2020-07-24
Quegli scrittori occidentali convinti che ai russi serva uno zar inglese
Valery Sharifulin/Tass/Getty Images
In «Icona», di Frederick Forsyth, gli europei orientali sono tutti stupidi, corrotti e ubriaconi, mica come americani e britannici. Ma c'è una soluzione: mettere sul trono di Mosca un monarca venuto da Londra.La scorsa settimana sono stato a Milano a fare uno spettacolo, insieme a un attore e regista che si chiama Nicola Borghesi: lo spettacolo si intitola Se mi dicono di vestirmi da italiano, non so come vestirmi, ed è un testo nel quale proviamo a ragionare su cosa vuol dire essere italiani, e diciamo delle cose che, credo, la maggior parte dei lettori della Verità non condividerebbe. Collaborare con la Verità mi piace anche per via del fatto che posso scrivere quello che penso senza preoccuparmi che il mio parere sia, o meno, condiviso dai lettori: anzi, a pensarci, mi sembra, anche qui, in questi articoli, come nei libri che scrivo, di non dare pareri, di non formulare giudizi, ma di raccontar delle storie, rispetto alle quali ciascuno è poi giusto che abbia il parere che vuole. Nello spettacolo che abbiamo fatto a Milano, alla fine parliamo con un ragazzo di 19 anni che viene dalla Liberia e che sta provando a fare i documenti per diventare italiano, e che, tra le altre cose, dice che, a Bologna, di notte, se, in una strada buia, e deserta, spunta un italiano, lui ha paura. Se spunta un nero no, perché lui sa che a lui un nero non farebbe niente, un italiano sì. Una mia amica, che era a vedere lo spettacolo, mi ha poi scritto che a lei, che abita a Milano, succede la stessa cosa con i maschi. Se di notte, in una strada buia, e deserta, spunta un maschio, lei ha paura, questa mia amica. «Pensa», ha aggiunto, «che strano se tu facessi un monologo su come ci si sente a essere delle donne, oggi, in Italia». Mi è sembrata un'idea da un certo di vista favolosa, da un altro pericolosissima. «Pensa quante me ne direbbero, se facessi un monologo dove parlo di come ci si sente a essere donna», ho scritto a quella mia amica, e lei mi ha risposto: «Te ne direbbero tante». E ci è sembrato di vivere in un mondo singolare, dove un maschio, come me, non ha il coraggio di affrontare pubblicamente una questione come la condizione femminile: non si arrischia. E la cosa vale anche per la questione razziale: io non sono nessuno per dire come si sentono gli immigrati, al limite, quando ne parlo, lo faccio dire a loro, e per le questioni della libertà dell'orientamento sessuale e per tante altre cose. C'è però una minoranza che, io, non so bene perché, mi sento in diritto di difendere: i russi. Non che siano molto presenti, nel nostro dibattito culturale, ma mi è successo, ogni tanto, di incappare in giudizi occidentali, sui russi, che mi sono sembrati singolarissimi. Dai 22 ai 25 anni io ho lavorato nei paesi arabi come amministrativo e molti dei libri che ho letto erano libri che definirei da aeroporto, quei grossi volumi che si comprano venti minuti prima di partire e che sono la compagnia ideale in un viaggio aereo vero l'Algeria o l'Iraq. Un autore al quale mi ero, in un certo senso, affezionato, era lo scrittore inglese Frederick Forsyth: di lui devo aver letto, in quei tre anni, almeno tre libri: Il giorno dello sciacallo, L'alternativa del diavolo e Il quarto protocollo. Poi ho dato le dimissioni, mi sono iscritto all'università e ho cominciato a studiare russo e quando, nel 1998, in una libreria, ho visto Icona, di Forsyth, un thriller di fantapolitica ambientato in Russia nel futuro immediato (l'azione si svolge nel 1999), l'ho comprato, l'ho letto, e ne sono rimasto molto colpito. In quel libro lì, i russi non avevano soldi, diversamente dagli americani e dagli inglesi, che erano tutti benestanti, dentro nel libro. I russi non avevano amici e anche tra di loro non si volevano bene, diversamente dagli americani e gli inglesi che si invitavano a cena continuamente. I russi, in quel libro lì, erano antisemiti, diversamente da americani e inglesi che invece erano amici di Israele e del popolo ebraico. E i russi, in quel best seller lì, stupidi, erano, diversamente da americani e inglesi che erano furbi. I russi erano anche poco simpatici, mentre invece gli americani e