2022-06-26
Prorogata la decontribuzione al Sud. Non taglia il cuneo, è un’elemosina
In zona Cesarini la Ue sposta al 31 dicembre lo sgravio del 30% sui contributi dovuti dai datori di lavoro privati in 8 regioni. Ma è un provvedimento che, se non è strutturale, non aiuta gli imprenditori a pianificare.A soli sei giorni dalla scadenza della precedente autorizzazione, venerdì la Commissione europea ha diramato uno scarno comunicato con cui proroga al prossimo 31 dicembre 2022 la cosiddetta «decontribuzione Sud». Si tratta dello sgravio del 30% sui contributi dovuti dai datori di lavoro privati di otto regioni del Centro-sud. Una misura inizialmente partita nell’ottobre 2020 e poi confermata dalla legge di bilancio 2021, con percentuali decrescenti di riduzione fino al 2029. Significa una riduzione del costo del lavoro valutabile in un 8-10% circa.Tutto già disciplinato e finanziato dallo Stato, se non fosse che si tratta di aiuti selettivi e perciò soggetti alla verifica di compatibilità con le norme Ue che regolano gli aiuti di Stato. Fino al 30 giugno la copertura era offerta dall’autorizzazione concessa nell’ambito del Quadro temporaneo Covid, dopodiché il vuoto. Fino alla (precaria) ciambella di salvataggio lanciata venerdì, quando la Commissione ha comunicato che l’autorizzazione è stata concessa trovando la base legale nel nuovo Quadro Temporaneo (Qt) pubblicato il 22 marzo per le ripercussioni economiche derivanti dalla guerra in Ucraina. L’aiuto è stimato in 2,8 miliardi fino al 31 dicembre, sostanzialmente in linea con gli stanziamenti di 5-5,5 miliardi su base annua previsti dalla legge di bilancio.E qui cominciano le note dolenti. Innanzitutto il punto 41 lettera d) del Qt prevede come condizione essenziale che l’aiuto sia riconosciuto alle imprese colpite dalle crisi, direttamente o indirettamente. In molti casi si tratta di una prova diabolica. Fino a che punto si spinge il nesso di causalità tra eventi bellici e relative sanzioni e controsanzioni e l’andamento degli affari delle imprese del Centro-sud? Le imprese di costruzioni - con fatturato ed utili in incremento a causa dei bonus edilizi - allora dovrebbero essere escluse dal beneficio? E che dire delle imprese attive nella produzione e distribuzione dei prodotti energetici che - per stessa ammissione del governo che ne vuole tassare gli extraprofitti - beneficiano della crisi? Corriamo il rischio che tra qualche anno gli ispettori dell’Inps si mettano a discettare su improbabili nessi causali tra le conseguenze della guerra ed i conti delle imprese, e quindi disconoscere l’aiuto?Ma la decisione Sa.103289 di venerdì offre altre sgradite sorprese. Dal testo del documento apprendiamo che la notifica della decontribuzione da parte del governo di Roma è avvenuta solo l’8 giugno, con informazioni aggiuntive fornite il 15 e 17 giugno. Sì, avete letto bene. Una misura varata a fine 2020 con la legge di bilancio 2021, la cui autorizzazione in scadenza era nota da gennaio è stata notificata solo 18 giorni fa, 22 giorni prima della scadenza. E non regge il solito argomento usato in questi casi - secondo cui si notifica solo quando si è certi dell’approvazione - perché la toppa è peggiore del buco. Infatti gli argomenti portati a sostegno per convincere il Commissario Margrethe Vestager a firmare la decisione, sono così banali e anche tecnicamente traballanti, che non si capisce come sia stato possibile lasciar trascorrere tante settimane, lasciando nell’incertezza circa 400.000 imprese ed i 6 milioni di posti di lavoro interessati dalla misura.Per giustificare l’aiuto si parla di costi dell’energia strutturalmente più alti e l’elevata incidenza dei costi di trasporto a causa della distanza dai mercati di approvvigionamento e sbocco delle merci. A ciò si aggiunge l’elevata intensità di lavoro che caratterizza molti settori dell’economia centro-meridionale, con l’80% degli addetti che opera in piccole e medie imprese, contro il 58,9% del resto del Paese.Ma queste sono tutte giustificazioni che si ripetono nei convegni da anni e che dovrebbero costituire il razionale economico per una strutturale conferma della norma che, lungi dall’essere un’agevolazione è, più precisamente, una compensazione per storiche deficienze infrastrutturali.A questo punto cosa dovrebbero fare gli imprenditori del Sud per vedersi confermata la decontribuzione nel 2023? Augurarsi - in un tragico paradosso - che continui la guerra? Com’è possibile per un imprenditore pianificare alcunché?Sarà fonte di problemi anche il limite di 400.000 euro per impresa (qui intesa come gruppo). Probabilmente capiente per le Pmi, ma insufficiente - secondo le nostre stime - per datori di lavoro con oltre 300-320 dipendenti.Di fronte a tali evidenze, le parole del ministro del Sud, Mara Carfagna, ricordano da vicino George Orwell e la sua razione di cioccolato. Secondo la Carfagna «la squadra Italia ha conseguito un risultato fondamentale per sostenere le imprese e lo sviluppo del Sud in questo momento complicato» non mancando di «dare atto alla Commissione di aver saputo utilizzare in modo intelligente i margini di flessibilità previsti dalle regole europee». Infine, riafferma «l’intenzione di esplorare ogni strada per rendere la decontribuzione strutturale».Insomma ci chiede di esultare e ringraziare il Grande fratello (cioè la Commissione Ue e il governo) per aver aumentato la razione settimanale di cioccolato portandola a venti grammi. Purtroppo in 1984, pochi ricordano che fino alla settimana precedente la razione era stata di trenta grammi e ne era stata annunciata la riduzione a venti.Allo stesso modo si dovrebbe esultare per una decontribuzione che riparte su basi ancora più precarie rispetto al passato senza alcuna prospettiva per il 2023. «Possibile che potessero mandare giù una balla simile a distanza di sole ventiquattr’ore?» Si chiedeva Winston in 1984. È la domanda che rilanciamo agli imprenditori del Centro-sud. Sperando che ricordino che la razione di cioccolato fino a ieri era di trenta grammi ed esultare per venti grammi non appare granché saggio.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.