2022-10-01
Putin smembra l'Ucraina, poi offre la tregua
Vladimir Putin (Getty Images)
Lo zar celebra l’annessione di Donetsk, Lugansk, Zhaporizhzhia e Kherson. Avverte: «Questi cittadini sono russi per sempre». E attacca l’Occidente: «Vorrebbe imporre genitore 1 e genitore 2 pure da noi».Volodymyr Zelensky ora ha fretta e cerca un rifugio nella Nato. Gli alleati però frenano. Il presidente degli invasi rifiuta il dialogo. Ma registra la freddezza del Patto atlantico: «Nessuna corsia preferenziale per entrare». Usa, Ue e Onu condannano l’annessione.Lo speciale comprende due articoli.È stato un discorso duro quello pronunciato ieri dal presidente russo, Vladimir Putin, in occasione dell’annessione di quattro regioni ucraine finite sotto il controllo delle truppe di Mosca (Donetsk, Lugansk, Zhaporizhzhia e Kherson): un atto avvenuto dopo referendum giudicati illegali da Osce, Kiev e Occidente e formalizzato nel corso di una cerimonia al Cremlino, a cui hanno preso parte anche i leader filorussi delle stesse aree occupate (che costituiscono circa il 15% del territorio ucraino). «Voglio che le autorità di Kiev e i loro veri padroni in Occidente mi ascoltino, in modo che lo ricordino. Le persone che vivono a Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia stanno diventando nostri cittadini. Per sempre. Chiediamo al regime di Kiev di porre fine immediatamente alle ostilità, porre fine alla guerra che hanno scatenato nel 2014 e tornare al tavolo dei negoziati. Siamo pronti per questo. Ma non discuteremo della scelta delle persone. La Russia non le tradirà». Mosca, ha proseguito, «non vuole, né ha bisogno di un ritorno dell’Urss. l’amore per la Russia è un sentimento indistruttibile. Per questo anche i giovani nati dopo la tragedia della caduta dell’Urss hanno votato per l’annessione». Il capo del Cremlino è poi andato all’attacco dell’«egemonia occidentale», la cui fine risulterebbe per lui «irreversibile»: «L’Occidente vuole renderci una colonia, vuole defraudarci, non vuole una cooperazione. Anche la nostra cultura li spaventa, il nostro fiorire è un pericolo per loro. Sta portando avanti una guerra ibrida contro la Russia». «Vogliamo che in Russia ci siano genitore 1 e genitore 2 invece di mamma e papà? Ma siamo impazziti?», ha continuato, definendo «satanica» la società occidentale, per poi aggiungere: «Facendole abbandonare le forniture di idrocarburi dalla Russia, gli Usa stanno portando l’Europa alla deindustrializzazione». Il leader del Cremlino ha inoltre accusato gli anglosassoni di aver sabotato i gasdotti Nord Stream. «Agli anglosassoni non bastavano le sanzioni: si passa al sabotaggio. È difficile da credere, ma è un dato di fatto che hanno orchestrato le esplosioni sui gasdotti internazionali Nord Stream», ha detto, per poi dare anche il via libera alla vendita della partecipazione di Enel in Enel Russia a Lukoil e al fondo Gazprombank-Fresia.Ora, è chiaro che, con questo discorso, Putin punta a conseguire alcuni obiettivi. Sotto il profilo militare, il capo del Cremlino spera di dissuadere gli ucraini da una controffensiva nel Donbass, facendo leva sull’attuale dottrina nucleare russa, che (in determinate circostanze) prevede l’uso dell’arma nucleare anche in caso di attacco convenzionale. Mosca spera quindi che Washington dissuada Kiev dal cercare di riprendere i territori annessi. In un simile quadro, lo zar ha di nuovo (ancorché indirettamente) ventilato la minaccia nucleare, sostenendo che gli Usa hanno «stabilito un precedente» a Hiroshima e Nagasaki. Non è tuttavia detto che questa scommessa di deterrenza funzioni. Primo: è tutto da dimostrare che Kiev rinunci ipso facto al Donbass. Secondo: Turchia e Cina, che finora avevano spalleggiato la Russia, si sono mostrate freddissime nei confronti dei referendum degli scorsi giorni. Da questo punto di vista, Putin, che deve anche gestire un establishment russo attraversato da malumori, rischia quindi di alienarsi le simpatie di Paesi che