2023-11-21
Putin ritrova la sua poltrona al G20 mentre l’Ue torna a comprargli il gas
Al vertice dei grandi di domani in India lo zar ci sarà, a differenza di Volodomyr Zelensky. Gli Usa con Austin promettono aiuti a Kiev, ma il disimpegno è nei fatti e sarà a spese dell’Europa. Che pagherà 6 miliardi per il Gnl di Mosca.Sembrano passati anni da quando la Corte penale internazionale emise il mandato di cattura internazionale nei confronti del presidente russo Vladimir Putin. Accadeva invece meno di un anno fa. Il 17 marzo 2023 Piotr Józef Hofmański, membro della Corte dell’Aja, rivolgendosi ai giornalisti annunciò: «La Corte penale internazionale ha emesso due mandati di cattura per la situazione ucraina nei confronti di Putin, presidente della Federazione russa, per presunti crimini di guerra di deportazione di bambini dai territori occupati ucraini nella Federazione russa. È vietato dal diritto internazionale alle potenze occupanti trasferire civili ai sensi della Convenzione di Ginevra». Oggi sembra tutto dimenticato, perché Putin dopo esser stato per mesi il nemico numero uno dell’Occidente, è stato invitato di nuovo a sedersi tra i grandi in occasione del prossimo vertice del G20. Mercoledì alla conferenza virtuale organizzata dall’India di Narendra Modi, Putin parlerà e si confronterà con gli altri leader internazionali per la prima volta dopo l’inizio del conflitto in Ucraina. Kiev naturalmente non facendo parte del G20 non è stata invitata, oggi così come all’ultima riunione. A Bali, invece, il presidente ucraino, Volodomyr Zelensky, fu invitato come ospito ma finì per partecipare come protagonista. Le dinamiche mondiali insomma cambiano, le priorità anche. Secondo il Telegraph infatti ci sarebbe un cambiamento di rotta anche per quanto riguarda le politiche europee di approvvigionamento del gas. Dopo mesi e mesi in cui si sono fatti i salti mortali pur di non rifornirsi più dal nemico russo, oggi si cambia idea. Entro la fine dell’anno l’Europa avrà speso circa 6 miliardi di euro per importare Gnl proveniente da Mosca. Il gas liquefatto russo infatti continua a essere acquistato dai Paesi europei nonostante la promessa di non comprare più combustibili dallo zar. Spagna e Francia sono il secondo e il terzo maggiore acquirente di gas naturale liquefatto russo dietro la Cina, secondo il quotidiano inglese. Il Financial Times a fine agosto pubblicava una ricerca dell’organizzazione non governativa Global witness che denunciava lo stesso fatto. L’Ong americana accusava l’Europa di finanziare la guerra di Putin avendo aumentato le importazioni di Gnl proveniente da Mosca: la Spagna a fine agosto risultava il secondo più grande compratore di gas naturale liquefatto russo con il 18% del totale. Il primo resta la Cina che ne acquista il 20% del totale su piazza. Global witness ha evidenziato che nel periodo gennaio-luglio del 2023 gli acquisti europei di Gnl russo sono cresciuti del 40 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021, facendo della Russia è il secondo fornitore di Gnl dell’Ue dopo gli Stati Uniti. «Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?», chiedeva l’allora premier Mario Draghi agli italiani nell’aprile del 2022. Senso di colpa e bollette altissime, così siamo andati avanti con il risultato di non esserci affrancati dal gas russo e anzi, con la certezza di pagare di più lo stesso prodotto che oltretutto non può essere utilizzato così com’è, ma va riconvertito con i rigassificatori, la cui collocazione abbiamo già visto quanto possa essere difficile nel nostro Paese. Un gioco dell’oca per cui si è costretti a ripartire dal via e il cui biglietto viene pagato dagli europei a prezzi salatissimi. Ancor più salato sarà il conto finale. È lo stesso Josep Borrell ad averlo detto non più tardi di qualche giorno fa. L’Alto rappresentante della politica estera europea in occasione del congresso del Partito socialista europeo a Malaga ha avvertito: «L’Unione europea dovrebbe prepararsi a compensare gli aiuti statunitensi a Kiev, che potrebbero essere tagliati». Ieri il segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, si è recato proprio a Kiev per rassicurare il premier ucraino che il sostegno americano continuerà a esserci a lungo termine. Eppure con un nuovo fronte aperto in Medioriente i malumori per gli ingenti finanziamenti a Kiev all’interno del congresso Usa si fanno sentire sempre di più. E le parole di Austin non trovano riscontro nei fatti. Il 2 novembre il Congresso ha cominciato a discutere di un pacchetto unico di aiuti militari per Israele e l’Ucraina. Sia i democratici sia i repubblicani sono pronti ad approvare rapidamente gli aiuti per Israele, alleato storico degli Stati Uniti in guerra con Hamas, ma su quelli per l’Ucraina ci sono divisioni che sembrerebbero incolmabili. Alla Camera dei rappresentanti, controllata dal Partito repubblicano, un gruppo di deputati di destra chiede la fine immediata degli aiuti a Kiev. E il nuovo Speaker della camera, il repubblicano Mike Johnson, sembrerebbe disponibile ad accontentarli. La sfida di Biden adesso è quella di far approvare il pacchetto unico, ma se non dovesse riuscirci, a pagarne le spese sarà soprattutto l’Europa.
Maria Rita Parsi (Imagoeconomica)
La sede di Bankitalia. Nel riquadro, Claudio Borghi (Imagoeconomica)