2025-07-30
Quanti ipocriti adesso scaricano la baronessa
Da Bonaccini a Calenda, pioggia di giudizi sulla Von der Leyen. Invece servirebbe un po’ di autocritica.Sul Corriere della Sera, Massimo Gramellini sfodera una inedita perfidia: «Non conosco un solo europeo di destra, di sinistra, di sopra o di sotto che si senta rappresentato da Ursula von der Leyen», scrive. «Senza scomodare Bismarck e Cavour (e poi De Gasperi, Schumann, Adenauer) siamo pur sempre il continente che nell’ultimo mezzo secolo ha espresso Kohl, Mitterrand, la stessa Merkel. Statisti, ma prima ancora persone con un certo senso di sé e della Storia. Per non dire di Draghi, che fu capace di ergersi orgogliosamente contro gli speculatori americani in difesa dell’euro. Adesso siamo passati da Whatever it takes a Come è umano lei». Secondo l’illustre firma, siamo ridotti a una condizione fantozziana, e Ursula è assimilabile alla contessa Pia Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare (quella che nei film tentava ripetutamente di varare una nave e provocava atroci disastri, non prima di aver domandato ogni volta: «Capovaro, varo?»). Il paragone è senz’altro calzante oltre che divertente. Il problema è che Gramellini o si sbaglia o mente. Perché lui qualcuno che si senta rappresentato da Ursula von der Leyen deve conoscerlo per forza. Qualcuno dentro il Partito democratico, per esempio. Perché sarà pure vero che ora tutti prendono le distanze, tutti strepitano e si lagnano con forza, ma il fatto è che la cara Ursula l’hanno voluta, votata, e rivotata. E adesso dovrebbero tenersela e tacere oppure tirarsi le bacchettate sulle mani da soli. E invece oggi, dopo l’esito delle trattative sui dazi con Donald Trump, pare che l’intero mondo politico italiano progressista - ovvero quello che ha spalleggiato e coccolato la laccata Ursula - ne abbia compreso l’insipienza. Stefano Bonaccini, europarlamentare e presidente del Pd, dichiara che Von der Leyen «ha accettato la narrativa trumpiana secondo cui l’Unione europea è debitrice nei confronti degli Usa per il surplus commerciale sulle merci». Splendido. Peccato che sia stato proprio il partito di cui Bonaccini è presidente ad aver sostenuto Ursula al primo giro, ad averla riconfermata al secondo e ad averle votato la fiducia qualche settimana fa. Vero che alcuni esponenti dem si sono tirati indietro, ma la maggioranza era a favore della tedesca. Adesso scoprono che non è all’altezza o è venduta a Trump?Idem Carlo Calenda. Al Corriere della Sera dichiara che Ursula è incapace, che se oggi il suo partitino avesse dei parlamentari europei «farei votare loro la sfiducia perché con lei l’Europa non può di certo andare avanti». Ma dai. Pensare che giorni fa - subito dopo il voto di fiducia, appunto - Calenda dichiarava che i voti contrari alla attuale presidente ci avevano fatto fare brutta figura sulla scena internazionale. Niente di inedito: da un paio di giorni i gran fenomeni della nostra politica agiscono compatti. Frignano, rilasciano comunicati di fuoco, firmano editoriali furenti. Ma erano tutti lì in fila a baciare la pantofola a madama Ursula, quando i loro padroni lo pretendevano. Intendiamoci, qui non si tratta mica di difendere la Von der Leyen, Dio ce ne scampi. Vogliamo solo riportare un minimo di lucidità e dignità nel dibattito. Ursula andava affossata subito, al primo mandato. O per lo meno al secondo. Per farla fuori sarebbe bastato ricordarsi che era stata la madrina del Green deal e dei conseguenti danni causati all’economia europea, ben più pesanti di quelli che deriveranno dai dazi. Oppure sarebbe bastato tirare in ballo la vicenda Pfizer, rammentando i messaggini inviati dalla Von der Leyen al capo della multinazionale farmaceutica e poi molto opportunamente cancellati. Dove erano i nostri illuminati statisti quando ci sarebbe stato da opporsi con tutte le forze al ritorno della tedesca? Dove erano i nostri eroi quando si sarebbe dovuto alzare la voce, pretendere che la Commissione Ue facesse chiarezza sui vaccini e sui legami con Pfizer? Beh, è molto facile: tutti questi grandi geni stavano zitti, o peggio applaudivano Ursula, la sostenevano in quanto argine all’avanzata dei temibili sovranisti. E adesso guardali: fanno i furbi come Matteo Renzi e si sbracciano per dire che la loro amica non è in grado di guidare l’Unione. A questo punto è il caso di essere molto chiari: se Ursula è un disastro, è il loro disastro. Sono i cari progressisti ad averla voluta e ad aver insistito affinché le trattative sui dazi fossero gestite a livello comunitario. Sempre loro hanno votato la fiducia a questo esecutivo europeo. Ancora loro hanno fatto quadrato attorno alla Von Der Leyen quando blaterava di riarmo e la incensavano quando le sparava grosse all’indirizzo della Russia pur dimostrandosi totalmente incapace anche solo di avviare una trattativa. Non vi è dubbio che la presidente della Commissione europea sia una da levarsi di torno prima di subito. E non vi è dubbio che sia una iattura politica a tutto tondo. Ma ancora peggio di lei sono gli ipocriti che l’hanno legittimata e adesso ne prendono le distanze. Gli ipocriti che, per restare in tema fantozziano, contestano la contessa solo perché sperano nell’arrivo del Duca Conte (Mario Draghi) e si preparano già a inchinarsi al nuovo signore.
Regina Corradini (Imagoeconomica)
Alessandra Todde (Imagoeconomica)
Ecco #DimmiLaVerità del 19 settembre 2025. L'eurodeputato di Fdi Stefano Cavedagna commenta gli ultimi avvenimenti di politica europea e la richiesta di revoca della immunità per Ilaria Salis.