2023-02-24
«Questa collezione è ribelle come Eva Kant»
La direttrice creativa di Genny Sara Cavazza: «La compagna di Diabolik rappresenta la donna della notte. Mi sono ispirata a lei per la nuova linea, che indaga il lato misterioso e potente della femminilità. Il nero domina, insieme alle grandi zip che attraversano i capi».È laureata a pieni voti in sociologia con indirizzo giornalistico e Comunicazione. Nel suo curriculum c’è un master allo Ied in Comunicazione e ufficio stampa. Sostiene le opere artistiche di Verona compresa l’Arena, fa parte della Fondazione Veronesi. È anche alta, corpo perfetto da indossatrice, tanto che potrebbe essere lei stessa in passerella. Ammirata e anche invidiata. «Il mondo è diviso a metà tra chi è invidioso e chi dice “mi piace vedere le belle donne”». Sara Cavazza, da dieci anni direttore creativo di Genny, ha ormai dimostrato di saperci fare davvero. «Primi anni duri, ma poi ho saputo farmi apprezzare». È riuscita a creare le sue girls, le sue donne, un gruppo di vip e non solo che segue la sua moda. «Un percorso che è sempre stato in crescendo, graduale. Bisogna avere la forza di crederci e di insistere nei propri progetti. Sono sempre stata convinta di quello che ho fatto e ci credo tutt'ora. Una volta che ti conoscono si identificano e vedono quel bello che può piacere anche a loro. Determinata senza ansia di arrivare». Genny, il marchio acquisito anni fa dal gruppo veronese Swinger International, che fa capo a suo marito Mathias Facchini, imprenditore e collezionista d’arte, è cresciuto con lei, che ha saputo dargli nuova vita, dopo un periodo di buio. La incontriamo nel backstage, dopo la sfilata che si è tenuta sotto il grande tendone allestito alla Scuola Militare Teuliè. «Questa collezione potrebbe avere un titolo: “ai confini della notte”. Un viaggio che parte di notte per arrivare con i primi bagliori del sole. Anche la collezione è così, molto nero, colori scuri per espandersi verso il rosso e il giallo fino al bianco della luce del giorno». Abbiamo visto in passerella Eva Kant. Si è ispirata a questo personaggio?«Sì, perché rappresenta la donna della notte per eccellenza. È intraprendente, coraggiosa, dinamica, passionale, innamorata del suo uomo. È stata l’icona ispiratrice di questa collezione. La voglia di essere così, un po’ dark, un po’ ribelle, ma sempre eternamente femminile».Anche ladra, però.«Come di una amica, prendi i lati che ti sono più affini. Ci accomuna la passione per i gioielli. Sono molti in collezione, a forma di orchidea, collane, orecchini. Mi sono divertita anche a fare delle galvaniche più scure».I capi stessi hanno uno stile ben preciso.«Difatti è anche nata una ricerca nella costruzione di abiti, giacche, cappotti dalla forma tailoring abbinati a forme più easy, più relax. Voglia di definizione ma anche morbidezza. Grandi zip che attraversano i capi, tocco di rock per disegnare l’abito stesso, zip che funzionano e che potrebbero aprirsi completamente. Tanti elementi a forma di X, segno storico che appartiene al mondo di Genny e che viene interpretato come elemento metallico, ma anche come intarsio negli abiti da sera e nella maglieria».Diabolik è un fumetto che ha 60 anni di storia, inventato da due donne.«È un onore, perché ho sempre parlato alle donne e qui siamo in un mondo di donne. Mi sono trovata molto simile perché in questa sfilata ho messo in gioco il nero, colore che per me rappresenta la parte più misteriosa di noi donne e che appartiene solo a noi. Mentre qui ho voluto condividerla e mettermi in gioco. Eva Kant è una donna più alternativa che ci permette di essere più libere».Però è anche una donna che dipende da un uomo.«Ho la mia visione di donna, sono per la libertà, per il lavoro e l’indipendenza però amo il rapporto con l’uomo. Di giorno lavoro, ma la sera amo essere coccolata dal mio uomo, adoro quando mio marito mi dice “prenoto e usciamo fuori a cena”. Questa complicità mi appartiene».Da sempre nella moda?«Direi di sì. Ho lavorato nelle collezioni bambino, con le celebrity, negli uffici prodotto di altri marchi e mi sono fatta le ossa».Ma anche modella.«Avevo sedici anni quando mi scoprì Oliviero Toscani. Stava iniziando un casting a Parma, cercava giovani per strada. L’ho fatto, mi hanno preso e con un gruppo di altre ragazze uscimmo su una copertina di Grazia. Da lì sono stata chiamata dalle agenzie, ho lavorato un po’ di anni».Genny ha avuto stilisti molto importanti come Gianni Versace, Claude Montana, Christian Lacroix. Una eredità pesante.«Sì e no. La mia idea è di fare quello in cui credi. Ognuno ha una sua unicità e sono convinta che per una vita felice e serena si deve credere in se stessi».Passione dell’arte come suo marito. Lei ha posato anche per Vanessa Beecroft.«Sì, alla Biennale di Venezia, lei mi aveva scelto per una sua performance live, avevo 17 anni. È stata una grande emozione interpretare un’opera d’arte, una grande responsabilità, devi saper trasmettere uno stato d’animo. Come nella moda».