2024-09-02
Rabbia da rientro in ufficio? Reprimerla non fa bene, invece lo sport può aiutarvi
La fine delle vacanze è spesso causa di stress. Il modo migliore per liberarsi dalle energie negative è il movimento: boxe, pesi, corsa. Ma anche alcuni balli.La maggior parte dei vacanzieri è agostana e i vacanzieri agostani sono ormai rientrati in città. Il rientro alla vita ordinaria dopo un periodo lungo e piacevole di vacanza come di solito si può fare solo in estate in linea di massima è sempre problematico. Come minimo, si prova nostalgia per la vita libera e vacanziera che si è fatta, ma spesso si vive il rientro come una forma di stress, talvolta anche di forte stress che può anche dare luogo all’emozione della rabbia. Intendiamoci, la rabbia «viaggia» tranquillamente anche separatamente dalle vacanze. Purtroppo per noi, possiamo provare rabbia anche durante le vacanze, possiamo provarla in altri periodi, possiamo provarla momentaneamente in risposta ad un evento preciso. Per esempio, un bambino può provare rabbia in vacanza pensando a un compagno di scuola che lo bullizza e che rivedrà nel nuovo anno scolastico, possiamo provare rabbia a Natale perché i nostri nonni o genitori non sono più lì a festeggiarlo con noi, possiamo provare rabbia perché ci ha punto una vespa. La rabbia è un’emozione primaria ed istintiva che serve a farci reagire nel momento di un attacco. Quando il nostro antenato dell’età della pietra veniva attaccato da un animale, reagiva rabbiosamente e proprio quella furibonda energia messa in campo contro l’animale gli permetteva di «giocarsi» il duello. Si trattava di quella che oggi chiamiamo «reazione di attacco o fuga», come spiega Wikipedia altresì detta hyperarousal, ipereccitazione o reazione acuta da stress. In soldoni, è una reazione neuronale fisiologica che si manifesta in risposta a un evento percepito come pericoloso per l’incolumità propria o dei propri cari. Il sistema nervoso simpatico produce una sorta di scarica che prepara l’organismo ad attaccare oppure, se la lotta è evidentemente impari, a fuggire: la midollare del surrene emette una cascata ormonale che a sua volta origina la secrezione di catecolamine, in particolare noradrenalina e adrenalina. Il sistema nervoso autonomo è un sistema di controllo che agisce in modo per lo più inconscio, regola frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, digestione, reazione pupillare, minzione, eccitazione sessuale. Il suo controllo della reazione di attacco o fuga è mediato dal sistema nervoso simpatico e dal sistema nervoso parasimpatico. Comincia tutto nell’amigdala, che innesca una risposta neurale nell’ipotalamo, si attivano la ghiandola pituitaria e la secrezione dell’ormone Acth. Quasi all’unisono si attiva il surrene, attraverso il sistema nervoso simpatico, e si rilascia l’ormone adrenalina, poi l’ormone cortisolo che aumenta pressione sanguigna e glicemia e sopprime il sistema immunitario. L’adrenalina, collegata agli epatociti, determina la produzione di glucosio per dotare l’organismo di un picco di energia, intanto il cortisolo converte anche gli acidi grassi in energia e il resto lo fanno i muscoli che, acquisita energia, sono pronti a scaraventarla contro la figura o il fatto responsabili della nostra rabbia. Cantava Bruce Springsteen nel gran bel brano Dancing in the dark «You can’t start a fire without a spark», «Non puoi accendere un fuoco senza una miccia», massima verissima. Ebbene, grazie al sistema nervoso autonomo, la miccia si accende per bene e il fuoco si compie. Cuore e polmoni accelerano il ritmo, aumentano la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna, aumenta il flusso sanguigno verso i muscoli perché i vasi sanguigni verso i muscoli si dilatano e al contempo diminuisce, tramite, stavolta, la contrazione dei vasi sanguigni interessati, verso le parti del corpo che contengono gli organi che non servono a combattere, come stomaco e intestino tenue, le cui attività vengono rallentate o bloccate. Rallentano la propria attività per non sottrarre energia al resto del corpo anche gli sfinteri (in casi molto impattanti il corpo effettua un’incontinenza solida e liquida atta a rendere, pensate, il corpo più leggero per la lotta), la lacrimazione e la salivazione vengono inibite, la pupilla si dilata (midriasi) per permettere all’occhio di acquisire più luce possibile e quindi monitorare meglio il nemico, il meccanismo della coagulazione accelera per tamponare più velocemente eventuali ferite, il cervello ragiona più celermente, perché in una lotta anche un solo momento di nostra distrazione può permettere all’avversario di avere la meglio su di noi, e, contemporaneamente, riduce la sua capacità di percepire dolore, al fine di farci continuare a combattere anche feriti. Insomma, il corpo prende molto sul serio le aggressioni e si prepara a difendere sé stesso con un’estrema efficienza. Anche quando sentiamo rabbia di fronte a un’aggressione che sia metaforica e non letterale, noi proviamo le stesse sensazioni fisiche. Le proviamo anche soltanto ricordando un’occasione nella quale abbiamo subito un’aggressione fisica, un’aggressione verbale o comunque un’oggettiva ingiustizia che ci ha frustrato e umiliato. Il bambino dell’esempio di cui prima proverà rabbia anche semplicemente ripensando al bullo che lo provocava e molestava. Anche in