sino ad oggi gli strizzavano l’occhio. Tutto ciò potenzialmente azzoppa la capacità di deterrenza di Mosca, perché riduce la probabilità che il leader russo possa realmente ricorrere al nucleare: uno scenario del genere porterebbe infatti proprio questi Paesi a sganciarsi dal Cremlino. Resta quindi verosimile solo il caso della mossa disperata (eventualità che comunque non può essere esclusa). Ulteriore aspetto da considerare nel discorso di ieri è quello ideologico. Putin ha presentato il conflitto in corso come uno scontro valoriale tra Russia e Occidente. La mossa non è nuova e, oltre a esigenze di compattamento interno, mira ad alimentare un sentimento di avversione agli Stati Uniti d’America sul piano internazionale e, soprattutto, a rinsaldare l’asse tra Mosca e Pechino: un asse che, dal 4 febbraio, ha assunto una marcata impronta antiamericana e terzomondista. Anche qui lo zar rischia però un rovescio della medaglia. In primis, la retorica terzomondista di Russia e Cina si sta sempre più palesando come assai scarsamente fondata: Mosca è oggi tra i principali fornitori di armi all’Africa e, soprattutto attraverso i mercenari del Wagner Group, sta intensificando la propria presenza politico-militare sull’Est della Libia e sul Sahel. In secondo luogo, Pechino è, sì, interessata a mettere in crisi l’ordine internazionale occidentale, ma punta a farlo partendo da una base pragmatica. Ora, come emerso dal vertice di Samarcanda, non è un mistero che Xi Jinping sia preoccupato da come il Cremlino stia conducendo la guerra. La freddezza del Dragone verso le ultime mosse di Putin potrebbe quindi essere dettata dal fatto che il leader cinese percepisca l’omologo russo come in crescente difficoltà: fattore che - se confermato- porterebbe prevedibilmente Pechino a un irrigidimento nei rapporti con il Cremlino. La situazione complessiva resta incerta, mentre la tensione cresce sulla scia delle annessioni. La sensazione è che Putin si stia giocando il tutto per tutto. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/putin-si-prende-un-pezzo-di-ucraina-poi-offre-la-tregua-kiev-si-fermi-2658368101.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="zelensky-ora-ha-fretta-e-cerca-un-rifugio-nella-nato-gli-alleati-pero-frenano" data-post-id="2658368101" data-published-at="1664577459" data-use-pagination="False"> Zelensky ora ha fretta e cerca un rifugio nella Nato. Gli alleati però frenano L’annessione delle regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, dopo i referendum voluti dalla Russia, incassa la secca bocciatura da parte della comunità internazionale. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si chiude a riccio e rifiuta ogni proposta di dialogo o di tregua avanzata dallo zar dopo la cerimonia di ieri. Zelensky ha chiarito che finché il presidente russo sarà Vladimir Putin non ci sarà alcun incontro. Al contempo, ha «spinto» sulla richiesta - che per un po’ era stata accantonata - di entrare a far parte della Nato. Freddina la risposta proveniente da fonti dell’Alleanza: «Gli alleati si consultano, discutono, ci sono criteri da rispettare e qualsiasi decisione di adesione deve essere collettiva. Poi servono le ratifiche nazionali, quindi nessuna corsia preferenziale per nessuno». Il presidente ucraino, comunque, è certo di poter andare avanti e di prevalere su Mosca. «L’intero territorio del nostro Stato sarà liberato da questo nemico, il nemico non solo dell’Ucraina, ma anche della vita stessa, dell’umanità, della legge e della verità», ha dichiarato, stroncando ogni illusione circa possibili mediazioni di altri attori internazionali. «Con il tentativo di annettere quattro regioni ucraine, Putin cerca di impadronirsi di territori che non controlla nemmeno fisicamente sul terreno», ha a sua volta chiarito il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. In appoggio a Kiev è intervenuto l’alleato americano, condannando quello che Joe Biden ha definito «il fraudolento