2023-07-22
La politica non imporrà alle quotate le azioni con i super-poteri di voto
Dario Damiani (Imagoeconomica)
Dario Damiani (Fi): «Ddl Capitali in discussione». Verso la scelta facoltativa per le società.«Oggi, per una questione di tempi più che di contenuti, la priorità della maggioranza è la delega fiscale. Per questo motivo la data ultima per presentare emendamenti al Ddl Capitali è stata spostata dal 21 al 27 luglio e per lo stesso motivo un impianto definito della norma ce l’avremo solo in autunno», spiega alla Veritàil forzista Dario Damiani, relatore del provvedimento che punta tra le altre cose a facilitare l’ingresso in Borsa delle imprese italiane, «Detto questo è evidente che il passaggio della prossima settimana è importante perché sarà il frutto anche di interlocuzioni con il governo e non le nego che c’è un dialogo aperto nella maggioranza per definire la linea su alcuni punti chiave». Tra i punti chiave c’è l’articolo 13, quello sul voto plurimo. Parliamo dell’estensione da 3 a 10 dei voti attribuibili ad ogni azione. Che dovrebbe essere esteso anche al voto maggiorato. Il primo fa riferimento al diritto delle società non quotate di assegnare nel periodo precedente al debutto in Borsa delle azioni speciali. Il voto plurimo rappresenta un incoraggiamento alla quotazione ma non risolve il problema di chi in Borsa c’è già e potrebbe voler andar via. Qui verrebbe in soccorso un potenziamento del voto maggiorato: oggi è già possibile assegnare un diritto di voto maggiorato come «premio di fedeltà» agli azionisti presenti da 24 mesi nel capitale di una società quotata e l’intenzione sarebbe quella di portare il rapporto da una azione pari a due diritti di voto a una singola azione pari a 10 diritti di voto. L’obiettivo è quello di mettere il nostro diritto societario sulla stessa lunghezza d’onda di altri modelli internazionali e quindi evitare che alcune società quotate, come successo a Exor per fare un esempio, possano dire addio a Piazza Affari per andare in Olanda. Ma si discute se questo rafforzamento del voto maggiorato debba essere obbligatorio (opt out) o debba essere comunque introdotto attraverso una modifica allo statuto e quindi dopo un passaggio assembleare (opt in). «Non le so dire quale sarà il punto di caduta – continua Damiani – ma al tempo stesso mi preme evidenziare che lavoriamo per trovare una soluzione equilibrata tra la necessità di non far scappare le aziende italiane e semmai di attrarre capitali e quello di non stravolgere il modello italiano che ovviamente ha delle peculiarità rispetto al modello olandese». Il provvedimento non riguarderà una delle partite chiave che ha portato la norma alla ribalta della cronaca economica, quella su Mediobanca. Il 15 settembre infatti scade il termine per la presentazione delle liste per il nuovo consiglio di amministrazione della banca, ma potrebbe intrecciarsi con i destini delle Generali, ma anche di Tim o Banco Bpm. Secondo le indicazioni raccolte dalla Verità sembra davvero difficile che alla fine si possa arrivare all’introduzione del voto maggiorato per legge senza che ci sia un passaggio assembleare. Insomma dovrebbe prevalere l’ipotesi meno aggressiva dell’opt in con la necessità di individuare delle soluzioni di tutela e garanzie per le minoranze, ma tra le ipotesi sembra da escludere quella dell’introduzione del diritto di recesso. Come detto, comunque, i giochi sono tutti da fare. Così come ci sarà discussione sulla cosiddetta lista del board che - evidenziano i critici - rischia di perpetuare l’assetto di potere in essere, di rendere gli azionisti ostaggio dei consigli di amministrazione. Si ragiona sulla possibilità di introdurre una sorta di potere di veto che potrà essere esercitato da una minoranza con una quota molto alta non inferiore al 20% delle azioni. Ma si tratta di ragionamenti ancora in fase embrionale.«Capisco», continua Damiani, «che l’attenzione sia concentrata su alcuni articoli che hanno maggior appeal giornalistico, ma ci tengo a evidenziare che nell’articolo 23 per la prima volta abbiamo introdotto il principio che l’educazione finanziaria va equiparata all’educazione civica e che alcuni concetti base di economia e finanza vanno insegnati sin dalle scuole elementari. È un progetto al quale tengo molto e che spero rappresenti un primo passo per arrivare poi a dare una vera autonomia curriculare per questa materia. Anche qui il confronto è importante. E gli italiani sono indietro rispetto a diversi Paesi sulla conoscenza di alcuni concetti base che poi regolano aspetti essenziale della vita dei cittadini: dall’operazione di sottoscrizione di un mutuo fino al funzionamento delle società quotate. Vogliamo colmare questo gap e l’approvazione del Ddl può rappresentare un passo decisivo in questa direzione».