assenza di azione fisica contro di noi, dunque, la nostra reazione è fisica. I mutamenti fisiologici che avvengono durante la reazione di attacco o fuga sono attivati per dare al corpo maggior vigore e velocità, anticipando la necessità di combattere o di correre. Ecco perché quando proviamo rabbia alla quale non possiamo e non dobbiamo dar seguito in una lotta e anche quando la proviamo semplicemente ripensando a una molestia, fisica o «solo» emotiva che sia stata, risulta molto utile e financo necessario sfogare quell’energia in un seguito che sia fisico ma non violento, che non sia conflittuale ma una sublimazione sana della rabbia. E qui entra in gioco l’attività fisica. L’attività fisica permette di non trattenere in sé l’energia che proviene dalla rabbia, ma di liberarsene. Trattenendo quella energia, la reprimeremmo. Sfogandola in maniera sana, invece, non avremo i problemi conseguenti all’energia repressa. Le attività fisiche che si possono svolgere sono tante. Possono essere collegate semanticamente alla rabbia, come la boxe, che ci permette di picchiare, sì, ma un sacco inanimato e non la persona che la nostra rabbia vorrebbe vedere punita dalla nostra rabbia. Tornando all’esempio del bimbo bullizzato, fare boxe sarebbe utile anche a lui per sentirsi capace di reagire, un piccolo lottatore, ma non direttamente col bullo. Perché ripetiamo, assecondare la rabbia andando in giro a picchiare non è mai una buona idea. Non è un caso che si diffonda sempre di più il pugilato per bambini, naturalmente adattato alle esigenze dei piccoli in termini di potenza e impatto sul volto e sul corpo. Ci sono anche altri sport che appartengono all’area semantica della lotta: c’è il kickboxing, ci sono le arti marziali come il karate, il judo e così via. Queste attività hanno anche un coté filosofico non indifferente e fanno ben riflettere su come gestire e direzionare la propria potenza fisica, facendosi fonte di riflessione anche sull’autocontrollo perché, come diceva anche quella pubblicità di tanti anni fa della Pirelli, «La potenza è nulla senza il controllo». Se non si amano queste attività potenti, per sfogare la nostra rabbia in modo intelligente possono andar bene anche attività meno connotate in questo senso, ma che comunque ci fanno usare il corpo e sfogare tensione, dal ballo latino americano all’hip hop passando per la corsa e il sollevamento pesi, la danza classica e la danza del ventre. Qualsiasi attività fisica, compreso il semplice camminare, preferibilmente in un contesto naturale, che ci aiuta anche ad ossigenarci di più, ci potrà aiutare a toglierci letteralmente di dosso la tensione e sostituirla con le endorfine prodotte dallo sport che aiutano, invece, a superare lo stress e a migliorare l’umore. Se poi voleste proprio menare fuor di metafora, vi sconsigliamo di picchiare persone, ma vi suggeriamo… il luogo. Ricordate la scena del film di Carlo Verdone, Borotalco, nella quale Augusto (Mario Brega) svergogna Sergio (Carlo Verdone) nei panni di Manuel Fantoni, avendolo rintracciato grazie alla confessione di Marcello (Christian De Sica) che dice a Sergio: «Sergio, gliel’ho dovuto dire, m’ha chieno ‘e lividi, m’ha acciso ‘e mazzate»? Ecco, vi raccomandiamo ancora e sempre di non «accidere nessuno ‘e mazzate», di non sfiorarlo nemmeno, non sia mai. Ma se volete proprio menare le mani non in ambito sportivo ma vendicativo ci sono questi curiosi luoghi nei quali sfogare direttamente la rabbia «accirenno ‘e mazzate» qualcosa, piuttosto che qualcuno e, pensate, sembrano anche gettonati. Detta anche anger game o rage room, la stanza della rabbia è un luogo nel quale si stanza a pagamento circa 15 minuti, con playlist a scelta propria, si può andare da soli o anche con altre persone note, si viene dotati di tuta e casco protettivi e di una spranga con la quale spaccare tutto quello che c’è nella stanza. Sono varie le possibilità di oggetti, dal servizio di piatti a quello di bicchieri, ma gli oggetti da sfasciare a mazzate possono essere anche propri. Previa autorizzazione dei gestori delle room, infatti, si può sfogare la propria rabbia sull’oggetto che era stato donato dall’ex partner, sul cartonato a misura reale del capoufficio e così via. E, pensate, si può anche realizzare il video della seduta sfasciatutto. Secondo alcuni, la rabbia sarebbe una codarda estensione della tristezza, essendo molto più facile essere arrabbiato con qualcuno piuttosto che dirgli che si è addolorati. Può essere, anche se essere pure valutati come codardi dopo essere stati danneggiati dai comportamenti aggressivi altrui ci sembra eccessivo. E poi va anche detto che probabilmente, se andassimo dal bullo o dall’aggressore piangendo, mostrandoci feriti come in effetti siamo, domandando «Perché mi hai fatto male?», «Non ti senti in colpa?», «Trovi moralmente giusto ciò che hai fatto?» il bullo ci riderebbe in faccia e ci aggredirebbe ulteriormente, giacché se si è bulli e se in generale si agiscono comportamenti ingiusti verso gli altri, be’, vuol dire che si manca della sensibilità necessaria per non farlo. Sensibilità che nel bruto non nascerebbe di certo perché qualcuno (la sua vittima) gli va a dire che deve nascere. In definitiva, la reazione rabbiosa è comprensibile, ma comunque bisogna imparare a gestirla e liberarsene.
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