tentativo della Russia di annettersi il territorio sovrano ucraino». Biden ha lanciato nuove sanzioni, proprio in risposta ai proclami putiniani. «Sanzioni», ha proseguito il presidente americano, «che imporranno un costo su individui ed entità, fuori e dentro la Russia, che forniscono sostegno economico e politico ai tentativi illegali di cambiare lo status del territorio ucraino». Anche il governo britannico si è allineato sulle sanzioni. Il Foreign office ha annunciato che Mosca perderà l’accesso ai principali servizi occidentali da cui dipende e verrà introdotto il divieto di esportazione per quasi 700 beni che sono cruciali per le capacità industriali e tecnologiche russe. È stata poi sanzionata Elvira Nabiullina, la governatrice della Banca centrale della Federazione russa. Immediata anche la reazione della Nato sull’annessione celebrata dal Cremlino, ma non sul possibile ingresso di Kiev nell’Alleanza atlantica. Il segretario, Jens Stoltenberg (secondo cui «è necessaria l’unanimità» per l’ingresso nel Patto di un nuovo soggetto), ha parlato con il presidente Zelensky e ha chiarito che «gli alleati della Nato sono incrollabili nel sostegno alla sovranità e al diritto di autodifesa dell’Ucraina». Stoltenberg si è trovato in perfetta armonia, sul punto, con il Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan. A sua volta l’Onu, tirata in ballo da Biden e da tutti gli attori internazionali, ha fatto sentire la sua voce. «La Carta delle Nazioni Unite è chiara. Qualsiasi annessione del territorio di uno Stato da parte di un altro Stato risultante dalla minaccia o dall’uso della forza costituisce una violazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale», ha spiegato il segretario generale, Antonio Guterres. La maggioranza dei Paesi che compongono il Consiglio di sicurezza, del resto, ha già definito il voto per l’annessione «una farsa». Guterres ha poi voluto ricordare la speciale posizione che la Russia occupa come membro fondatore dell’Onu e del Consiglio di sicurezza: «La Federazione russa, in quanto uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, condivide una particolare responsabilità nel rispetto della Carta.. I cosiddetti “referenda” nelle regioni occupate sono stati condotti durante un conflitto armato attivo, in aree sotto l’occupazione russa e al di fuori del quadro giuridico e costituzionale dell’Ucraina. Per questo motivo non possono essere definiti un’espressione genuina della volontà popolare». Interessante la posizione della Cina, che comunque resta legata a filo doppio a Putin per interessi economici e strategici ma non si lascia trascinare nella «trappola» di un «sì» all’annessione. «Abbiamo sempre sostenuto che l’integrità sovrana e territoriale di tutti i Paesi dovrebbe essere rispettata», così come «gli scopi e i principi della Carta dell’Onu», ha detto il portavoce del ministro degli Esteri, Wang Wenbin. Wang, che ha ricordato che Pechino non si tirerà indietro rispetto al ruolo a livello internazionale. «Saremo sempre dalla parte della pace e continueremo a svolgere un ruolo costruttivo nell’attenuare la situazione», ha assicurato il portavoce. Anche l’Ue ha condannato in blocco l’annessione. L’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera, Josep Borrell, ha parlato di «violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina in un contesto di violazioni sistematiche dei diritti umani». Per l’Italia, la probabile futura premier Giorgia Meloni ha ribadito la vicinanza a Zelensky, già manifestata al momento della sua vittoria alle elezioni. «La dichiarazione di annessione dopo i referendum farsa svoltisi sotto violenta occupazione militare non ha alcun valore giuridico o politico», ha dichiarato la leader di Fdi. Che ha incassato il ringraziamento di Kiev «per la sua posizione chiara». «La Germania non riconoscerà mai l’esito dei referendum», ha detto infine il cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Jose Mourinho (Getty Images)