2022-12-17
Qatargate, nella lista dei sospetti tanti «alleati affidabili» di Soros
George Soros (Popow/ullstein bild via Getty Images)
Coincidenze: i progressisti e le Ong implicate erano in ottimi rapporti con Open society.L’attività lobbistica del Qatar in Europa ricorda non poco lo schema sperimentato dal controverso miliardario George Soros e dalla sua Open society. Nel mirino di Doha c’erano, oltre ai Mondiali di calcio, anche l’esenzione dall’obbligo dei visti per i cittadini del Qatar e la liberalizzazione dei voli per e dall’Europa, ma probabilmente anche delle azioni per danneggiare alcuni Paesi del Golfo rivali. E, così, sarebbero arrivati fondi per oliare i meccanismi della burocrazia e per ottenere qualche dichiarazione favorevole in aula e sulla stampa. Pressing, insomma. Azioni molto simili a quelle denunciate nel marzo 2017 da alcuni senatori repubblicani statunitensi che inviarono un’allarmante lettera al segretario di Stato, Rex Tillerson, per segnalare che alcuni «leader albanesi» avevano «parlato apertamente di pressioni da parte di diplomatici Usa e delle organizzazioni di Soros per spingere alcune riforme nel Paese». In particolare, per una riforma del sistema giudiziario, appoggiata dalla Open society, che i critici sostengono darebbe pieno controllo del sistema giudiziario albanese al governo socialista. Non solo. Il senatore Mike Lee, in particolare, chiedeva di indagare sui finanziamenti dell’Usaid, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, alla Open society in Macedonia, sollevando il sospetto che l’ambasciata statunitense stesse prendendo parte ai problemi politici di quel Paese. E per il Civil society project l’Usaid, tra il 2012 e il 2016, ha messo sul piatto quasi 5 milioni di dollari, per un progetto che avrebbe dovuto «educare i cittadini della Macedonia a un governo responsabile». E, stando all’organizzazione di Soros, il progetto avrebbe proprio educato centinaia di giovani macedoni «all’attivismo giovanile e all’uso dei nuovi media». Segnalazioni simili sarebbero arrivate ai senatori repubblicani da Africa e America Latina. E anche dall’Ungheria.Coincidenza, Antonio Panzeri, che stando alle accuse della Procura belga sarebbe uno dei perni attorno ai quali ruota tutta l’indagine sul Qatargate, veniva definito in un dossier per Open society come «alleato affidabile» dell’associazione di Soros. Ma nella lista degli alleati del miliardario con il pallino della filantropia e che finanzia le Ong dei taxi del mare nel Mediterraneo compariva anche il bassoliniano di ferro Andrea Cozzolino, europarlamentare dem napoletano che in Europa guida il gruppo di lavoro sul Maghreb, assistito a Bruxelles da uno dei pezzi da 90 dell’indagine, Francesco Giorgi, compagno di Eva Kaili, ora definito come il «pentito» dell’inchiesta per aver fatto le prime ammissioni davanti ai magistrati. L’altro uomo dell’inchiesta è Niccolò Figà Talamanca, segretario della Ong fondata nel 1993 da Emma Bonino (che non è indagata) e celebre per le battaglie per la protezione dei diritti umani No peace without justice. La vicinanza di Bonino a Soros è nota. Tanto che, la leader radicale, ritirando il Fred Cuny award dell’International crisis group nel 2015, mostrò una foto di Soros che l’abbracciava e scrisse su Facebook: «Emozione e gioia nel ricevere dalle mani di George Soros il Fred Cuny Award». Poi ci ha pensato Carlo Calenda a rilanciare il tema della vicinanza di Bonino a Soros: a Bruno Vespa, che l’ha riportato nel libro La grande tempesta, il leader di Azione ha raccontato che Soros avrebbe sovvenzionato la lista degli ex radicali. E Benedetto Della Vedova non ha smentito: «Alcuni candidati di +Europa hanno ricevuto un contributo diretto da parte di Soros per le spese della campagna elettorale. Il filantropo di origini ungheresi da tempo condivide e sostiene i nostri valori europeisti e le nostre battaglie per i diritti umani e lo Stato di diritto».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)