
Il domenicano che denunciò l'ex cardinale abusatore chiede al Papa un segnale di discontinuità. E conferma: «Tutti i vescovi sapevano e avrebbero almeno dovuto chiedergli se quello che veniva detto su di lui fosse vero».Il «comportamento insolito con i seminaristi» dell'ex cardinale Theodore McCarrick sarebbe stato noto ai vescovi statunitensi già dagli anni Novanta. È questa la notizia che si fa largo tra le rivelazioni del domenicano Boniface Ramsey e dell'ex nunzio Agostino Cacciavillan, in qualche modo testimoni della vicenda dell'ex potente cardinale e uno di loro, Ramsey, citato direttamente come testimone nel memoriale dell'ex nunzio Carlo Maria Viganò.Il dossier dell'ex nunzio, scrupolosamente catalogato da molti giornalisti come un complotto politico mediatico contro Francesco, mostra ancora una volta la sua sostanziale validità. Chi ha favorito o coperto la brillante carriera ecclesiastica dell'ex cardinale Theodore McCarrick? Era un sistema con cui la Chiesa affrontava tutti gli abusi? Esiste una lobby fra prelati omosessuali che influenza le decisioni disciplinari e pastorali della Chiesa cattolica? Il padre domenicano Ramsey ha rilasciato un suo memoriale, pubblicato sulla rivista americana Commonweal lunedì 29 ottobre. È interessante che anche il vaticanista Andrea Tornielli, sul blog della Stampa dedicato alle vicende vaticane, pur ribadendo la tesi del complotto che a suo dire starebbe dietro le rivelazioni di Viganò, di fatto riconosce la testimonianza di Ramsey circa le molestie omosessuali perpetrate dal McCarrick sui seminaristi.Ramsey è stato insegnante al seminario dell'Immacolata Concezione di Newark dalla fine degli anni Ottanta al 1996, quando Theodore McCarrick era arcivescovo di Newark «e l'Immacolata Concezione era il suo seminario». Lo stesso Ramsey nel settembre scorso aveva già fornito una prova incontestabile che confermava alcuni fatti riportati dall'ex nunzio Viganò. Il padre domenicano nel 2000 scrisse una lettera, su richiesta dell'allora nunzio Gabriel Montalvo, per denunciare, come ha scritto Viganò, la «voce ricorrente in seminario che l'arcivescovo “shared his bed with seminarians", invitandone cinque alla volta a passare il fine settimana con lui nella sua casa al mare». La conferma sulla veridicità di quanto riportato da Viganò è venuta dalla pubblicazione di una lettera scritta dall'allora sostituto alla segreteria di Stato vaticana, oggi cardinale Leonardo Sandri, il quale nel 2006 scriveva appunto a Ramsey per avere informazioni su un seminarista della diocesi di Newark, facendo esplicito riferimento a quanto il padre domenicano aveva scritto nel 2000. Quindi, è chiaro che in Vaticano sapevano delle voci sui comportamenti inappropriati di McCarrick verso i seminaristi.Nelle memorie di Ramsey pubblicate da Commonweal si apprende che «alla fine degli anni Ottanta» l'allora insegnante al seminario di Newark parlò delle «voci» sulla cattiva condotta di McCarrick al rettore del seminario e, scrive Ramsey, «il rettore sapeva esattamente di cosa stavo parlando». Ma già «all'inizio degli anni Novanta» emerge che l'eco di quelle voci era giunto ben oltre i confini della chiesa di Newark. Ramsey dice di averne parlato con l'allora arcivescovo di Louisville, Thomas Kelly, dopo che gli era stato tolto il potere di voto in seminario, in seguito all'espulsione di un seminarista che il padre domenicano aveva caldeggiato fortemente. Secondo quello che gli disse il rettore, la decisione di togliere il potere di voto a Ramsey era stata presa da McCarrick in persona.Il vescovo di Louisville, interpellato al proposito da Ramsey, gli disse: «“Noi tutti sappiamo"» che McCarrick aveva «“raccolto"» qualcuno in un aeroporto, riferendosi al seminarista espulso, «invitato» a entrare in seminario dallo stesso McCarrick, che lo aveva incontrato mentre svolgeva il ruolo di steward. «Compresi», chiosa