2018-04-01
L’oligopolio delle protesi acustiche regalerà 400 milioni alle lobby
Con i nuovi livelli essenziali di assistenza, sfornati dal governo Gentiloni, l'assegnazione verrà decisa da gare pubbliche. Il cittadino non potrà più scegliere il suo specialista di fiducia per l'applicazione, ma dovrà rivolgersi solo all'azienda che ha vinto l'appalto.Con i nuovi Lea, Livelli essenziali di assistenza, programmati dal governo di Matteo Renzi e licenziati da Paolo Gentiloni un mese dopo il suo insediamento, l'assegnazione delle protesi acustiche è stata equiparata a quella per la consegna di una semplice stampella o di un pannolone. L'Aipas, associazione che rappresenta gli audioproteisti, gli audiometristi e le aziende audioprotesiche, ha denunciato il pasticcio e ha tentato un salvataggio estremo in calcio d'angolo con un ricorso al Tar, perché, sostengono gli associati, «i cittadini non avranno più la possibilità di scegliere il tecnico di fiducia che, attraverso la sua consulenza e assistenza, avrebbe applicato il dispositivo e la terapia più adatti alle esigenze personali del paziente».Ora il rifornimento delle protesi, con la scusa della spending review, avverrà attraverso gare pubbliche. La prima ad adeguarsi è stata una Regione a guida dem, la Basilicata di Marcello Pittella, dalla quale proviene Vito De Filippo, ex sottosegretario di Beatrice Lorenzin. Secondo l'associazione, il paziente dovrà rivolgersi a un solo fornitore, quello che ha vinto l'appalto e non potrà più ottenere la libera scelta tra le 1.200 aziende fornitrici, nonché l'apparecchio indicato dal suo specialista di fiducia. Così facendo, ha segnalato alla Verità l'associazione tramite il suo presidente Antonio Cusano, gli apparecchi acustici vengono liquidati alla stregua di una stampella o di un'altra qualsiasi protesi. L'aspetto davvero negativo, tra i tanti indicati nelle diffide e nelle lettere di protesta inviate al governo dall'associazione, è che ci sarebbe uno scarso ricambio tecnologico. La gara, insomma, oltre a favorire un cartello (l'associazione lo definisce un «oligopolio») del settore, non garantirebbe né l'appropriatezza, né la qualità della prestazione, generando anche inevitabili sprechi. Perché il costo dell'ausilio acustico ora è diviso così: un quarto per il prodotto e tre quarti per la prestazione (mentre nella gara espletata in Basilicata e uscita a dicembre 2017 ci sono già state due rettifiche e la parola «prestazione» si è trasformata in «servizio»). «Le lobby si stanno già sfregando le mani, a discapito delle piccole aziende che da qui a un anno», spiega Cusano, «si dimezzeranno». E dall'Aipas si chiedono: «Si è calcolato l'impatto economico che si subirà a seguito della chiusura delle aziende italiane?». Si sono preoccupati finanche da Amplifon, azienda italiana che opera a livello mondiale in 20 Paesi. Riccardo Cattaneo, Group regulatory dell'azienda, ha scritto a Renato Brunetta e ad Amedeo Laboccetta, esprimendo tutte le sue perplessità sull'aggiornamento dei Lea. Il giro d'affari è di circa 400 milioni annui. I prezzi delle protesi sono contenuti in un «nomenclatore tariffario», allegato ai Lea, che stabilisce caratteristiche tecniche e prezzi. E stabilisce anche che un sordo italiano, in media, paga quasi il doppio di un sordo tedesco. E così, un modello che in Germania costa poco più di 1.000 euro, in Italia arriva a superare i 2.000.I colossi del mercato, tra i quali ci sono soprattutto la danese Beltone, azienda leader a livello mondiale, e l'australiana Cochlear, hanno anche delle esclusive su alcuni prodotti. «E se nelle gare dovessero esserci delle richieste precise», aggiunge Cusano, «verrebbe limitata la competitività». Risultato? «Nell'arco di qualche anno è prevedibile un'impennata dei prezzi». E, a subirne i danni, saranno i pazienti già fortemente penalizzati dal loro handicap. È bastato cambiare la descrizione del prodotto, che prima era considerato «assimilato agli apparecchi acustici su misura» e con i nuovi Lea, invece, viene definito «di serie». Ossia si è passati dalla personalizzazione accoppiata alla professione sanitaria ai prodotti standard acquistati in quantità. Prima il livello di personalizzazione era altissimo, garantito dalla competenza dell'audioprotesista che sceglieva e adattava la protesi più giusta, realizzando un progetto di riabilitazione su misura. Il nuovo principio introdotto da Lorenzin, invece, è questo: il Servizio sanitario nazionale offre una protesi acustica «di serie», che poi va solo adattata al paziente. «Ma l'ausilio protesico», spiega ancora Cusano, «è un dispositivo complesso, che necessita di cinque fasi per individuazione e applicazione». E i limiti della nuova legge sono emersi subito: «L'individuazione dell'apparecchio viene fatta post gara, non si potranno scegliere più il prodotto o il professionista al quale affidarsi, svilendo così la figura dell'audioprotesista». E favorendo le lobby. La Cgil lo ha denunciato più volte: «Forse, da ministro, Lorenzin è stata più attenta agli interessi delle lobby del privato che ai bisogni dei cittadini e dei lavoratori». Come dice Marco Gentili, dell'associazione Luca Coscioni: «Voglio scegliere la mia carrozzina perché ci passo tutta la vita sopra». «Lo stesso vale per i nostri utenti (oltre 1 milione di persone, ndr)», spiega l'Audioprotesista, rivista specialistica del settore, «che con l'apparecchio acustico avevano sensibilmente migliorato la propria qualità di vita». Gentili, che è iscritto al Pd, un anno fa ha scritto a Matteo Renzi: «Lo sai che mentre la legge impone all'audioprotesista di scegliere la protesi idonea per rispondere a un bisogno specifico di una persona, con il tuo decreto non sarà più lui a farlo e quindi non sarà più responsabile dei risultati che otterrà? Ve ne siete lavati le mani e avete scaricato la responsabilità sulle Asl». E ora bisognerà correre ai ripari.
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