2020-07-01
Quella voragine di 85.000 cattedre di cui la Azzolina si deve vergognare
Il ministero decide le assunzioni con il contagocce. Si può arrivare nell'incertezza totale fino a metà ottobre. Scuole riaperte in 21 Paesi Ue su 27, con gli istituti italiani rimasti chiusi. Disastro organizzativo su tutti i fronti.Dopo una settimana di surreali dibattiti sulla giusta distanza tra le «rime buccali» degli alunni (si sa, agli illuminati del Comitato tecnico scientifico pareva banale scrivere: «bocche»); dopo un mese di lunari ipotesi su involucri in plexiglas per separare gli studenti (con le classi trasformate in una specie di rettilario); dopo le conferenze autocelebrative di Giuseppe Conte e dell'ineffabile ministra Lucia Azzolina; dopo mesi di allucinante incertezza imposta a ragazzi e genitori; dopo tutto questo, viene fuori che mancano gli insegnanti. Attenzione: non qualche insegnante, ma ben 85.150 cattedre vacanti per l'anno scolastico 2020-2021. Insomma, non un buco, ma addirittura una voragine, visto che l'anno scorso, secondo la Cisl scuola che ha fornito il dato, i posti vacanti erano 64.149. A onor del vero, anche Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura del Senato e responsabile Istruzione della Lega, aveva da tempo lanciato l'allarme, parlando di «27.000 insegnanti di ruolo in meno a seguito dei pensionamenti, che porteranno il totale dei supplenti oltre quota 200.000». Alla luce di questa bomba, si capisce meglio il balletto politico e il tentativo di distrazione di massa praticato dal governo nelle scorse settimane. E si capisce anche come mai, in un Paese dove ogni quarto d'ora ci si richiama agli obblighi europei, quasi nessuno abbia fatto osservare che le scuole – terminato il lockdown – erano già state riaperte in 21 Paesi Ue su 27, con gli istituti italiani rimasti invece malinconicamente chiusi. Ora, che un sindacato spinga per nuove assunzioni, è perfino ovvio: sarebbe sorprendente il contrario. Ma la notizia è che il dato sulle cattedre vacanti corrisponde al vero, con una situazione che soprattutto al Nord si annuncia drammatica. Vediamo perché. Nella gran parte delle scuole, il turnover legato a quota 100 (qualcuno che esce per andare in pensione, e qualcun altro che viene immesso in ruolo) è già avvenuto: quindi, da qui a settembre, non c'è da attendersi novità per quella via. In questo periodo, di norma, le scuole segnalano al ministero dell'Istruzione il numero di cattedre vacanti, e in genere a luglio il dicastero dovrebbe rendere noto il cosiddetto «contingente», cioè quante persone verranno immesse in ruolo: per lo più, si tratta della metà degli insegnanti rispetto al necessario, a volte perfino di meno. Dopo di che, di norma ad agosto, esce la «sede», cioè dove verranno effettivamente inviati. Sempre secondo le regole vigenti, la procedura di assunzione attinge per il 50% dai concorsi 2016 e 2018 (graduatorie di merito con vincitori e idonei) e per il 50% dalle graduatorie a esaurimento. E dov'è il problema? Specie al Nord, in teoria, gli insegnanti sarebbero a disposizione: ma il fatto - questo è il punto politico - è che il ministero decide le assunzioni solo col contagocce, per evidenti ragioni legate a ciò che il Mef consente al dicastero dell'Istruzione. «Con i fondi possiamo assumere fino a 50.000 persone, tra personale docente e non docente con contratto determinato», dice la Azzolina. Un numero troppo esiguo rispette alle esigenze che vorrebbero circa 40.000 prof in più.Ma attenzione: quest'anno le cose rischiano di andare anche peggio pure per una scelta cronologica molto discutibile. È stato infatti prorogato fino al 20 settembre il termine entro cui il ministero può decidere le cosiddette «assegnazioni provvisorie» (cioè i trasferimenti), le cosiddette «utilizzazioni annuali» (cioè il fatto che un docente, pur mantenendo formalmente il posto in una scuola, venga distaccato altrove), e le immissioni in ruolo. Avete capito bene: la scuola riapre il 14 settembre, ma in teoria c'è tempo fino al 20 settembre, quindi fino alla settimana dopo, per questi ulteriori movimenti. Poniamo che il ministero si prenda tutto il tempo, e che quindi le immissioni escano il 20 settembre; poi occorrono almeno 8 giorni per il riconteggio, 7 per le assegnazioni annuali, una decina per la convocazione. Morale: si può arrivare nell'incertezza totale fino a metà ottobre. E nel frattempo? I presidi saranno costretti a una caccia selvaggia alle supplenze, non di rado ricorrendo a figure non sempre adeguate. Tutto ciò senza considerare altri due fattori. Il primo è l'eventuale spacchettamento di classi e aule, che a quel punto farebbe almeno raddoppiare il buco di 85.000 posti. Il secondo è l'allarme lanciato da Matteo Salvini sul numero - che il leader leghista ha scomposto regione per regione - degli alunni che rischiano di rimanere fuori dalle aule per le restrizioni sanitarie a cui il governo intende uniformarsi. Si tratta di un quadro impressionante: dai 79.000 alunni piemontesi «a rischio» ai 177.000 lombardi, dagli 88.000 veneti agli 82.000 emiliano-romagnoli, dai 109.000 del Lazio ai 130.000 della Campania, dagli 85.000 pugliesi ai 107.000 siciliani. Un disastro organizzativo che si somma a quello legato alle cattedre senza insegnanti. È evidente, a meno di un miracolo di cui non si intravvede alcun segno, che l'anno scolastico inizierà nel caos: carenza di insegnanti, incertezza assoluta sulla copertura delle cattedre, buio pesto sulla sistemazione degli studenti nelle aule, e famiglie e ragazzi a pagare il conto. Più, c'è da starne certi, la beffa di nuove conferenze stampa di Conte e della Azzolina.
Jose Mourinho (Getty Images)