2022-04-14
Putin pronto con le contromosse: 7 miliardi e 500 aziende in ostaggio
Espropri, blocco delle materie prime e pagamento in rubli: imprese preoccupate per le ritorsioni che Mosca può scatenare.Il conflitto russo ucraino ci ha insegnato che il campo di battaglia può essere anche quello dei mercati. Così, dopo le sanzioni che l’Ue (e l’Italia in particolare) ha comminato alla Russia, ora è il tempo delle limitazioni che Mosca imporrà per danneggiare le imprese italiane. Il primo problema, è quello legato ai pagamenti in rubli. Molte aziende italiane, di fatto, già ora non possono ricevere pagamenti da Mosca per via della difficoltà a pagare in una valuta che non sia il rublo. Nel caso della filiera agro alimentare, per esempio, il timore è quello di un divieto su alcuni prodotti specifici, forieri di grandi fatturati, per le aziende italiane. Oggi, per intenderci, le sanzioni riguardano formaggi e salumi, ortofrutta: prodotti importanti, ma non tanto quanto lo sarebbe il potenziale blocco su pane, pasta, sughi e vino italiano. Si tratta di un giro d’affari a rischio, per l’Italia, per circa 600 milioni di euro l’anno. Il blocco su questi prodotti, poi, potrebbe favorire il commercio di prodotti dal nome italiano ma che di fatto non lo sono (il fenomeno dell’italian sounding), cibi che finirebbero sulle tavole dei ristoranti italiani in Russia e sugli scaffali dei supermercati. «Nel caso di contro sanzioni della Russia», dice alla Verità il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora, «il primo problema per l’Italia potrebbe riguardare l’1,5% del totale delle nostre esportazioni, cioè quei 7-8 miliardi di euro (su circa 550 miliardi totali) di prodotti made in Italy venduti dalle imprese del nostro Paese nel mercato russo: parliamo, in particolare, di beni del comparto moda (pelletteria e maglieria) e del settore alimentare», spiega. «Mosca, qualora le tensioni con l’Occidente dovessero proseguire a lungo, potrebbe deliberare una sorta di contro embargo, oppure imporre dazi pesantissimi, che limiterebbero fortemente il nostro commercio. L’altro fronte che desta preoccupazione, è quello delle materie prime: non c’è solo il gas, ma anche l’acciaio (e più in generale il ferro) e il legno, indispensabili per ambiti rilevanti della nostra manifattura, i cui costi di produzione potrebbero diventare esorbitanti e cagionare addirittura il blocco delle fabbriche. L’auspicio è che il governo italiano, assieme all’Unione europea, tenga conto dei possibili scenari avversi che le aziende del nostro Paese potrebbero essere costrette a fronteggiare nelle prossime settimane e mesi. Sarebbe indispensabile, in questo senso, la costituzione di un fondo specifico proprio per fronteggiare questo tipo di emergenze», concludono da Unimpresa.D’altronde, non c’è solo il gas in arrivo dalla Russia che scalda gli italiani e fa girare le nostre fabbriche. Una stretta sulle materie prime rare, o sul grano, potrebbe avere effetti devastanti per la nostra economia. L’altro grande timore è che la Russia possa procedere con un piano shock di nazionalizzazioni, che potrebbe comprendere anche aziende italiane nell’ex Unione Sovietica. Del resto, in Russia ci sono circa 500 società iscritte a Confindustria, con un fatturato di sette miliardi e mezzo e uno stock di merci di oltre undici miliardi di euro. Il presidente russo Vladimir Putin vorrebbe sfruttare il fatto che diverse aziende occidentali, a causa delle sanzioni, abbiano deciso di interrompere l’attività dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. La speranza è di usarle, come strumento di pressione, sui propri governi, per chiedere di allentare le sanzioni. Il Cremlino, in pratica, vorrebbe spingere le società estere in terra russa o a vendere le loro proprietà, in rubli, oppure ad affidarle a una amministrazione fiduciaria stabilita da Mosca.Non mancano nemmeno paure per il mondo italiano dell’autotrasporto. «La presenza di eventuali penalizzazioni da parte della Russia, in termini di divieti al transito ovvero di limitazioni agli accessi sul versante dell’est Europa», spiega alla Verità Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito, «questo comporterebbe il collasso totale dei nostri traffici internazionali, al punto da mettere in discussione tutti i sistemi autorizzativi realizzati con ciascun Paese extracomunitario», conclude.Le paure per il trasporto su gomma non sono molto diverse da quelle via mare. Il timore è che Mosca imponga divieti di transito anche per le navi e questo avrebbe un importante impatto per le società italiane del settore. «Abbiamo già visto cosa è successo», dice alla Verità, Stefano Messina, presidente di Assarmatori, «ancora prima delle sanzioni imposte contro la Russia, ai prezzi schizzati alle stelle e alla carenza di alcune materie prime di fondamentale importanza e adesso, mentre restano ancora tutti da valutare gli effetti del quadro sanzionatorio sempre più duro verso Mosca, ci troviamo a fare i conti con una minaccia concreta e reiterata che anche Putin possa muoversi sullo stesso campo per una sorta di ritorsione. Lo shipping e l’industria marittima, vocati naturalmente al commercio internazionale, ne risentirebbero per primi e in modo più pesante, con ripercussioni a valle su tutta la catena logistica e sul sistema Paese».