2019-07-17
Prosciutto ucciso dai furbetti del porcellino
Lo scandalo di Parma e San Daniele rivela che la suinicoltura italiana è ormai marginale, alla faccia della Dop economy. L'hanno distrutta la condanna delle porcilaie come bombe ecologiche e lager per animali e il sistematico dumping europeo.La chiamano Dop economy. È l'epoca dello storytelling: lo fanno nei supermercati di lusso che poi hanno i bilanci in rosso, lo hanno fatto all'Expo, lo fanno in televisione. In Europa c'è chi è molto più bravo di noi. E ci ha costruito un impero, mentre l'Italia deperisce difendendo una casta di mandarini che campano alle spalle dei contadini. È roba di maiali. Quante volte avete visto il mitico osso di cavallo che penetra la coscia del Parma? Il naso dello stagionatore, come l'uomo Del Monte in un vecchio spot, s'arriccia di soddisfazione e finalmente «ha detto sì». Dal 2014 al 2018 quel naso - come ha rivelato fin dall'aprile del 2018 Il Fatto alimentare - doveva essere raffreddato perché sono stati marchiati milioni di prosciutti che non potevano essere dichiarati Parma Dop. Lo stesso è successo a San Daniele, in Friuli. I conti? Li hanno fatti la Procura di Torino e quella di Udine: sono stati sequestrati 850.000 prosciutti, altri 500.000 li hanno «sbiancati» cioè hanno tolto (dopo, solo dopo) i marchi della Dop, e altri 450.000 sono stati ritirati dal mercato dai produttori. Siccome la stagionatura dura dai 12 ai 14 mesi e la faccenda è esplosa a inizio 2018 è assai probabile che siano stati messi sul mercato almeno 5 milioni di prosciutti fasulli. Una truffa da centinaia di milioni. La cosa curiosa è che i due Consorzi Dop Parma e San Daniele nell' inchiesta di Torino e Udine (ci sono già state le prime condanne, sono coinvolte almeno 300 aziende, oltre 100 gli indagati) si dichiarano parte lesa. A leggere il discorso d'insediamento di Vittorio Capanna che un anno fa è stato riconfermato presidente del Consorzio c'è da evocare Ennio Flaiano: la situazione è grave, ma non è seria. Capanna ha scandito: «L'obiettivo strategico del nuovo Consiglio di amministrazione è quello di lavorare in continuità con il recente passato (sic!) al fine di salvaguardare l'intero settore produttivo. Dobbiamo garantire la credibilità del prosciutto di Parma nel pieno rispetto del disciplinare». L'inchiesta era già partita e una settimana dopo il ministro dell'agricoltura e turismo Gian Marco Centinaio ha commissariato gli istituti di certificazione. «Parma Qualità» che certifica Parma e Modena Dop, Culatelo di Zibello e Salame di Varzi è di proprietà di allevatori e trasformatori dei maiali cioè i controllori sono la stessa cosa dei controllati. Nel caso dell'istituto friulano la faccenda è ancora più grave perché l'Ifcq controlla un'altra ventina tra Dop e Igp di salumeria. I tre soci dell'Istituto Parma qualità sono il Consorzio del prosciutto di Parma, l'Assica (la Confindustria di chi lavora le carni) e l'Unione nazionale associazione produttori suini. L'organismo di controllo di San Daniele è di proprietà del Consorzio Dop presieduto da Giuseppe Vallini (il principale produttore) e di Assica. Gian Marco Centinaio perciò all'assemblea delle Dop e Igp ha annunciato: «Ho pronta una legge che impedirà ai consorzi di tutela di essere al tempo stesso controllori e controllati dei prodotti dei propri associati. Vanno garantiti controlli di organismi esterni in grado di offrire la necessaria terzietà». Ma da cosa è originata questa «tafazzata» dell'agricoltura italiana? Da uno scandalo sui maiali che ha la sua origine in Europa. Il Parma e il San Daniele si possono fare solo da maiale pesante italiano. Per contrastare il dumping europeo centinaia di allevatori hanno cominciato a inseminare le scrofe con Duroc olandese. La differenza è abissale. Il maiale pesante italiano ha grasso sufficiente per reggere la stagionatura del prosciutto, i maiali del nord Europa sono più magri, la loro carne contiene molta più acqua. Se li trasformi in prosciutto per asciugarli devi usare le stufe, la carne assorbe molto più sale e devi venderli in fretta perché altrimenti calano di peso. Una ragione c'è: nel Nord Europa i maiali vengono allevati per il consumo fresco, vengono macellati sotto il quintale di peso, più o meno attorno ai 5 mesi. I Duroc olandesi, i Poland China, i Large White gonfiano velocemente. Questo ha determinato lo scandalo. Il disciplinare del Parma (e del San Daniele) prevede che il maiale debba essere macellato quando raggiunge tra i 145 e i 160 chili di peso e non prima dei nove mesi. Ma il Duroc danese cresce molto più in fretta. Già a sette mesi ha il peso giusto da disciplinare. Vuol dire risparmiare 40 giorni di mangime. Tant'è che taroccavano anche le età dei suini e nella filiera erano tutti consapevoli della frode. In danno prima di tutto degli allevatori onesti e di chi ha in azienda l'intero ciclo perché la contrazione dei margini ha portato la filiera a frantumarsi trasformando gli operai in contoterzisti. Oggi c'è chi insemina e dopo 4 settimane stacca i lattonzoli e li dà a chi li ingrassa che li passa a chi macella che a sua volta li conferisce ai prosciuttifici. Tutti devono guadagnarci, ma con la carne di suino che oscilla tra 1,30 