a priori, che è colpevole chiunque metta in relazione la crescita dell'immigrazione con la crescita della criminalità. Vietato anche studiare il fenomeno, alla faccia della libertà di ricerca. Vietato analizzare i dati, alla faccia della realtà di fatto.Proprio così. Non viene soltanto sanzionata sul nascere la possibilità di esprimere un'opinione, che già di per sé è piuttosto stravagante per chi dovrebbe garantire le comunicazioni, mica censurarle, macché: qui viene negata persino la possibilità di certificare un dato statistico o sociologico. La scienza si deve inchinare al diktat del Buonismo Unico Imperante. E ora qualcuno glielo vada spiegare al sociologo di sinistra Marzio Barbagli che i suoi libri, tutti regolarmente pubblicati dal Mulino, sono da mandare al rogo…Questa immortale delibera, appena pubblicata sul sito dell'Agcom, è firmata dal presidente Angelo Marcello Cardani, e dal commissario relatore Antonio Nicita. I due geni dettano le norme guida per il regolamento, che - precisano - dovrà essere pubblicato nei prossimi 180 giorni. Ma è sufficiente per far capire, fin da ora, l'atteggiamento dell'Authority nel confronti del tema.Del resto, non è una novità, come si diceva. Questo regolamento infatti è solo l'ultimo passo, il suggello finale di un percorso iniziato da tempo. Un percorso che ha trasformato quello che doveva essere un «garante», in un'arma contundente al servizio degli Ultras Gino Strada. Usata per picchiare chi non s'allinea. Chi non s'inginocchia davanti alle copertine di Rolling Stone o Famiglia Cristiana. Chi non si vergogna quando lo ordina Avvenire. Chi continua a pensare con la propria testa e non ha una maglietta rossa al posto del cervello. Chi è convinto che lanciare uova sulla strada sia sempre una cosa da criminali, e non solo quando viene colpita una ragazza nera. Chi ritiene che se un immigrato irregolare va in giro a rubare di notte e poi si schianta in auto, il problema non è il nostro razzismo ma la sua delinquenza. Rassegnatevi: tutto questo non si potrà più dire. L'Agcom ci toglierà la parola. A meno che qualcuno, Dio lo benedica, non tolga prima la parola all'Agcom.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