Ramsey, «che il “noi" di quel “noi tutti sappiamo" significava i compagni vescovi di Theodore McCarrick. Questo fu il mio primo segnale che la conoscenza del comportamento di McCarrick non era limitata al seminario, o all'arcidiocesi di Newark, ma era diffusa tra i vescovi». Una conferma che già dagli anni Novanta i vescovi statunitensi potessero essere a conoscenza dei possibili abusi commessi dal McCarrick arriva anche dalle dichiarazioni rilasciate il 29 ottobre al Catholic news service dal cardinale Agostino Cacciavillan, nunzio negli Stati Uniti dal 1990 al 1998. «Ricordo che nel 1994», dichiara Cacciavillan, «durante la preparazione del viaggio di Giovanni Paolo II a New York, Newark e Baltimora, ho ricevuto una telefonata alla nunziatura apostolica di Washington» in cui si avvisava dello «scandalo» mediatico che si sarebbe potuto sollevare se il Papa si fosse recato a Newark, a causa delle «voci sul comportamento di McCarrick con i seminaristi». Cacciavillan ha quindi dichiarato di aver portato la cosa all'attenzione dell'allora arcivescovo di New York, cardinale John Joseph O'Connor, in quanto era «il vescovo più vicino», ma l'inchiesta di O'Connor non avrebbe rilevato «ostacoli» alla visita di Giovanni Paolo II. Il defunto cardinale O'Connor era stato fuorviato da chi aveva condotto l'inchiesta? Oppure fingeva di non sapere? La risposta potrebbe essere negli archivi della diocesi newyorchese, oggi guidata dal cardinale Timothy Dolan. Che la diocesi di New York fosse in qualche modo a conoscenza delle accuse rivolte a McCarrick risulta anche da un altro particolare rivelato dal domenicano Ramsey. Nel 2004, dopo aver scritto la sua lettera che sappiamo essere giunta in Vaticano nel 2000, parlò dei comportamenti del prelato con l'allora arcivescovo di New York, il cardinale Edward Egan, il quale «non volle discuterne», ma «dalla sua reazione era perfettamente ovvio che sapesse di McCarrick».Il caso dell'ex cardinale McCarrick, esploso nell'estate 2018 con le accuse ritenute credibili persino riguardo all'abuso di un minore e con il dossier Viganò pubblicato dalla Verità, è ormai chiaro che covasse da tempo nella chiesa americana, almeno dagli anni Novanta. Eppure lo stesso McCarrick divenne cardinale nel 2001 e arcivescovo di Washington, ed è stato uno dei più influenti prelati statunitensi con importanti incarichi in tutto il mondo. «C'è il fatto», scrive Ramsey, «che molti dei colleghi di McCarrick all'interno della gerarchia sembrano essere stati consapevoli di almeno alcuni di quegli atti - in particolare quelli che hanno a che fare con i seminaristi - e non hanno detto nulla». E questo è a suo dire «scioccante». Quindi, chiede Ramsey, sarebbe necessario «che le autorità ecclesiastiche, incluso papa Francesco, agissero in un modo non solo equo e rapido (la giustizia ritardata è giustizia negata), ma in un modo che abbia senso anche per il pubblico in generale». Non bastano le parole, non basta togliere la berretta cardinalizia e invitare McCarrick a una vita di «preghiera e penitenza»: lo si riduca allo stato laicale. Anche perché intanto la giustizia civile americana prosegue le sue inchieste, come dimostrerebbe la lettera inviata al presidente dei vescovi statunitensi, cardinale Daniel DiNardo, nella quale si preannuncia una maxi indagine Rico (Racketeer influenced and corrupt organizations). Il clero americano rischia in poche parole di essere considerato un sistema criminale, organizzato a livello nazionale.«Per lo meno», è la conclusione di padre Ramsey, «i vescovi statunitensi che sapevano di McCarrick avrebbero almeno dovuto chiedergli se quello che veniva detto su di lui fosse vero». Una chiarezza troppo spesso nascosta dietro eufemismi e mezze parole di cui francamente sarebbe necessario sbarazzarsi una volta per tutte.
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