2020-12-18
La pesca «miracolosa» di Giuseppi
Prima in Senato e poi imbucandosi in ogni trasmissione tv, Matteo Renzi nell'ultima settimana ha usato la storia dei 18 pescatori trattenuti in Libia come perfetto esempio di inefficienza del governo. «Nel 2015, quando un peschereccio fu bloccato dai libici», ha ricordato nell'aula di Palazzo Madama, «io ho mobilitato una nave della Marina militare e ho risolto in sei ore. Domani invece sono 111 giorni (in realtà 108, ndr) che 18 pescatori sono prigionieri». Conclusione del ragionamento dell'ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte è una chiavica incapace di andare a riprendersi gli italiani ingiustamente sequestrati a settembre. Del resto, nella logica del fondatore di Italia via, tutto fa brodo pur di cuocere a fuoco lento il premier. E però, il caso della nave bloccata in acque internazionali dalle milizie del generale Haftar, signore della guerra spalleggiato da Egitto ed Emirati contro il governo di Fayez Al Serraj, si è ritorto proprio contro chi lo ha messo sul tavolo della maggioranza e ora rischia di diventare un boomerang, cioè il miglior biglietto da visita dell'avvocato di Volturara Appula. Il quale, a quanto pare, ha preso al volo l'accusa che Renzi gli ha lanciato in Senato e l'ha trasformata in un successo, forse l'unico di cui in questo momento l'esecutivo si possa vantare. Sì, loro malgrado i 18 pescatori tenuti in ostaggio per oltre tre mesi, sono diventati un'arma di distrazione di massa nella crisi di governo, uno strumento nelle mani di Giuseppi, il quale non si è fatto sfuggire l'occasione di salvarli per ribattere all'ex segretario del Pd e, soprattutto, recuperare un po' di smalto dopo gli errori delle ultime settimane, sul Recovery plan e sulla linea anti Covid. Certo, mentre chiedeva a Conte un passo indietro sulla cabina di regia per gestire i 209 miliardi in arrivo dall'Europa e mentre gli imputava di non aver fatto nulla per restituire i pescatori alle loro famiglie, Renzi non poteva immaginare che stava offrendo al presidente del Consiglio la miglior via di fuga per sottrarsi alla sua offensiva. Fosse stato più cauto, e più informato sul lavoro dei nostri servizi segreti, probabilmente si sarebbe risparmiato la figuraccia, ma chiedere al senatore semplice di Scandicci di essere cauto forse è come chiedergli di rispettare la parola data. Dopo la liberazione e il volo di Conte in Libia per riportare a casa con un aereo militare i rapiti, Renzi ha provato a metterci una pezza, invitando tutti a non fare polemiche «davanti alla notizia bellissima», ma forse più che agli altri parlava a sé stesso, dato che ieri era il suo giorno, quello che il fondatore di Italia viva aveva segnato sul calendario per la resa dei conti con il presidente del Consiglio. Dopo una settimana di minacce in prima serata, in cui si lasciava trasparire l'intenzione di uscire dal governo, Renzi doveva incontrare il premier per presentare la sua lista di richieste «prendere o lasciare», ossia l'ultimatum di un penultimatum. E invece, con la liberazione dei 18 pescatori, Conte lo ha lasciato con un palmo di naso, rinviando l'appuntamento che lo stesso ex segretario del Pd aveva fatto slittare per primo con la scusa di un viaggio a Bruxelles della ministra Bellanova. Ora, all'elenco di pretese renziane, molte delle quali immaginiamo siano costituite da istanze di governo e sottogoverno, cioè di poltrone, il presidente del Consiglio potrà ribattere con le immagini dei 18 pescatori riportati a casa a Natale. Come nelle migliori favole, Conte avrà dalla sua il lieto fine, che opporrà ai fini non proprio trasparenti del suo precedessore. Ciò detto, a prescindere dal duello in corso tra il capo del governo e il fondatore di Italia viva, la stessa liberazione dei 18 pescatori merita qualche riflessione. È chiaro che anche noi ci rallegriamo per la conclusione del loro sequestro: non più tardi di due settimane fa li avevamo ricordati in un editoriale del settimanale Panorama, chiedendo che non fossero dimenticati. Tuttavia, pur gioendo per il lieto fine, gradiremmo alcuni chiarimenti. Siccome sappiamo che il rapimento non fu casuale, ma che gli uomini di Haftar avevano bloccato il peschereccio e il suo equipaggio per poi chiedere un riscatto, ossia la liberazione di alcuni libici condannati in Italia come scafisti, che cosa è stato dato in cambio al generale che regna sulla Cirenaica? Conte è volato a Bengasi per baciare la pantofola di Haftar, ma quali doni gli ha consegnato per portarsi via i 18 pescatori? Non ci risulta che sul volo militare ci fossero i detenuti pretesi dal feldmaresciallo. E allora, il compromesso, su che cosa è stato raggiunto? Di certo, l'autoproclamato capo del governo libico che si oppone a Serraj i pescatori non li ha restituiti per trarre d'impaccio Conte. Dunque, quale altro mistero ci è nascosto?
Bologna, i resti dell'Audi rubata sulla quale due ragazzi albanesi stavano fuggendo dalla Polizia (Ansa)
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)