e 1,50 euro al chilo si fa fatica. Ed ecco il Duroc a rapido accrescimento. I Consorzi cercano di metterci una pezza dicendo che questa truffa è economica, ma non fa male alla salute dei consumatori. È vero, però fa malissimo all'agricoltura italiana e in particolare alla suinicoltura dove siamo ridotti alla marginalità - sotto gli 8 milioni di capi allevati: un terzo solo in Lombardia - anzi siamo diventati dei contoterzisti. Limitandoci ai prosciutti la produzione italiana non va oltre gli 11 milioni di pezzi all'anno, ma se ne lavorano 4 volte tanto perché dobbiamo fare prosciutti generici per chi possiede i maiali. E ancora peggio va nel settore dei prosciutti cotti e degli insaccati.A distruggere la suinicoltura italiana sono stati due fattori: uno interno e uno europeo. Quello interno è la continua condanna delle porcilaie come bombe ecologiche e lager per animali, quello europeo il dumping sistematico che Germania, Danimarca e Polonia hanno fatto sul maiale fresco facendo crollare il prezzo da 5 euro a poco più di un euro. Lo rileva l'onorevole Guglielmo Golinelli (Lega) allevatore di suini, membro della commissione agricoltura della Camera. «In Emilia, dove opero, gli allevamenti sono quasi estinti. Lo scandalo del prosciutto è conseguenza di questa situazione. In Germania dove impiegano manodopera immigrata ingrassano velocemente, hanno razze iperproduttive e macellano a “catena di smontaggio". In Danimarca su 5 milioni di abitanti hanno 25 milioni di maiali, in Polonia riescono a vendere al di sotto dell'euro al chilo. Noi abbiamo distrutto la filiera. La mia azienda, che ha l'intero ciclo, è tra le poche a generare valore dalle razze italiane: o le seleziono, le studio. Ho impostato l'allevamento sul benessere animale e sul maiale pesante di alta qualità». Come uscirne? «Gian Marco Centinaio», nota Golinelli, «ha preso la strada giusta: separare controllori e controllati e ripristinare la filiera di qualità. I disciplinari però vanno rivisti, dobbiamo puntare alla massima qualità e servono maiali più pesanti e stagionature più lunghe per quel che riguarda il prosciutto e i salumi. Per l'agricoltura in generale invece bisogna decidere se è o no un motore di sviluppo per il Paese. Ed è una battaglia che dobbiamo portare in Europa perché a Bruxelles hanno deciso di fare dell'Italia un Paese importatore e contoterzista. Sanno che trasformiamo bene e vogliono che diamo valore alla loro materia prima per poi rivendercela. Lo hanno fatto con lo zucchero, con il latte e i formaggi, lo stanno facendo con i maiali. E pensare che questo sarebbe un momento favorevolissimo a livello internazionale. La crisi della produzione cinese ci consentirebbe di far alzare i prezzi del suino di qualità. Gli spagnoli ci riescono, noi no».Eh già, la Spagna. I primi produttori di maiali in Europa sono gli iberici che hanno moltiplicato per dieci gli allevamenti negli ultimi cinque anni. I tedeschi hanno le più alte concentrazioni produttive: nell'ex Germania dell'Est ci sono allevamenti da 100.000 capi ereditati dal comunismo. Lì si fa carne in continuazione tutta esportata, fresca o congelata, che finisce anche nella nostra mortadella. È quella di basso prezzo. Nessun ambientalista protesta e nessuno si meraviglia degli afghani pagati tre euro l'ora che si lavorano sette giorni su sette vivendo nel puzzo della porcilaia e contaminati dagli antibiotici. Gli spagnoli hanno però il marketing migliore. Con il Patanegra, il prosciutto più caro al mondo, hanno valorizzato un generico jamon iberico che significa 55 milioni di maiali allevati e circa 35 milioni di prosciutti venduti. Ecco lo storytelling che funziona. In un mondo dove il maiale è ancora oggi la carne che sfama metà del globo. I cinesi che allevano mezzo miliardo di capi sono stati colpiti dalla peste suina e stanno facendo ricchi con le loro importazioni aumentate del 20% in due anni (siamo oltre i cento milioni di capi) i polacchi, i tedeschi, ma anche gli americani che sono con 250 milioni di capi il secondo produttore mondiale. Noi dalla leadership europea siamo ormai scivolati in fondo alla classifica, costretti ad affidarci al Duroc olandese per fare i furbetti del porcellino!E le tanto decantate razze autoctone? I suini neri allevati allo stato brado? Sono eccelse, ma sono una supernicchia. Se si comprano i prosciutti di Simone Fracassi che a Rassina, nell'aretino, stagiona le cosce di Grigio del Casentino oltre 4 anni, o quelli di Lorenzo d'Osvaldo che a Cormons produce prosciutti gioiello affumicati con erbe di bosco, stagionati oltre due anni, se si pensa ai Savigni, babbo Fausto con i figli Nicolò e Mileto, che a Sambuca Pistoiese allevano e lavorano solo razza Rustica e Cinta senese stagionando minimo tre anni, se si pensa a Doriano Scibé che a Grottazolina sui colli del fermano fa solo prosciutto stagionato minimo 36 mesi da Nero dell'Appenino in allevamento biologico, pure il Patanegra scompare. Ma caso strano (o forse no) nessuno di loro fa prosciutti Dop; producono da razza autoctona e a modo loro. Per l'Italia della Dop economy sono eretici. In Spagna sull'eresia del Patanegra hanno costruito un impero. (2. Continua)
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)