2023-05-26
Provano a salvare Speranza & C. dal processo
Surreale editoriale di «Repubblica», che dopo decenni di stampa manettara, si scandalizza per l’indagine a carico di quelli che ci avrebbero «portato fuori» dalla pandemia. È l’ennesima conferma di quanto sia urgente un’inchiesta del Parlamento.In Italia un processo non si nega mai a nessuno. Ricordo che, dopo il terremoto dell’Aquila, furono messi sul banco degli imputati i componenti della Commissione grandi rischi, colpevoli di non aver avvisato i cittadini della possibilità che le scosse si ripetessero e anche con intensità maggiore di quelle fino ad allora registrate. Guido Bertolaso, capo della Protezione civile, fu indagato per omicidio colposo plurimo e disastro colposo, per aver detto al telefono che serviva un’operazione mediatica per tranquillizzare le persone. Tuttavia, nonostante le accuse nei confronti degli esperti e dell’uomo che guidava i soccorsi siano apparse fin dall’inizio assurde, perché nessuno è in grado di prevedere i terremoti, all’epoca non ci fu chi si strappò le vesti per l’apertura di quei procedimenti. Anzi, giornali manettari come La Repubblica, essendoci di mezzo un sottosegretario del governo berlusconiano, si fregarono le mani, facendo il tifo affinché quello fosse l’inizio di un’offensiva giudiziaria contro il Cavaliere. Non avendo avuto fortuna con il terremoto, che non seppellì il leader di Forza Italia, poi il giornale radical chic ci provò con le ragazze, spedendo i suoi migliori cronisti a frugare sotto le lenzuola di Berlusconi. Tutto ciò per dire che a Repubblica con le indagini della magistratura sono sempre andati a nozze, prova ne sia che devono il loro miglior successo all’inchiesta sulla P2, che trasformarono in un corpo del reato da usare come manganello contro gli avversari editoriali, Corriere della Sera in primis. Anzi, quando venne il momento, sebbene di reati non ne fossero stati trovati, usarono la commissione d’inchiesta per processare un sistema e, soprattutto, una classe politica. Però, ora che avanza un’inchiesta per giudicare chi ha gestito l’emergenza Covid, nel quotidiano della sinistra radicale sono in allarme, al punto da schierare un puntuto editoriale della responsabile salute del giornale a difesa dei funzionari ministeriali e dei politici che si occuparono dell’epidemia di Covid. Giù le mani da Speranza e compagni, è il grido della gloriosa testata che un tempo fu di Eugenio Scalfari, altro manettaro purché il candidato ai braccialetti non fosse uno di famiglia come Carlo De Benedetti. Secondo Daniela Minerva, un processo a chi ha gestito i tre anni in cui il coronavirus ha dilagato è assurdo. Ma come? Si mandano alla sbarra proprio gli uomini che ci hanno portato fuori della pandemia? - si chiede in maniera retorica la collega «repubblichina». «La Procura di Bergamo li ha chiamati a giudizio, il Parlamento ha avviato una commissione d’inchiesta. Il ministro della Salute (Roberto Speranza), il presidente del Consiglio (Giuseppe Conte) e quei poveretti del Cts, chiamati dal governo a gestire un evento unico, improvviso e sconosciuto alla medicina». Embè? Che c’è di male? Cosa c’è da stupirsi? Se non ci si è stupiti per un’indagine a carico del capo dei soccorsi ai terremotati dell’Aquila e della Commissione grandi rischi, perché allarmarsi se un tribunale penale e uno parlamentare vogliono fare chiarezza su quanto è accaduto? Tra il 2020 e il 2022 sono morti di Covid quasi 180.000 italiani e le decisioni prese per fermare i contagi non sempre hanno funzionato. Grazie all’inchiesta di Bergamo, abbiamo già scoperto che al ministero non soltanto non avevano un piano pandemico aggiornato, ma c’era un direttore che nemmeno sapeva di doverlo aggiornare. Tralascio tutte le cose che in quella stagione non hanno funzionato, dai ritardi con cui si sono prese le decisioni di chiudere gli aeroporti agli aerei provenienti dalla Cina, all’assenza di qualsiasi controllo alle frontiere; dalla mancanza dei dispositivi di sicurezza che avrebbero potuto frenare la diffusione del virus, alla «dimenticanza» che ha lasciato i medici di famiglia soli e senza istruzioni davanti a un’epidemia; dalla cresta sulle forniture di dispositivi medici, alla «profilassi» a base di Tachipirina e vigile attesa per curare il contagio. Gli errori sono stati innumerevoli e perfino Repubblica, alla fine, è costretta ad ammettere che qualche cosa non ha funzionato. Tuttavia, per salvare amici e compagni, l’editorialista del quotidiano radical chic sostiene di non avere dubbi, emettendo una sentenza di proscioglimento prima ancora che lo faccia un tribunale: «Hanno fatto il meglio che si potesse fare».Come dicevo, in questo Paese si sono fatte commissioni su ogni fenomeno, dalla condizione giovanile a quella degli anziani, sugli errori in campo sanitario e sui femminicidi, ma provare a capire se qualcuno, chiudendo in casa gli italiani o imponendo il green pass ha sbagliato, per Repubblica è un’assurdità. Si può indagare su tutto, anche sul Padreterno, ma mettere sul banco degli imputati chi stava al governo o al ministero mentre morivano 180.000 persone no, non si può.Ero già assolutamente certo della necessità di una commissione d’inchiesta per far chiarezza su che cosa sia accaduto negli anni passati, ma ieri, dopo l’editoriale in difesa di Speranza e compagni ne sono anche più convinto. L’inchiesta e il processo si devono fare. Per le 180.000 vittime e per quei milioni di italiani che hanno subito discriminazioni e abusi costituzionali.
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