2020-04-16
Rai contro allevatori e loro protestano: niente più pubblicità
Report attribuisce i contagi del Nord all'inquinamento legato alle stalle di bovini e suini. Confagricoltura: sono balle colossali.Spandimento di liquami sui campi, allevamenti intensivi e polveri sottili alle stelle. Questi fattori possono essere stati la causa della diffusione del coronavirus nella Pianura Padana, soprattutto a Brescia dove si registra, insieme con Bergamo, la situazione più drammatica in Italia. Alla faccia degli scienziati e degli allevatori lombardi, in ginocchio per le norme restrittive anti Covid19, è questa la teoria del programma Rai Report, che con un'inchiesta andata in onda martedì sera si è lanciato alla ricerca delle cause di una pandemia che sta mettendo a dura prova tutto il mondo. E se la settimana scorsa aveva fatto infuriare medici, infermieri, operatori sanitari e tecnici dell'ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo, accusati «di aver ricoverato pazienti Covid-19 soltanto dall'8 marzo ponendo l'accento sulle solite illazioni inerenti le differenze tra sanità pubblica e privata», ieri ha scatenato le polemiche degli allevatori lombardo veneti. Già gli allevamenti intensivi con grandi numeri di animali sono spesso sotto accusa quando si parla di rischio di spillover, cioè il passaggio di un microrganismo patogeno di un virus da una specie ospite a un'altra, ma ieri l'inchiesta ha raccontato che i liquami degli allevamenti lombardi avrebbero prodotto ammoniaca e quindi aumentato anche il livello di pm 10 che sarebbero stati veicolo della diffusione del contagio. Secondo Report la maggior presenza di ammoniaca sarebbe proprio tra Brescia, Mantova e Cremona dove si concentrano i maggiori allevamenti intensivi in Italia. Immediata la reazione dell'assessore regionale all'Agricoltura Fabio Rolfi, bresciano, che ha definito «questo possibile legame una fake new». Secondo l'assessore leghista «è un tentativo maldestro, una balla colossale che non può essere diffusa in prima serata sulla televisione di Stato. È l'ennesima azione denigratoria infondata verso un settore economico della pianura Padana che tiene in piedi il Paese». Di fronte alla «solita versione ideologica, utile solo a screditare un settore portabandiera del made in Italy», l'assessore regionale chiede una reazione all'intero comparto agricolo «magari interrompendo ogni forma di promozione pubblicitaria sui canali Rai, dato che la produzione agricola nazionale è vista così male. I soldi per promuovere i nostri formaggi, vini e salumi possono tranquillamente essere investiti su altre emittenti ottenendo la stessa visibilità». Eppure, benché non ci siano conferme da parte di immunologi e virologi che il Covid possa essere diffuso tramite le polveri sottili, nei giorni scorsi anche il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, aveva dato la sua spiegazione sulla circolazione del virus a Brescia e Bergamo: «Qui c'è una presenza massiccia di animali e quindi c'è stata una movimentazione degli animali che ha favorito il contagio, parlo degli allevamenti, e questa potrebbe essere una causa». Contro questa teoria e contro Report si sono pronunciati anche Rudy Milani ed Enrico Pizzolo, il primo presidente di settore per gli allevamenti suini, l'altro referente per gli allevamenti bovini di Confagricoltura Veneto: «È un fatto di una gravità abnorme. Una fake new che danneggia enormemente il settore zootecnico. In un periodo in cui il Paese è messo a dura prova è inaccettabile che qualcuno metta in discussione un settore che ha garantito produttività, cibo e rifornimenti a tutti, nel pieno rispetto delle prescrizioni sanitarie». I due contestano il dato sull'inquinamento, affermando che «con il blocco della circolazione e la chiusura di attività produttive, si è verificata una riduzione dell'inquinamento dell'aria pari al 30%. Eppure gli allevamenti sono sempre rimasti aperti». Comprensibile la rabbia degli allevatori contro Report proprio nei giorni in cui stanno vivendo gravi difficoltà per i costi di produzione e il crollo dei prezzi. Vale per gli allevatori di suini, con macelli e prosciuttifici in crisi, ma anche per i produttori di latte (in Italia si producono ogni anno oltre 12 milioni di tonnellate di latte vaccino, di cui oltre il 40% nella sola Lombardia), che a causa della chiusura di bar, pasticcerie, gelaterie, hanno chiesto al governo di disdire o ridurre i contratti di importazione di latte dall'estero, soprattutto dalla Germania. A loro la ministra delle politiche agricole Teresa Bellanova ha proposto «6 milioni di euro da destinare all'acquisto di latte a lunga conservazione da distribuire alle persone più bisognose». E se le associazioni della filiera lattiero-casearia temono speculazioni sul prezzo del latte, perplessità vengono anche del comparto agricolo dopo che la stessa ministra, all'allarme di Confagricoltura sulla carenza di manodopera, aveva affermato: «Senza le braccia degli immigrati è a rischio la catena alimentare». Tanto da proporre di mettere in regola 600.000 immigrati prevedendo anche un «collocamento agricolo d'emergenza» a cui potranno iscriversi i lavoratori che a oggi percepiscono il reddito di cittadinanza o la cassa integrazione.