2024-09-26
Propaganda Lgbt sulla pelle dei bimbi. Ma il rettore attacca chi si oppone
L'università degli studi Roma Tre (Imagoeonomica)
Massimiliano Fiorucci, responsabile dell’ateneo romano, liquida le critiche all’evento per i minori: «Caccia alle streghe. L’università sarà pioniera della discussione sulla diversità». Ovvero, un megafono dei dogmi arcobaleno.La notizia non è che a una ricercatrice dell’università degli studi Roma Tre sia venuta l’idea di istituire un «laboratorio per bambin* trans e gender creative», ma che il progetto sia stato approvato dal comitato etico dell’ateneo e, come abbiamo appreso ieri, sia anche difeso a spada tratta dal rettore dell’istituto. Infatti, dopo la pubblicazione sulla Verità della locandina con cui si reclamizzava l’iniziativa, il professor Massimiliano Fiorucci, che è anche direttore del dipartimento di Scienze della formazione, ha sentito il dovere di dire la sua, accusandoci di caccia alle streghe. Ora, siccome né l’illustre pedagogo che presiede il senato accademico né la ricercatrice a cui è venuta la bella idea di istituire un laboratorio per bambini trans sono prede ambite, e dunque non si intravede il motivo di cacciarle, è opportuno chiarire che nel caso in questione non ci sono streghe, ma solo un’istituzione scolastica che si mette a fare propaganda gender come una qualsiasi associazione Lgbt. Approfittando oltre che dell’ateneo anche, immaginiamo, dei contributi pubblici.Del resto, sono le stesse dichiarazioni del professor Fiorucci a confermare i sospetti che avevamo manifestato ieri, a proposito dell’opportunità che nelle aule universitarie si dovesse tenere un delicato e pericoloso esperimento sulla sessualità di quelli che non si ha nemmeno il coraggio di chiamare bambini o bambine, ma solo bambin* con la schwa, trans e gender creative. Il rettore di Roma Tre, oltre a lamentarsi per la diffusione della notizia di un laboratorio che studia i comportamenti di minori di anni compresi fra i 5 e i 14, ha spiegato con un comunicato che la sua università non intende fare ricerche dal punto di vista clinico e medico per valutare la salute mentale di bambini e ragazzi con problemi di disforia di genere. Bensì mira a indagare il «contesto sociale in cui i baby trans si muovono», cogliendo «l’opportunità di raccogliere le voci e le prospettive» dei minori. Il termine laboratorio mi sembra dunque il più adatto a definire il progetto, perché in quella sede si raccoglieranno testimonianze di bambini - alcuni di 5 anni -, che verranno studiati come cavie, per testarne i comportamenti.Fiorucci giustifica il tutto con il bisogno di ampliare la conoscenza «rispetto al vissuto delle giovani persone con identità non normativa, indagando in particolare i significati da loro attribuiti all’esperienza di rottura in termini di genere e i fattori sociali che, dal punto di vista delle persone direttamente coinvolte, possono mitigare o aumentare le esperienze di discriminazione e di mancato riconoscimento». Lasciate perdere la prosa non proprio fluidissima del magnifico rettore: da quel che si capisce, il laboratorio istituito da una delle università pubbliche della Capitale servirà a fare da amplificatore alla disforia di genere come fattore di rottura, per parlare - ancora una volta - di discriminazione e mancato riconoscimento in un contesto sociale. Il tutto con il marchio dell’ateneo. Che, secondo il professor Fiorucci, «sarà pioniere in Italia nella discussione che riguarda la diversità di genere nei minori, contribuendo a far progredire la comprensione e la consapevolezza della diversità di genere». In sostanza, in un’università statale si procederà a fare propaganda ai diversi orientamenti sessuali mettendo sul banco degli imputati quanti invitano ad andare con i piedi di piombo quando si tratti di identità di genere nei minori e attribuendo al «contesto sociale» delle responsabilità. «Contribuiremo a colmare le lacune nella comprensione e nel sostegno a bambini e ragazzi gender diversi», promette baldanzoso Fiorucci, «promuovendo la creazione di ambienti inclusivi e aumentando il loro riconoscimento sociale». In pratica, tutti i dubbi manifestati ieri sono confermati. L’università degli studi Roma Tre non ha come obiettivo lo studio, ma ha come progetto la realizzazione di un programma che diffonda il pensiero gender, «aumentando il riconoscimento» nell’opinione pubblica. Non siamo molto lontani dalla propaganda della comunità Lgbt. E presto, dopo che perfino al Gemelli hanno aperto l’ambulatorio per la disforia di genere, rischiamo di ripetere gli errori fatti in altri Paesi che hanno ceduto alle pressioni dell’ideologia gender.
Era il più veloce di tutti gli altri aeroplani ma anche il più brutto. Il suo segreto? Che era esso stesso un segreto. E lo rimase fino agli anni Settanta