gli inglesi dicevan delle battute che poi ridevano tutti e la birra, dei russi, era grama, mentre la birra degli americani e la birra degli inglesi era buona, e se un americano o un inglese incontrava un russo per strada gli regalava una bottiglia di birra perché lui era buono. E il russo, che era povero, e non era abituato a questi gesti umanisti anglosassoni all'inizio ringraziava e si commuoveva, e gli nasceva dentro una riconoscenza che però nel giro di pochissimo tempo si trasformava in odio perché i russi, come tutti gli slavi, in quel libro lì, eran cattivi, a differenza degli americani e degli inglesi che nel loro Dna avevano iscritta la bontà com'è dimostrato anche dalla storia e questo è in sintesi l'inizio del libro. C'è da dire anche che i servizi segreti russi, in quel libro lì, ammazzavano un sacco di gente, soprattutto dei russi, invece i servizi segreti occidentali non ammazzavan nessuno. E se per caso saltava fuori un documento che avrebbe richiesto un intervento dei servizi segreti occidentali che magari alla fine avrebbe potuto anche esser violento, i responsabili dei servizi segreti occidentali cosa facevano? Andavano in chiesa si inginocchiavano «Fa che non sia vero, Signore», si mettevano a pregare, «fa che non sia vero. Fa che il documento sia falso, Signore, per cortesia», dicevano i responsabili dei servizi segreti occidentali in quel libro lì. Nel frattempo i responsabili dei servizi segreti russi nelle loro riunioni usavano un linguaggio volgare cosa che può sembrare strana ai lettori occidentali ma che dipende dal fatto che in Russia la volgarità è molto comune, c'era scritto in quel libro lì che è stato un best seller molto venduto negli aeroporti dell'occidente. C'erano anche degli anglosassoni che si consegnavano ai russi, in quel libro lì, e lo facevano perché erano alcolizzati incapaci che inspiegabilmente si eran trovati ai vertici dei servizi segreti anglosassoni, mentre i russi che consegnavano informazioni agli occidentali erano sobri padri di famiglia che odiavano il sistema sovietico perché era ingiusto e si eran rivolti agli occidentali solo perché avevano un figlio malato che poteva esser curato solo con delle medicine speciali americane che gli agenti occidentali gliele regalavano senza chiedere niente in cambio e solo dopo, l'agente russo decideva per conto suo di tradire, che tra l'altro, tradendo lui la Russia non si può neanche dire tradire, non son tradimenti, è a fin di bene, si capiva in quel libro lì che io fino a poco prima avevo pensato che era un po' manicheo che tutti gli occidentali erano buoni tutti gli orientali eran cattivi invece no, c'erano anche degli occidentali ubriaconi e degli orientali buoni. Che poi, quel giallo di fantascienza internazionale finiva in un modo che io non avrei mai immaginato, una fine così. Che per prevenire la deriva nazista verso la quale scivolava la Russia nel 1999 (a pochi mesi dalle elezioni era ormai certa la vittoria elettorale di un blocco nazista e antisemita) i servizi segreti britannici avevano organizzato una truffa che nel giro di pochi mesi con l'aiuto inconsapevole del metropolita russo, che essendo russo faceva anche lui la figura un po' del coglione, i servizi segreti britannici con un solo agente in tre settimane riuscivano a rivoltar la frittata e siccome loro avevan capito benissimo che un paese così da coglioni come la Russia non c'era niente da fare non poteva esser governato democraticamente, i servizi segreti anglosassoni eran riusciti a trovare e a fare insediare il diretto discendente dell'ultimo zar Nicola secondo, che detto zar Nicola secondo, mi dispiace, essendo russo anche lui, era anche lui un coglione, si capiva in quel libro lì. E il suo unico discendente diretto o quasi diretto comunque il più adatto, sorpresa sorpresa, era un inglese, che si installava alla fine sul trono di tutte le Russie di modo che il romanzo finiva in gloria. Ecco. Questa serie di articoli si propone di indicare dei libri che ci aiutino a capire meglio quello che ci succede: Icona, di Fredrick Forsyth, non so se è un libro adattissimo, a capire la Russia. Chissà perché ne ho parlato.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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