
L'Ordine dell'Emilia Romagna silura Sergio Venturi, camice bianco titolare della Sanità alla Regione. È accusato d'aver anteposto ragioni politiche alla deontologia. Roberto Burioni lo difende, pronto un ricorso. Deontologia batte politica. Per la prima volta nella storia italiana un Ordine dei medici decide di radiare un medico assessore alla Sanità per aver preso provvedimenti gravemente lesivi della deontologia medica. Una radiazione che ha un grande significato politico: usare la deontologia come arma di protesta per difendere l'identità e il ruolo della propria professione ma anche per contestare le politiche economiche regionali. Sino ad ora, cioè dal 1911 anno del primo codice deontologico, nessun ordine ha pensato di usare la disciplina contro la politica. Un modo nuovo ed originale dunque: niente piazza ma etica dei camici bianchi, stanchi di subire le priorità economiche di chi governa la sanità, che vanno contro la loro stessa professione e poco a favore dei cittadini. Oggi siamo nell'epoca di quella che qualcuno ha chiamato «la medicina amministrata». I medici ormai sono ridotti a impiegati, condizionati in ogni modo, non sono più in grado di svolgere in modo corretto la loro professione. E ci sono quelli che evidentemente si sono stufati di essere amministrati. È accaduto a Bologna dove venerdì sera il consiglio dell'Ordine, presieduto dall'immunologo Giancarlo Pizza, ha firmato la radiazione di Sergio Venturi, assessore alla Salute dell'Emilia Romagna nonché medico. Il motivo del provvedimento verso l'esponente dem - che non potrà più indossare il camice bianco se questa sentenza verrà confermata anche nei gradi successivi - la sua delibera, datata maggio 2016, con la quale la giunta regionale decideva di mettere sulle autoambulanze solo infermieri, senza medici. È vero che oggi gli infermieri hanno specifiche competenze ma è altrettanto vero che - nell'urgenza - se non c'è il medico si rischia la vita. La decisione peraltro risponde a un'unica priorità: far quadrare i conti. Attualmente per il 118 si spende l'1,7% di tutta la spesa sanitaria nazionale e negli ultimi anni è stato chiuso il 50% delle centrali operative. E anche l'Emilia Romagna, seppur virtuosa nel campo sanitario, in questi anni ha grattato il fondo del barile pur di far quadrare i bilanci. «È una decisione inconcepibile», ha detto ieri sera Venturi, convocato quindi presente davanti alla commissione «non tanto per me, ma perché manca di rispetto alla giunta dell'Emilia-Romagna, istituzione che rappresento e di cui, di fatto, viene bocciata in maniera politica una delibera». Chiede invece le dimissioni dell'assessore il gruppo della Lega in Regione: «Più di una volta abbiamo messo in guardia la giunta regionale circa l'inopportunità di uno scontro tra istituzioni e medici. L'incapacità di dialogare della giunta invece non ha fatto altro che esasperare il dibattito e oggi ne raccogliamo i frutti con questo epilogo paradossale. Ora l'assessore Venturi deve fare un passo indietro e dimettersi».Per il M5s è giusta la radiazione: «È lo stesso assessore che per risparmiare ha chiuso tre punti nascite fondamentali in Emilia Romagna».Una sonora sconfitta dunque per le politiche sanitarie di una regione e una seconda sconfitta per Venturi, che mesi fa al momento di rieleggere il presidente dell'Ordine di Bologna aveva ispirato una lista contraria al professor Pizza. Puntuale - a testimonianza che il dibattito è tutt'altro che scientifico e disinteressato - è arrivata la bordata di Roberto Burioni: «All'ordine dei medici di Bologna ci sono dei problemi. Anzi c'è un problema, il presidente Pizza». Venturi nonostante tutto non si dà per vinto e annuncia che farà appello. La battaglia continuerà anche perché, nell'ambito della stessa vicenda, erano stati sospesi altri 10 medici. Quando venne aperto il procedimento disciplinare l'assessore regionale accusò Pizza, numero 1 dei medici bolognesi al quinto mandato, di agire con «infondatezza», «illegittimità» e «strumentalità» e soprattutto di «aver passato il segno», non tenendo conto che l'Ordine non è soltanto il suo presidente ma un organo collegiale. Venerdì al momento del voto - peraltro - Pizza non era presente proprio per evitare ogni accusa di personalismo. Invece in aiuto di Venturi erano scese le truppe cammellate del Pd, i deputati Vito De Filippo e Luigi Rizzo Nervo, membri della commissione Affari sociali della Camera, che avevano scritto una lettera al ministro della Salute, Giulia Grillo, affinché intervenisse con il commissariamento dello stesso Ordine di Bologna, per mettere fine «a tale atteggiamento vessatorio e persecutorio». Peraltro i due dem avevano definito Pizza, senza tanti complimenti, un «paranoico». Un mese fa, sempre contro Pizza, aveva chiesto di prendere provvedimenti disciplinari il presidente dell'Istituto superiore di sanità, Walter Ricciardi, per la prefazione fatta al libro sui vaccini del Pedante, firma della Verità. Irraggiungibile ieri il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, che proprio recentemente ha siglato un protocollo d'intesa con le Regioni per favorire il confronto su una serie di questioni tra le quali «i medici che svolgono ruoli pubblici nelle pubbliche istituzioni».L'obiettivo evidente del protocollo era sventare il rischio di radiazione per l'assessore Sergio Venturi. Tentativo andato a vuoto, che apre un altro fronte con ripercussioni sugli equilibri interni della Fnomceo: lo scontro tra Ordini provinciali e Federazione nazionale.
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.






